E' normale che esista la paura, in ogni uomo, l'importante è che sia accompagnata dal coraggio.
Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti.
E' già in libreria il primo libro di Paride Leporace, giornalista calabrese che attualmente dirige Il Quotidiano della Basilicata. Un testo che cerca di fare piena luce sulla morte dei magistrati uccisi dalla criminalità organizzata, dal terrorismo rosso e nero. Da Falcone a Borsellino, da Ferlaino a Costa. Ci sentiamo di consigliare vivamente questo libro. Un po’ perché l’argomento in questione è di estremo interesse, ma soprattutto perché un’analisi così dettagliata non era mai comparsa prima d’ora nelle librerie. Infine è un fatto di stima: sulle qualità narrative e d’inchiesta di Paride Leporace non abbiamo dubbi.
Toghe rosso sangue
Tra il 1969 e il 1995 sono stati ben venticinque i magistrati italiani che la criminalità organizzata ha brutalmente assassinato, e solo perché “colpevoli” di servire lo Stato. Venticinque vite umane sacrificate sull’altare di oscuri disegni eversivi e colpite senza pietà, vittime cancellate dalla memoria collettiva. Così, per molti magistrati caduti nell’esercizio delle loro funzioni, si è assistito a un deprecabile processo di rimozione del loro impegno – oltre che della loro vita – dalla faticosa storia della Repubblica italiana. Toghe rosso sangue è un libro che, per la prima volta, colma questo scandaloso vuoto di sapere tratteggiando la figura dei magistrati italiani uccisi da mafiosi, criminali comuni e terroristi. Da Agostino Pianta fino a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il libro di Paride Leporace ricostruisce la carriera professionale dei giudici assassinati in Italia, spiega il contesto in cui maturò il loro omicidio, raccoglie la testimonianza dei parenti, degli amici e addirittura dei carnefici salvando chi è stato costretto a dare la vita per l’esercizio della giustizia dalla più spietata delle condanne: quella dell’oblio.
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Exidor
- LA GRAZIA E LA GIUSTIZIA
|2009-01-24 18:38:56
Exidor ha detto...
LA GRAZIA E LA GIUSTIZIA
Una toga addosso non è un capo d'abbigliamento qualsiasi.
Va portata con stile, misura, grazia nel portamento, e cade bene sul corpo di chi la indossa soprattutto se non si rinunciano a due fondamentali elementi: schiena dritta e testa alta.
E c'è stato chi, per averla saputa indossare anche troppo bene, se l'è vista appoggiare su di un tricolore, che a sua volta avvolgeva una cassa di mogano che attraversava ali di folla talvolta plaudente, altre volte pronta al linciaggio di coloro che avevano fatto in modo che non fosse più indossata come era stato fatto fino a quel momento.
Io ogni tanto rivedo le immagini del funerale di Paolo Borsellino. Io mi riguardo il volto terreo del Capo della Polizia e di tanti altri potenti tornati sulla Terra, anzi di più, scesi nel profondo delle sue viscere, annichiliti, terrorizzati, difesi a fatica dalla feroce rabbia della gente di Sicilia, ancora una volta tradita dalla parte marcia dello Stato, che in qualche modo era responsabile della perdita di pezzi della parte buona dello Stato.
Una toga non è un solo vestiario istituzionale richiesto dai codici, dalla prassi processuale.
Una toga è un segno.
Non vorrei paragonarla alla funzione che hanno i paramenti sacri per un sacerdote, ma non perchè temo di eccedere nel paragone.
Perchè essa è molto di più.
Perchè la fedeltà alla Legge è l'unica religione che non ammette ateismo.
E se è vero che la Giustizia è amministrata nel nome del popolo, sarà bene che nei palazzi si proietti a ciclo continuo quella sequenza girata ai funerali di Paolo Borsellino.
Il committente, al momento, non è molto contento di come viene amministrata la Giustizia in suo nome.