Dopo il presidente Konken hanno preso la parola due studenti dellaundicesima classe del liceo A. Einstein di Berlino che hanno letto la Laudatio per Marco Travaglio scritta assieme agli altri compagni di classe:
"Egregio signor Travaglio,
egregio signor Konken,
gentili signore e signori,
stavamo lavorando sul tema “mass media e giornalismo in Italia” quando abbiamo letto nel giornale che l’associazione dei giornalisti tedeschi (DJV) avrebbe conferito a Marco Travaglio il premio per la libertà di stampa.
Abbiamo subito pensato di invitarlo alla nostra scuola e ci siamo messi in contatto con il signor Zörner della DJV che però, a sua volta, ha fatto un controinvito chiedendo a noi ragazzi se non avessimo voglia di fare una parte della laudatio. Dopo un attimo di stupore abbiamo accettato con piacere l’invito per il quale desideriamo ringraziare il signor Zörner.
Preparare la laudatio è stata per noi, un gruppo di ragazzi italiani, tedeschi e italo-tedeschi, l’occasione di approfondire le nostre ricerche sul lavoro di Marco Travaglio, di definire più precisamente quanto abbiamo capito e imparato grazie a lui ma anche l’occasione di esprimere la nostra stima.
La “missione” di un giornalista, scrive Travaglio nell’epilogo del suo libro "La scomparsa dei fatti", „non è quella di cambiare il mondo, e nemmeno di far vincere le elezioni a Tizio o a Caio. Ma quella di raccontare i fatti. Possibilmente tutti. Possibilmente veri. Se poi qualcuno deciderà di usarli per farsi un’opinione informata, per conoscere le varie strade e scegliere la migliore a occhi aperti, insomma per essere libero, tanto meglio.“
[segue la traduzione in tedesco]
Es sei nicht die Aufgabe eines Journalisten „die Welt zu verändern, Müller oder Meier zum Wahlsieg zu verhelfen“ - schreibt Marco Travaglio zum Schluss seines Buches La scomparsa dei fatti, „ seine Aufgabe ist es, Fakten zu berichten. Wenn möglich alle. Wenn möglich wahre. Wenn dann jemand entscheidet sie zu nutzen, um sich eine fundierte Meinung zu bilden, um verschiedene Wege kennen zu lernen und dann mit offenen Augen den besten auszuwählen, also um frei zu sein, umso besser.“
Se nei mass media però i fatti vengono sostituiti da opinioni e le cifre capovolte o eclissate da notizie di tipo scandalistico non è facile per i lettori o i telespettatori giungere ad un’opinone fondata. Uno dei giornalisti che ci aiuta ad orientarci e ad affinare la nostra capacità di discernimento e di giudizio è Marco Travaglio.
Il primo contatto con lui è stato in quanto autore del libro La scomparsa dei fatti. Alcuni di noi, a dire il vero, lo conoscevano già come ospite della trasmissione di RAI 2 Annozero. Poi abbiamo seguito i suoi videoblog Passaparola – in tedesco: “Weitersagen” – e ulteriori pubblicazioni, interessandoci in particolare al modo in cui analizza gli argomenti e le informazioni riconducendoli ai fatti.
Ci siamo resi conto di aver acquisito, leggendo e ascoltando Marco Travaglio, una facoltà critica nell’utilizzo dei mass media in genere e in particolare di quelli italiani. Abbiamo imparato a seguire le vicende in modo attivo e non passivo. Abbiamo imparato ad essere dei lettori e dei telespettatori critici e a sottoporre le informazioni che ci vengono presentate ad una serie di domande: Com’è nata questa notizia? Perché si parla di questo e non di altro? I fatti che vengono menzionati sono corretti, ne sono stati omessi alcuni? Come sono state svolte le ricerche? E infine: Chi potrebbe avere interesse a presentare la notizia in questo modo, ci possono essere anche degli interessi politici?
Abbiamo imparato che non deve essere per forza un caso se nel telegiornale invece di parlare dei processi per corruzione che riguardano personaggi importanti del Paese ci si dilunga sul delitto di Cogne o se invece di mandare in onda un servizio sulla situazione economica del Paese vengono dati consigli per lo shopping prenatalizio.
Abbiamo capito che vale la pena osservare da vicino il linguaggio dei giornali e dei telegiornali, per esempio per capire se non sono stati scambiati i termini “assolto” e “prescritto” oppure se si parla di un “processo politico” invece di un processo “ai politici”.
Il confronto che ci propone tra il modo anglosassone di fare un’intervista e quello italiano ci fa capire quanto sia importante che un politico non riceva solamente una platea per presentare se stesso o i suoi hobby ma che risponda alle domande critiche e ostinate dei giornalisti. E che queste domande non sono un segno di maleducazione ma di serietà professionale.
Anche le sue analisi della storia d’Italia degli ultimi decenni e in particolare l’analisi del modo in cui se ne parla nei media ci aiutano ad orientarci.
Per esempio quando ci spiega la tecnica del “rovescismo”, una forma di revisionismo grazie alla quale alla fine dei processi di Tangentopoli stranamente non sono i condannati ma i giudici ad essere duramente criticati dai giornali.
Seguendo con grande interesse le vicende in Italia anche da Berlino apprezziamo molto anche i suoi video settimanali sul blog di Beppe Grillo ed i suoi interventi ad Annozero, con i quali svela spietatamente le contraddizioni, le falsità e le assurdità nelle argomentazioni politiche – di destra e di sinistra – oppure commenta nuove proposte di legge verificando se sono conformi alla costituzione.
Speriamo che queste piattaforme della libertà d’opinone e di informazione, spesso soggette a pressioni, rimangano a disposizione di un pubblico interessato e critico.
In un’intervista con il quotidiano spagnolo El País Travaglio constata che – dato l’influsso politico sui media in Italia – è “più facile capire l’Italia da fuori che da dentro”.
Lottando per degli spazi liberi nel mondo dell’informazione italiano ci fa capire le dimensioni di queste strutture manipolative.
Le sue analisi lucide ed indipendenti e il suo modo paziente di ritornare ai fatti ci aiutano a capire meglio l’Italia anche da dentro. Sono gli strumenti che ci offre per diventare dei cittadini informati e responsabili in una società democratica e per decidere in quanto tali. Travaglio ci fa capire quanto sia importante l’indipendenza dei media, la libertà e la trasparenza dell’informazione per la democrazia stessa.
Ammiriamo la sua fermezza e il suo coraggio di portare alla luce fatti scomodi, nonostante le ripetute ostilità nei suoi confronti, e apprezziamo il modo sobrio e posato con cui le affronta. La sua professionalità e la sua integrità morale ne fanno un giornalista eccezionale e un modello.
È in particolare il suo impegno giornalistico contro la corruzione e “L’Italia dei favori” - ovvero quel sistema opaco di favoreggiamento in politica, economia e nel mercato del lavoro, che noi giovani sentiamo come una netta limitazione delle nostre opportunità per il futuro - che rafforza la nostra volontà di credere in una società informata, imperniata su valori come competenza, obiettività, sincerità, giustizia, libertà d’informazione e trasparenza.
Abbiamo bisogno di altri giornalisti come Marco Travaglio, giornalisti che abbiano il coraggio civile di informarci in modo indipendente e che ci rendano in grado di scegliere ad occhi aperti una via giusta, di essere liberi e di saper decidere.
Ci fa molto piacere che oggi riceva il premio per la libertà di stampa e ci congratuliamo con lui.
Passate parola!
Grazie
(Il video dell´intervento degli studenti del liceo A. Einstein di Berlino presso questo
link, fonte:
contrastoev)
Il presidente Konken ha poi dato la parola a Marco Travaglio che ha tenuto un discorso sullo stato dell´informazione in Italia.
Marco Travaglio davanti alla platea del premio 2009 per la libertà di stampa
assegnato dall´associazione dei giornalisti tedeschi
Travaglio ha aperto il suo discorso affermando di essere solo "
un giornalista normale in un paese che non è più normale da diversi anni". Ha detto di sentirsi onorato per aver ricevuto il premio dell´associazione dei giornalisti tedeschi e lo ha dedicato ad
Indro Montanelli che Travaglio ha avuto "la fortuna di avere come direttore per sette anni, prima al quotidiano
ll Giornale e poi al quotidiano
La Voce". Travaglio ha quindi riassunto gli elementi fondamentali del
"caso italiano" per mettere in evidenza la sottovalutazione a livello internazionale di questo "caso" e il grosso pericolo di contagio, visto che "il modello costruito in Italia fa molto comodo alle classi dirigenti. Il fatto di riuscire a sbarazzarsi di tutti poteri di controllo come la stampa, la Costituzione, la magistratura e di tutti i bilanciamenti che reggono una qualsiasi democrazia è una tentazione troppo forte e purtroppo qualcun´altro in un qualche altro paese avrà questa tentazione di provare quello che purtroppo è successo disgraziatamente in Italia con Berlusconi".
"
Nel 1994 accadde un "antipasto" di quello che sarebbe successo nei quindici anni successivi e riguardò il quotidiano
Il Giornale di cui Montanelli fu fondatore. Berlusconi Silvio ne era stato l´editore fino al 1992, anno in cui ne aveva ceduto il controllo al fratello Paolo per poter continuare ad essere titolare delle tre concessioni televisive di Mediaset.
Quando Silvio Berlusconi entrò in politica disse a Montanelli che
Il Giornale avrebbe dovuto entrare a fare parte dell´orchestra destinata a sostenere il suo partito. Montanelli rispose che non era arrivato a ottancinque anni per fare da trombetta del partito
Forza Italia. Berlusconi, non avendo il coraggio di licenziare Montanelli perchè era e probabilmente resterà il più grande giornalista che l´Italia abbia avuto e mai avrà, cominciò a lavorarlo ai fianchi con i killer televisivi delle sue televisioni, sperando che Montanelli si stufasse e desse le dimissioni. Invece Montanelli restò al suo posto costringendo Berlusconi a cacciarlo:
l´otto gennaio 1994 Berlusconi irruppe nell´assemblea dei giornalisti de
Il Giornale all´insaputa ed in assenza di Montanelli dicendo che se i giornalisti volevano avere computer al posto delle macchine da scrivere bisognava combattere la sua battaglia con il mitra e non con il fioretto. Dato che Montanelli non era disponibile ad impugnare il mitra, i giornalisti capirono il senso del discorso di Bersluconi che era venuto a parlare ai giornalisti di un giornale che non era più il suo per ribellarsi alla linea libera ed indipendente incarnata dal direttore. In quel momento Montanelli si dimise e fondò un nuovo giornale,
La Voce, al quale chiedemmo di poter andare a lavorare tutti e in cinquanta ci riuscimmo.
La Voce si basava su una public company e non più su un editore ma purtroppo naufragò molto presto per il sistematico boicottaggio pubblicitario per strozzarlo".
"Nel caso dello scontro tra Berlusconi e Montanelli
c´erano già tutti gli ingredienti del caso italiano che poi si è dispiegato su questi quindici anni. Innanzitutto c´era un proprietario di mezzi di comunicazione che entrava in politica.
Parliamo di un signore che è proprietario del cinquanta per cento del panorama televisivo italiano, che tramite i figli è proprietario della più grande casa editrice italiana, la Mondadori, e che come esponente politico di maggioranza controlla i due terzi dell´altro cinquanta per cento del panorama televisvo italiano, la tv pubblica, tramite direttori messi lì da lui o dai suoi alleati. Di norma
i dirigenti che Berlusconi mette nella tv pubblica provengono dalle sue aziende: si tratta di solito dei più scadenti perchè Berlusconi tiene i migliori per le sue aziende. Così la tv pubblica perde ascolti e le sue aziende ci guadagnano. Questo monopolio o quasi della televisione gli consente di mantenere il silenzio su tutto ciò che vuole e di dettare ai cittadini
l´agenda unica degli argomenti dei quali si è autorizzati a parlare e pensare e degli argomenti tabù dei quali nessuno può parlare. Quest´agenda è un menù che lui traccia ogni giorno a reti unificate e che non prevede discorsi sulla mafia, sulla corruzione, sugli scandali e sul passato suo e dei suoi uomini. Per cui oggi a nessuno viene in mente che
il presidente del Consiglio è un signore che frequentava mafiosi, assumeva mafiosi in casa sua ed è proprietario di una casa editrice non per averla comprata ma per averla ottenuta sulla base di una sentenza di un giudice corrotto con denaro dei fondi esteri delle sue aziende tramite i suoi avvocati che sono stati tutti condannati assieme al giudice corrotto. Ma lui si è dimenticato di restituire la casa editrice sottratta ad un concorrente in base ad una sentenza comprata da un giudice venduto".
Marco Travaglio
"Nessuno ricorda che il braccio destro di Berlusconi, Marcello Dell´Utri, è stato condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa con l´organizzazione criminale Cosa Nostra che ha ucciso centinaia di persone anche con le bombe fino al 1992-93 e che scioglieva i bambini nell´acido in appositi bidoni. Nessuno ricorda che il suo braccio sinistro, Cesare Previti, ha dovuto lasciare il Parlamento perchè condannato per due volte per aver corrotto due giudici in cambio di due sentenze: una è quella che ha portato nella mani del presidente del Consiglio la Mondadori e l´altra è quella che condannò una banca pubblica a pagare un risarcimento ad un´azienda privata di mille miliardi di lire pari a cinquecento milioni di euro non dovuti e dunque sborsati da tutti i cittadini. Sono temi dei quali nessuno in Italia parla e non appena qualcuno ne parla in televisione smette subito perchè viene mandato via".
"L´agenda unica è importante perchè sceglie ogni giorno gli argomenti dei quali si può parlare oppure no. A questo controllo diretto dei mezzi di comunicazione si assomma un potere finanziario smisurato: parliamo dell´uomo politico più ricco del mondo, uno dei più ricchi d´Italia, più liquidi anche per denaro contante, proprietario di una banca, di un´assicurazione e socio di una banca d affari che controlla la principale azienda di telefonia italiana, la TELECOM, ed una quota del principale quotidiano italiano, Il Corriere della Sera. Infine è proprietario della più importante agenzia pubblicitaria italiana, PUBLITALIA, che è in grado di aprire e chiudere il rubinetto delle inserzioni pubblicitarie ai giornali ed alle televisioni. Chi vuole fare pubblicità su un giornale ostile a Berlusconi teoricamente lo può fare ma sa che si mette contro quel gigantesco potere che stiamo cercando di descrivere. Esistono giornali che non vendono se non poche centinaia o migliaia di copie e che però riescono a sopravvivere sul mercato perchè sono imbottiti di pubblicità di inserzionisti che vogliono fare un favore al presidente del Consiglio il quale ha interesse a sostenere questi giornali perchè sono suoi o suoi amici. La Voce nel 1995 vendeva settantamila copie ma era un giornale sconsigliato per farvi pubblicità in quanto ostile al presidente del Consiglio. Il mercato della carta stampata è alterato da questo fattore: sopravvivono giornali che non compra nessuno grazie a pubblicità drogata con gli estrogeni politici mentre non sopravvivono giornali che hanno un grande mercato di pubblico ma non hanno pubblicità che segue logiche completamente opposte a quelle di mercato. A questo bisogna aggiungere il potere intimidatorio che deriva a questo signore ricchissimo e potentissimo quando denuncia o fa denunciare ´da qualcuno dei suoi uomini o qualcuna delle sue aziende un giornalista che è una pulce che può essere processata contro un elefante, il presidente del Consiglio, che invece non può essere sottoposto a processo grazie ad una legge che lui ha fatto approvare dal Parlamento. Questa enorme sproporzione non conta nulla perchè la Costituzione prevede che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla Legge (tranne lui), però questo clima intimidatorio inizia ad essere avvertito anche dai magistrati che, essendo persone umane, tendono, quando possibile, a non dare torto all´uomo più potente d´Italia anche perchè ci sono magistrati che per aver dato torto a lui o politici hanno subito conseguneze molto pesanti nella loro carriera. Per esempio Antonio Di Pietro fu constretto a dimmettersi in seguito ad una campagna ricattatoria avviata nei suoi confronti dopo aver inviato a Berlusconi il primo invito a comparire di una lunga serie di procedimenti avviati nei suoi confronti. L´intimidazione delle querele e delle cause civili per risarcimenti danni a giornalisti - di solito vengono richiesti da lui non meno di venti milioni di euro - rappresentano un´altro fucile puntato ed un spada di Damocle sulla testa dei giornalisti che vogliono rompere questa agenda unica ed infilare un argomento a lui non gradito".
"Poi c´è il potere intimidatorio che deriva a Berlusconi da quello che lui è risucito a fare contro i giornalisti sgraditi in questi quindici anni. Berlusconi sarà noto nei libri di storia - se in futuro usciranno ancora libri di storia in Italia - per avere sterminato tutti i più grandi giornalisti italiani. Nessuno dei più grossi giornalisti italiani è passato indenne alle sue forche caudine. Ha cominciato mandando via Montanelli, il più famoso giornalista italiano, dal giornale che aveva fondato. Ha proseguito facendo licenziare con un ordine mandato dalla Bulgaria - da notare la scelta del paese, lui si ispira quando va in questi paesi - di licenziare Michele Santoro ed Enzo Biagi, i più famosi giornalisti televisivi italiani, e Daniele Luttazzi, un grande attore satirico, che aveva avuto il torto di invitare me a presentare L´odore dei soldi. Gli altri due giornalisti avevano avuto il torto di parlare degli stessi argomenti nelle loro trasmissioni nella campagna elettorale del 2001. Meno di un anno dopo Berlusconi ordinò dalla Bulgaria che quei tre non avrebbero più dovuto lavorare in televisione a meno che non cambiassero. È imporatante questa aggiunta perchè lui diede la possibilità a quei tre di pentirsi di quello che avevano fatto, di andargli a baciare la pantofola, di chiedere scusa, di promettere di non farlo più e di dimostrarlo. Dato che i tre purtroppo sono dotati di spina dorsale piuttosto eretta, dissero che non avrebbero chiesto scusa perchè non avevano nulla di cui pentirsi. Berlusconi li fece cacciare per uso criminoso della televisione - Berlusconi che parla di uso criminoso è un paradosso - e trovò subito persone alla RAI che li mandarono via. In un paese normale se ci fossero i due più famosi giornalisti televisivi ed il più famoso attore satirico televisivo mandati via dalla tv pubblica ci sarebbe una gara da parte della tv privata per strapparseli di mano con contratti milionari perchè fanno ascolto e portano quindi pubblicità. Invece non si trovò nessuna televisione privata che se li prendesse anche perchè le televisioni private appartengono a Berlusconi. Questo dimostra che non esiste nessun mercato libero nel sistema televisivo. Stiamo parlando di principi liberali e non del comunismo. Stiamo parlando del fatto che l´Italia è un paese molto più vicino ai paesi comunisti dove appunto c´era il partito unico con la televisione unica controllata dal presidente unico. L´alternanza è sempre tra le lusinghe - "se cambiano li perdoniamo" - ed il bastone. In Italia si dice `il bastone e la carota.´ Era un motto di Mussolini che era molto seguito anche dai suoi successori: la carota per chi fa il bravo ed il bastone per chi non si allinea. Quindi da un lato la carota dei soldi, della pubblicità, delle carriere, delle assunzioni, dei posti per te, tua moglie, la tua amante, le tue cugine, le tue zie. Dall´altra parte chi si mette di traverso non trova più un posto di lavoro o fatica molto a trovarlo".
"Il motto di queste epurazioni è quello di Mao Tse-Tung, colpirne uno per educarne cento. In Italia ne hanno colpiti alcune decine per educare praticamente tutti salvo rare eccezioni. Il risultato è un servilismo dilagante ed un conformismo imbarazzante. Non sono nuovi questi tratti alla classe intelletuale e giornalistica italiana. Montanelli lo diceva sempre: "in Italia l´intellettuale è nato nelle corti del Rinascimento ed è sempre stato un giullare di corte". Non esiste l´intellettuale disorganico che fa le pulci al potere, l´intellettuale è sempre a corte del potere. Ma questa tendenza dell´intellighenzia italiana a servire il potente e a correre in soccorso non dello sconfitto ma del vincitore si è molto accentuata quando sono iniziate a piovere sul mondo dell´informazione e dell´intellettualità tutte queste spade di Damocle che creano un clima intimidatorio. Si fornisce addirittura un alibi a chi vuole essere servo che prima un po´ si vergognava, mentre adesso chi è servo lo rivendica perchè tiene famiglia, perchè deve arrivare alla fine del mese, perchè è un precario e deve ottenere il rinnovo del contratto semestrale. La precarizzazione dei contratti giornalistici in Italia sposata a tutto il resto aumenta ulteriormente il livello di servilismo e di conformismo".
Marco Travaglio
"Io vi voglio fare due esempi perchè magari mentre anche qui in Germania qualcuno può vedere a che livello di Pravda è arrivata la televisione italiana, qualcuno potrebbe pensare che nei giornali invece ci sia un grande fervore, un grande fermento, articoli frizzanti e scomodi. Niente di tutto questo.
L´ultimo banco di prova, quello più indecente, è stato quello che è accaduto
dopo il terremoto in Abruzzo che era atteso da sei mesi perchè l´Abruzzo ha tremato per sei mesi con continue scosse sismische sempre di intensità superiore. Pertanto chi stava in Abruzzo sapeva che prima o poi sarebbe arrivata una scossa decisiva che avrebbe potuto fare dei danni. Allora un governo non dico intelligente ma normale avrebbe mandato qualcuno della protezione civile in Abruzzo per verificare quegli edifici pubblici occupati da molte persone - la Casa degli studenti universitari, l´ospedale, la prefettura - se non anche gli edifici privati per valutarne la solidità per scosse un po´ più marcate.
La protezione civile non ha fatto nulla di tutto questo. Non si è interessata. L´unica cosa che ha fatto è stata continuare a tranquillizzare la popolazione che non sarebbe successo nulla anche se poi hanno raccontato che non si possono prevedere i terremoti. Allora se non si possono prevedere i terremoti come fai a rassicurare la popolazione dicendo non succederà nulla? Se non puoi prevedere il terremoto non puoi prevedere nemmeno il non-terremoto. Invece hanno rassicurato fino all´ultimo la gente, fino alla notte in cui una scossa di media intensità, che in Giappone o in America o in Cina non avrebbe fatto nemmeno un ferito, ha sepolto trecento e passa morti sotto le macerie proprio perchè gli edifici non erano sicuri e non erano a norma. Erano edifici che potevano crollare senza il terremoto, figurarsi con un terremoto di media intensità".
"Il disastro di quella
mancata prevenzione del terremoto - non previsione - avrebbe dovuto essere sulle prime pagine di tutti i giornali e telegiornali perchè quei trecento morti non sarebbero morti se ci fosse stata un´opera di prevenzione da parte della protezione civile facendo evacuare per precauzione almeno gli edifici pubblici dove si sono verificati la stragrande maggioranza dei morti a cominciare dalla Casa degli studenti universitari e dall´ospedale. Invece nessun giornale e nessuna televisione hanno messo in dubbio l´efficienza della protezione civile. Anzi hanno cominciato a rilanciare la propaganda che lo stesso Berlusconi faceva a se stesso autoelogiandosi ogni giorno, passeggiando sulle rovine dell´Aquila e degli altri paesi terremotati magnificando la propria bravura e quella del capo della protezione civile, dott.
Bertolaso.
I giornali in quei giorni sono riusciti a
superare per conformismo e servilismo i giornali del ventennio fascista. Io mi sono divertito ad
Annozero a leggere alcune cronache: vi faccio soltanto due esempi perchè bisogna leggerli i giornali italiani per rendersi conto dei risultati concreti di quel sistema che descrivevo prima".
"Questa è la cronaca del
primo allarme per il terremoto che è stato dato non dalla protezione civile ma dal sottosegreatario alla presidenza del Consiglio, un ex dirigente della Fininvest,
Gianni Letta, che sentendo tremare la sua casa a Roma ha capito che doveva essere successo qualcosa. Allora ha acceso la luce, perchè è un uomo molto sagace e altrimenti sarebbe andato a sbattere - questo scrivono i giornali - e poi ha immediatamente avvertito la protezione civile innescando tutto il sistema dei soccorsi perchè è l´uomo della provvidenza. L´uomo della provvidenza è la definizione che veniva data di Mussolini dopo che aveva firmato con il Vaticano i Patti lateranensi nel 1929. Adesso
gli uomini della provvidenza in Italia si sprecano perchè solo per il terremoto sono stati definiti così sia Berlusconi,
sia il suo vice Gianni Letta, sia il capo della protezione civile Bertolaso. Questo è il giornale della Fiat,
La Stampa di Torino, il giorno dopo il terremoto: `
il governo non ha perso tempo perchè a casa di Letta la scossa è arrivata forte. Le luci dell´appartamento si sono accese. In tempo reale i centralini hanno fatto da ponte fra il braccio destro del premier e Bertolaso. Quando l´Italia si è alzata dal letto ed ha acceso la radio i due agivano ormai da quattro ore. Le colonne di soccorso erano per strada, Berlusconi aveva già il decreto di emergenza davanti a sè pronto per la firma. Le fonti concordano sul ruolo di Letta-provvidenza. Finchè il premier ha posato piede all´Aquila è stato Letta a garantire tuta la copertura politica per Bertolaso. Ogni bega è stata spianata sul nascere, i prefetti sono stati messi alla frusta, il deus ex-machina del governo provvederà con il cuore e con l´impegno´. (
"E Letta dà la sveglia ai ministri: oggi sono abruzzese due volte", Ugo Magri, La Stampa, 7 aprile 2009).