Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla.
Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare. Paolo Borsellino
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili le richieste di Salvatore Riina.
Il Boss di Cosa nostra, lo stragista di via dei Georgofili, sono 20 anni che ha iniziato un braccio di ferro con lo Stato perché vuole abolito il 41 bis.
Salvatore Riina non è riuscito ad ottenere fino ad oggi ciò per cui ci ha ammazzato i nostri figli in via dei Georgofili, ovvero l’abolizione del regime detentivo speciale di 41 bis.
Siamo certi che il capo mafia lotterà fino alla fine, non perché le strutture carcerarie non siano idonee al suo stato di salute, questa è la scusa, lotterà fino alla fine perché ormai è una questione di principio.
La mafia vuole vincere, facendo mandare Riina in ospedale, quella guerra scatenata contro lo Stato a suon di richieste di passaggi da 41 bis a carcere normale nel 1993, passaggi purtroppo avvenuti e che sono costati la morte a Caterina Nencioni, Nadia Nencioni, Dario Capolicchio , Angela Fiume e Fabrizio Nencioni.
Lo chiediamo ancora una volta: si penta Riina e ci dica chi c’era con lui in via dei Georgofili la notte del 27 Maggio 1993, e smetteremo di ribattere ogni volta che presenta richiesta per uscire da 41 bis, e di sentirci sollevati ogni qual volta lo Stato riesce a dirgli di NO.
Giovanna Maggiani Chelli
Presidente
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili
Totò Riina resta al 41 bis. La Cassazione dice no al ricovero
Totò Riina resta al 41 bis: non sarà ricoverato in ospedale nonostante sia malato di cuore. Lo ha deciso la Settima sezione penale della Cassazione, che - con sentenza depositata oggi - lo scorso 18 gennaio ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal legale del boss contro il rigetto del differimento della pena, la sospensione del 41 bis e il ricovero in una struttura ospedaliera. La suprema Corte ha decretato che il Tribunale di Sorveglianza ha ben operato (l'ordinanza è del novembre 2011) nel ritenere che gli accertamenti sul padrino, anche dopo l'operazione per l'applicazione del peacemaker siano "praticabili in regime di detenzione". "Le pressanti ragioni di prevenzione che si impongono - scrivono i supremi giudici - non escludono affatto di fare fronte in modo adeguato alle esigenze di cura".