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Salvatore Borsellino: "Lo Stato è piegato e la mafia scompare dai programmi elettorali" PDF Stampa E-mail
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Scritto da Antonella Loi   
Venerdì 22 Maggio 2009 13:28
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Salvatore Borsellino
 
21 maggio 2009. Ripartire dai giovani. Lo diceva Paolo Borsellino, il magistrato ucciso il 19 luglio del 1992 nella strage di via D'Amelio a Palermo con gli uomini della scorta. "La sconfitta della mafia sta nel ricambio generazionale". A diciassette anni da quell'anno terribile la mafia è ancora viva e vegeta, cresce, prospera. Quel ricambio non c’è stato. I motivi ce li spiega Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso a Palermo, che da anni batte piazze, scuole e sale convegni perché la vita e le opere della Mafia Spa non cadano nell’oblio.
 
“Sono tanti i giovani che hanno la consapevolezza del baratro in cui sta scivolando il nostro paese e di quella che dovrebbe essere la lotta alla criminalità organizzata – dice con orgoglio -. Infatti giro l’Italia per parlare di mafia grazie a questi giovani che mi invitano ai loro convegni”. Sono loro “il futuro”, sono i ragazzi dei Meetup di Grillo, quelli di "Ammazzateci tutti" (nata in Calabria all’indomani dell’omicidio Fortugno ndr), di "Addio pizzo", dell’Associazione parenti delle vittime di mafia e di tante altre.


Borsellino, lei dice che le difficoltà nella lotta contro la mafia passano anche attraverso l’informazione.
“Esatto. I giovani oggi non hanno la possibilità di informarsi attraverso i mezzi tradizionali che ci fanno vedere un Paese diverso da quello che realmente è. I ragazzi che sono in prima linea a combattere per la legalità si informano attraverso la Rete dove le notizie circolano liberamente. E forse qualcuno se n’è accorto, tant’è che in Parlamento sono già pronti i disegni di legge che cercheranno di mettere il bavaglio a Internet. Verrà abbattuto anche quello che è l’ultimo baluardo di democrazia di cui possiamo usufruire”.


Tv e giornali oggi parlano poco di mafia, però da quel 1992 boss blasonati e intere cosche mafiose sono stati abbattuti.
“Io ritengo che la lotta contro la mafia, nel senso della lotta dello Stato per combattere la criminalità organizzata, oggi sia praticamente nulla. La volontà di estirpare questo male non è mai venuta dallo Stato nel suo complesso ma sempre da singole istituzioni, la magistratura, la polizia giudiziaria, gli investigatori, almeno quelli giusti. Da parte dello Stato non c’è mai stata una volontà autonoma. E poi stiamo attenti perché i grandi provvedimenti contro la mafia sono sempre venuti in seguito a stragi. Hanno dovuto uccidere Pio La Torre perché un provvedimento già esistente, quello sulla confisca dei beni mafiosi, venisse approvato. Per la legge sui pentiti non bastò l’omicidio di Falcone, ma ci volle anche quello di Borsellino. Una norma importantissima che è stata completamente stravolta. Altre cose sono state decise dopo l’omicidio del giudice Livatino, sempre sull’onda dell’emozione”.


In tanti lanciano l’allarme: la mafia è ancora viva e vegeta. Secondo lei lo Stato non combatte più?
“Direi che la volontà dello Stato di combattere la criminalità organizzata si evinca dai programmi elettorali dei partiti di maggioranza e opposizione: né quello che ha vinto le elezioni, né quello che le ha perse citava la criminalità organizzata. Tutti parlano di sicurezza, ma si intende solo distruggere i campi nomadi, fare leggi sulle ronde, proclamando tra l’altro che queste ultime le chiedessero anche Falcone e Borsellino: un’eresia. Io ritengo che non ci sia nessuna volontà di combattere la criminalità organizzata. E questo secondo me è dovuto al fatto che l’antistato è arrivato all’interno delle istituzioni e addirittura dei vertici dello Stato".


E’ per questo che dice che non c’è più quel “profumo di libertà” che seguì alle stragi del ‘92?
“Anche quella fu un’illusione. Mi ero illuso io e si era illusa l’opinione pubblica. I provvedimenti che erano stati presi subito dopo le stragi, i vertici mafiosi catturati e deportati a Pianosa o all’Asinara, ma soprattutto la reazione della coscienza civile mi fecero pensare che qualcosa sarebbe cambiata. Poi mi sono accorto che era tutta un’illusione”.


Però il governo nel Ddl Sicurezza ha introdotto una norma di “inasprimento” del 41bis.
“Quello è uno specchietto per le allodole. Il 41bis è come se non esistesse più. Possono anche dire che il ‘pacchetto sicurezza’ inasprisca il regime di carcere duro, ma così non è. La verità è che ho visto i mafiosi sottoposti al 41bis a poco a poco venirne fuori con vari espedienti. La norma del Ddl dice, praticamente, che il mafioso può essere messo fuori dal 41bis perché non sono più provati i suoi contatti con l’esterno. Ora dico io: il 41 bis è fatto proprio per evitare i contatti di questi criminali con l’esterno, come si fa a dire che li si mettono fuori per questo? Forse sarebbe stato meglio prevedere qualche norma che impedisse ai boss di continuare a dirigere i loro affari dal carcere attraverso gli avvocati, come facevano i Madonia. E poi certe altre misure prese dal governo sono quanto meno sospette”.


A cosa si riferisce?
“Prenda le ronde: in Sicilia chi le farà? Le farà chi controlla il territorio, cioè i mafiosi. Ci sono cose veramente assurde che vengono fatte per imbonire l’opinione pubblica che in questo modo crede che lo Stato stia intervenendo. Ma ricordiamoci che abbiamo un Parlamento con ben 25 parlamentari condannati in via definitiva, per non parlare dei 60 condannati in primo e secondo grado in attesa di giudizio definitivo oltre gli inquisiti. Il Parlamento è diventato una succursale delle carceri”.


Le sue critiche vanno a colpire l’intera classe politica: recentemente ha detto che avrebbe difficoltà a votare anche per Rita Borsellino, sua sorella, candidata per le Europee con il Pd.
“Ho detto che avrei dei grossi scrupoli di coscienza perché, nonostante lei meriti sicuramente di essere eletta per il suo coraggio, la sua coscienza civile, per tutto quello che ha fatto in 17 anni dalla morte di Paolo, votare per un partito come il Pd (con cui la Borsellino è candidata nella circoscrizione Isole ndr) che ha distrutto l’opposizione di sinistra in Italia mi è difficile. L’opposizione in una democrazia è fondamentale perché l’alternanza è fondamentale. E poi come si fa a votare per un partito che in Sicilia candida Vladimiro Crisafulli, uno che si fa scrivere i programmi da Salvo Andò? Un partito nel quale adesso viene fuori D’Alema che dice di essere pronto per prendere la guida del partito. Se questo è il nuovo preferisco quello che c’era quarant’anni fa. Ho scritto di recente in un mio articolo pubblicato su Micromega che se la destra ha gli scheletri nell’armadio, la sinistra, quella che oggi chiamano sinistra ma che sinistra non è, nell’armadio ha i cadaveri ancora caldi”.


La lotta contro la criminalità organizzata passa anche attraverso le aule dei tribunali. Lei ha usato parole molto dure contro la magistratura.
“Mio fratello Paolo nel discorso nella biblioteca comunale, dopo la morte di Falcone, disse che il responsabile di quella parabola luttuosa era da ricercare all’interno della magistratura. E oggi se pensiamo ad un Csm presieduto da una persona come Nicola Mancino, che dice di non ricordare di aver incontrato Paolo il 1 luglio del 1992, incontro nel quale mio fratello prospettò un’ignobile trattativa tra Stato e mafia, abbiamo detto tutto. Io sono convinto che Paolo venne ucciso proprio perché si mise di traverso rispetto a questa trattativa. Il fatto che oggi questa persona sia vicepresidente del Csm, cioè supplente del presidente della Repubblica, lascia capire in che Stato siamo. D’altra parte basta vedere quello che è stato fatto a Luigi De Magistris e Clementina Forleo, veri e propri assassinii di magistrati non più col tritolo ma con i trasferimenti e le marche da bollo”.


Anche la magistratura ha deposto le armi?
“No, non completamente per fortuna. Ci sono degli ottimi magistrati che cercano di fare ancora, per quanto possible, il loro lavoro. Penso ad Antonio Ingroia a Palermo, a Sergio Lari a Caltanissetta. Magistrati che fanno molto ma che spesso vengono lasciati soli”.


La strage di via D’Amelio è giunta al 17esimo anniversario, ma i punti oscuri sono ancora tanti. Lei ha lanciato un appello perché si faccia luce sul furto della “agenda rossa” di Paolo Borsellino, sottratta dalla sua auto il giorno della sua morte.
“Torniamo al discorso che facevamo prima sulla magistratura. Una corte di Cassazione che respinge un appello per quel furto ignobile non si può commentare. Una persona è stata fotografata con in mano l’agenda rossa, eppure è stata assolta o meglio non si è nemmeno arrivati al dibattimento perché è stata scagionata in udienza preliminare. Se noi diciamo che oggi la magistratura è questa allora credo che sia stata messa una pietra tombale sulla giustizia”.


E questo non è l’unico mistero sulla morte di Borsellino.
“Infatti, ancora oggi non sappiamo da dove sia stato azionato il detonatore che ha provocato la strage nella quale è morto mio fratello e la sua scorta, anche se è stato dimostrato da chi legge, da chi conosce, da chi si informa che quel detonatore è stato azionato dal Castello Utveggio dove si trovava, guarda caso, una sede del Sisde, i servizi segreti italiani. Cosa posso pensare dello Stato italiano?”.


Nella lotta contro la mafia siamo rimasti fermi al 1992?
“Se da parte dei giovani c’è una maggiore coscienza, io ritengo che le cose siano peggiorate. Credo che l’antistato sia addirittura penetrato ai vertici delle istituzioni. La gente pensa la mafia non esista più perché non si sente parlare di morti ammazzati. Ma chi dice che Cosa Nostra è sconfitta dice il falso: è vero sono stati messi in galera vertici dei clan mafioso, latitanti da anni, però il problema è che la mafia è ben altro”.


“Mafia Spa”, appunto.
“La mafia è l’immenso capitale di cui la criminalità organizzata riesce a disporre. E insieme alla ‘ndrangheta gestisce tutti i traffici di droga, di armi e di esseri umani. Capitali a basso prezzo perché sporchi di sangue che stanno inquinando il Paese e vengono utilizzati per gestire buona parte dell’economia italiana: laddove si parla di appalti, di acquisizione di centri commerciali, di società, c’è la criminalità organizzata. Poi adesso con il ponte di Messina che si vuole costruire per la mafia e la ‘ndrangheta si vede qual è la tendenza dello Stato. Io aspetto di vedere quello che succederà all’Aquila dove si concentreranno miliardi e miliardi da gestire per la ricostruzione: oggi in Italia chi dispone di capitali di un certo tipo è la criminalità organizzata. Mi aspetto che all’Aquila, ma anche all’Expo di Milano, ci sia l’assalto".


Antonella Loi

 (Fonte: Tiscali.notizie)

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gnesi arturo  - A PASTENA RICORDIAMO IL 23 MAGGIO 92   |2009-05-22 21:52:00
Tra la morte del giudice Giovanni Falcone avvenuta nella strage di Capaci il 23
maggio 1992 son passati tanti di quei giorni che un’intera generazione è
cresciuta senza averlo conosciuto, se non attraverso la ricerca storica.
Il
sacrificio e l’impegno al servizio della legalità, la lotta alla mafia,
l’autonomia dal potere politico, la volontà di affermare la supremazia dello
Stato rispetto all’organizzazione criminale che dapprima colonizza e poi
sottomette le istituzioni e spesso gli uomini che le rappresentano, hanno fatto
di Giovanni Falcone un eroe moderno.
Anche oggi è necessario ricordare quei
mesi terribili , quando in una fatale e tragica sequenza , morirono assieme
agli uomini della loro scorta i giudici Falcone e Borsellino, momenti drammatici
nei quali sembrava che lo Stato dovesse gettare la spugna di fronte alla
violenza militare di una organizzazione mafiosa che pur spargendo sangue nelle
strade probabilmente aveva nelle istituzioni elementi di collusione e di
copertura politica.
Nonostante i processi e le condanne ben poco si è riuscito
a sapere sulle “menti raffinatissime” che hanno consentito alla mafia di
radicarsi nel tessuto economico e finanziario di molte regioni italiane.
Nel
Lazio alcuni specialisti, parlano di una consistente, capillare e solida
presenza di famiglie criminali che investono sul nostro territorio i proventi di
attività illecite.
Nella nostra Regione nonostante timidi proclami ancora si
parla poco di questo torbido intreccio tra politica mafia e affari , che sta
creando un sistema sociale in grado di condizionare pesantemente le scelte e le
iniziative delle amministrazioni locali.
Vogliamo ricordare questo giudice e
quello che gli è successo perché nelle nostre periferie è ancora basso il
livello di guardia per contrastare le infiltrazioni malavitose nonostante si
scoprano interessi ,intrecci e investimenti che riguardano clan camorristici e
mafiosi .
La morte del giudice Falcone sarà stata inutile e sarà un mero
rituale celebrativo se la coscienza di ogni cittadino non tornerà a lottare per
l’affermazione dei principi della legalità, anche quando il silenzio e il
conformismo risultano essere più apprezzati, tollerati e giustificati da una
società di benpensanti.
A Pastena ricorderemo Falcone perché quando sulla
società calano le tenebre anche una piccola luce può indicare la strada da
percorrere .
Falcone diceva chi cammina a testa alta muore una sola volta,
mentre chi la piega muore ogni volta che lo fa, e oggi di persone che camminano
a testa alta se ne vedono ben poche.
gia70  - Brusca e il terminale della tratattiva..   |2009-05-23 21:39:26
Chi e', e soprattutto qual'e il nome fatto da Brusca '' agli inquirenti ed in
tempi non sospetti'' . Quale e' il nome del terminale politico rivelato da Riina
a Brusca sulla trattativa tra mafia e Stato che porto' alla strage di Via
D'Amlelio...!
Leggendo Antimafia200 si suppone sia quello dell'ex ministro
Nicola Mancino,
Ma lui ha sempre negato la trattativa...

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