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Il premio per la libertà di stampa a Marco Travaglio PDF Stampa E-mail
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Scritto da gli studenti del liceo A. Einstein di Berlino, Michael Konken e Marco Bertelli   
Sabato 30 Maggio 2009 10:30

Berlino – Il 28 aprile 2009 l´associazione dei giornalisti tedeschi ha conferito il premio per la libertà di stampa al giornalista italiano Marco Travaglio. Il premio è stato istituito nel 2001 e viene assegnato ogni tre anni a giornalisti che si sono distinti per la difesa della libertà di stampa:

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Michael Konken, presidente dell´associazione dei
giornalisti tedeschi, e Marco Travaglio

Nel 2001 il premio fu conferito al giornalista serbo Miroslav Filipovic “per i suoi coraggiosi reportage durante la guerra in Kosovo. Filipovic raccontò per conto dei media stranieri i crimini di guerra commessi dalle unità serbe e per questo motivo fu condannato dal regime di Slobodan Milosevic nel luglio 2000 per spionaggio a sette anni di reclusione”. Come prova d´accusa durante il processo furono mostrati in tribunale i suoi reportage scritti fra l´altro per l´Institute for war and peace reporting (IWPR). Filipovic fu liberato nell´ottobre 2000 dopo la vittoria elettorale dell´opposizione in Serbia a Milosevic.

 

Nel 2003 venne premiata la russa Olga Kitova, “coraggiosa giornalista che a causa dei suoi articoli impegnati e critici contro la corruzione e gli arbitrii nell´applicazione della legge diventò essa stessa una vittima della repressione di Stato”. La giornalista aveva raccontato più volte gli intrighi ed i loschi affari a livello locale nella città di Belgorod nel sud della Russia nei quali emergeva anche il coinvolgimento del governatore regionale. Il 21 marzo 2001 la Kitova fu prelevata da uomini in uniforme, picchiata selvaggiamente e condotta nella sede della procura circondariale dove proseguirono le sevizie che furono perfino riprese in un video, successivamente recuperato e diffuso dal canale radiotelevisivo tedesco ARD. La giornalista si trasferì in seguito a vivere e lavorare a Mosca, ma fu condannata a causa dei suoi articoli critici a due anni e sei mesi di libertà vigilata, alla multa di 10.000 rubli ed alla privazione del diritto di voto per tre anni. Per lo stesso motivo la Kitova non potè ritirare il premio della federazione dei giornalisti tedeschi nel 2003. Solo dopo aver scontato la pena potè uscire nuovamente dal territorio russo.

 

Nel 2006 il premio fu assegnato alla redazione del quotidiano “Berliner Zeitung”. La redazione fu premiata "per la sua battaglia per la qualità giornalistica, per la libertà di pubblicazione e per conservare i posti di lavoro presso la casa editrice “Berliner Verlag”, così come per il suo impegno contro i meri interessi finanziari del nuovo proprietario”, il gruppo finanziario Mecom guidato da David Montgomery. La redazione combattè contro la vendita a questo consorzio finanziario. Il caporedattore Uwe Vorkötter criticò in un editoriale sul “Berliner Zeitung” la scelta dell´acquirente e si appellò al precedente proprietario Holtzbrinck affinchè non vendesse a Montgomery: “per la prima volta un grosso quotidiano tedesco verrebbe ceduto ad investitori che non perseguono interessi editoriali bensì meramente finanziari”. In seguito all´acquisto nell´ottobre 2005 della casa editrice da parte di Montgomery, Vorkötter abbandonò il “Berliner Zeitung” e si trasferì al quotidiano “Frankfurter Rundschau” del gruppo editoriale di Colonia M. DuMont Schauberg.


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Nella foto da sinistra: Miroslav Filipovic (fonte IWPR), Olga Kitova (fonte DER SPIEGEL) ed Uwe Vorkötter (fonte HORIZONT.NET)

 

Nel 2009 l´associazione tedesca dei giornalisti ha deciso di conferire il premio per la libertà di stampa a  Marco Travaglio. La premiazione si è svolta a Berlino nel primo pomeriggio di martedì 28 aprile presso la “casa” per le conferenze stampa della Federazione situata nel cuore della città, a pochi passi dalla sede del Parlamento tedesco.  Michael Konken, presidente dell´associazione tedesca dei giornalisti, ha aperto la cerimonia spiegando  perchè la scelta del premio è caduta su Marco Travaglio. Di seguito il testo della Laudatio di Konken:


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Michael Konken, presidente della federazione
dei giornalisti tedeschi (fonte
ZDF)

"Egr. sig. Travaglio,

gentili signore e signori,

cari colleghe e colleghi,

 

sono felice che oggi voi siate convenuti tutti assieme alla casa per le conferenze stampa della Federazione per onorare il collega italiano Marco Travaglio. Egli riceve oggi il premio 2009 dell´associazione tedesca dei giornalisti per la libertà di stampa in virtù del coraggioso ed instancabile impegno a favore della libertà di stampa in Italia.

 

Forse alcuni di voi si saranno chiesti perchè noi abbiamo scelto un vincitore del premio proprio in Italia. L´Italia è infatti una democrazia, è situata in mezzo all´Europa, pratica libere elezioni. Non avremmo allora fatto meglio a cercare il vincitore del premio in una terra dove la libertà di stampa esiste solo sulla carta? Avremmo potuto farlo. Infatti non esiste purtoppo sulla nostra terra carenza di questi paesi, di questi stati oppressi. Tuttavia non lo abbiamo fatto in modo consapevole. Perchè per noi, la federazione tedesca dei giornalisti, era importare mostrare che anche nel centro dell´Europa non siamo troppo lontani per quanto riguarda la libertà di stampa dal fatto che chi la esige debba combattere una forte resistenza.

 

Tuttavia lei, sig. Travaglio, è riuscito nonostante tutte le resistenze ad impegnarsi in Italia per decine di anni in modo coraggioso, partecipe ed instancabile per la libertà di stampa.  Fino ad oggi. Lei è stato ed è sempre alla ricerca della verità. Lei non si è mai lasciato etichettare. Lei ha riportato fatti che i politici non hanno rivelato di loro spontanea volontà e che altrimenti non sarebbero giunti all´opinione pubblica, lei ha svelato affari di corruzione ed incoerenze tanto nello schieramento di destra quanto in quello di sinistra del panorama partitico italiano.

 

Lei ha sempre mantenuto la sua distanza critica – pienamente consapevole del fatto che altri, che ripetono come un pappagallo ciò che dicono i politici, fanno carriera più facilmente.  Nelle interviste lei ha sempre sottolineato di essere consapevole che agli alleati di Berlusconi toccano molte comodità alle quali lei deve rinunciare, come per esempio che essi possono ottenere facilmente un credito da una banca oppure trovare facilmente un posto di lavoro per la moglie o per l´amante.

 

Lei ha sempre e sempre pubblicamente stigmatizzato i tentativi dei politici italiani di orientare i media, ed in particolare la televisione di Stato, secondo la loro volontà e di ostacolare servizi critici. Con ciò lei ha allo stesso tempo esortato i suoi colleghi di professione a fare come lei e non diventare censori di essi stessi.

 

Anche in televisione, per esempio nelle sue periodiche apparizioni in qualità di ospite nella discussa -perchè per il gusto di Berlusconi troppo critica - trasmissione “Anno Zero” su Rai 2, lei non rinuncia a parole chiare. Così lei ha indicato nel programma il presidente del Senato italiano Renato Schifani come amico della mafia.

 

Attraverso il suo impegno lungo decenni lei si è fatto in Italia la fama di rompiscatole – nel senso migliore del termine.

 

Lei è annoverato oggi tra i più conosciuti giornalisti d´inchiesta d´Italia. L´enorme positiva risonanza da parte delle cittadine e dei cittadini tedeschi ed italiani politicamente interessati, che si sono congratulati con la federazione tedesca dei giornalisti per il fatto che oggi noi la premiamo qui, ha sorpreso noi stessi.

 

Uomini di tutte le età, tedeschi ed italotedeschi ci hanno informato quanto importante sia per loro stessi la consegna del premio di oggi a Marco Travaglio. Alcuni di loro sono oggi fra noi, tra cui le studenti e gli studenti del liceo Albert Einstein di Berlino, che io voglio a questo punto salutare calorosamente. Due di loro... ci spiegheranno ora perchè considerano Marco Travaglio meritevole e che cosa li lega alla sua persona e al suo operato.

 

Lasciatemi dire ancora una parola sulla carriera professionale del nostro vincitore del premio: lei ha iniziato a lavorare, caro Marco Travaglio, a 22 anni (Travaglio è nato nel 1964 a Torino) sotto la guida del sig. Indro Montanelli (il “Gräfin Dönhoff d´Italia) presso il quotidiano “Il Giornale”.  Il giornale apparteneva a Berlusconi.  Nel 1994 allorquando lui entrò nella campagna elettorale,  lei lasciò “Il Giornale” insieme con Indro Montanelli e 50 colleghi. Era diventato ai vostri occhi un organo di popaganda per la campagna elettorale. Fondaste “La Voce”  con la quale aveste effettivamente molto successo.  In pochi mesi raggiungeste una tiratura di 70.000 copie. Tuttavia le inserzioni pubblicitarie rimasero fuori – e non bisogna essere degli indovini per supporre che molti inserzionisti semplicemente avessero timore di far pubblicità sul giornale “rinnegato”. La conseguenza: il giornale venne sospeso dopo solo un anno per la mancanza di inserzioni pubblicitarie.

 

Successivamente lei ha scritto soprattutto libri, ma anche costantemente articoli per giornali e periodici come La Repubblica, L´Unità e MicroMega. Divenne noto nel 2001 come coautore di un libro sull´origine segreta del patrimonio di Silvio Berlusconi. Il titolo: “L´odore dei soldi”.

 

Sono seguiti altri libri d´inchiesta sul Mogul dei media ed ex primo ministro d´Italia.  Lei ha sempre costantemente annotato le sue mancanze come capo di governo e continuamente rimproverato il fatto che egli usasse il suo potere per imporre ai giornalisti quello che dovevano raccontare.

 

Il suo successo con “L´odore dei soldi” ebbe un amaro retrogusto:  il giornalista televisivo Daniele Luttazzi, che la aveva aiutata, per quello che mi risulta rimase per la prima volta temporaneamente senza lavoro. Anche i suoi colleghi Enzo Biagi e Michele Santoro, che successivamente si erano occupati del tema del libro,  ebbero gravi problemi sul lavoro. Lei si è dedicato, Sig. Travaglio, al suo libro “Bravi ragazzi”, pienamente consapevole che anche lei avrebbe potuto incontrare la stessa sorte.

 

Noi oggi la premiamo per la sua perseveranza, per aver esercitato la critica anche quando altri avrebbero lasciato perdere da lungo tempo; per questo, per il fatto che lei si è affermato per decenni come una delle poche voci indipendenti del suo paese e per questo, che lei non ha rinunciato a combattere per la libertà di stampa in Italia anche dopo quindici anni di sovranità di Berlusconi. A dispetto di tutte le condizioni sfavorevoli.

 

Sono felice di poterle consegnare oggi, Sig. Travaglio, il premio con 7.500 euro. Vogliamo con questo incoraggiare anche altre giornaliste e giornalisti nella sua patria a non lasciarsi intimidire".



Michael Konken




Dopo il presidente Konken hanno preso la parola due studenti dellaundicesima classe del liceo A. Einstein di Berlino che hanno letto la Laudatio per Marco Travaglio scritta assieme agli altri compagni di classe:
 
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I due studenti del liceo A. Einstein di Berlino che hanno letto
la Laudatio per Marco Travaglio
 


"Egregio signor Travaglio,

egregio signor Konken,

gentili signore e signori,

 

stavamo lavorando sul tema “mass media e giornalismo in Italia” quando abbiamo letto nel giornale che l’associazione dei giornalisti tedeschi (DJV) avrebbe conferito a Marco Travaglio il premio per la libertà di stampa.

 

Abbiamo subito pensato di invitarlo alla nostra scuola e ci siamo messi in contatto con il signor Zörner della DJV che però, a sua volta, ha fatto un controinvito chiedendo a noi ragazzi se non avessimo voglia di fare una parte della laudatio. Dopo un attimo di stupore abbiamo accettato con piacere l’invito per il quale desideriamo ringraziare il signor Zörner.

 

Preparare la laudatio è stata per noi, un gruppo di ragazzi italiani, tedeschi e italo-tedeschi,  l’occasione di approfondire le nostre ricerche sul lavoro di Marco Travaglio, di definire più precisamente quanto abbiamo capito e imparato grazie a lui ma anche l’occasione di esprimere la nostra stima.

La “missione” di un giornalista, scrive Travaglio nell’epilogo del suo libro "La scomparsa dei fatti", „non è quella di cambiare il mondo, e nemmeno di far vincere le elezioni a Tizio o a Caio. Ma quella di raccontare i fatti. Possibilmente tutti. Possibilmente veri. Se poi qualcuno deciderà di usarli per farsi un’opinione informata, per conoscere le varie strade e scegliere la migliore a occhi aperti, insomma per essere libero, tanto meglio.“

 

[segue la traduzione in tedesco]

Es sei nicht die Aufgabe eines Journalisten „die Welt zu verändern, Müller oder Meier zum Wahlsieg zu verhelfen“ -  schreibt Marco Travaglio zum Schluss seines Buches La scomparsa dei fatti, „ seine Aufgabe ist es, Fakten zu berichten. Wenn möglich alle. Wenn möglich wahre. Wenn dann jemand entscheidet sie zu nutzen, um sich eine fundierte Meinung zu bilden, um verschiedene Wege kennen zu lernen und dann mit offenen Augen den besten auszuwählen, also um frei zu sein, umso besser.“

 

Se nei mass media però i fatti vengono sostituiti da opinioni e le cifre capovolte o eclissate da notizie di tipo scandalistico non è facile per i lettori o i telespettatori giungere ad un’opinone fondata. Uno dei giornalisti che ci aiuta ad orientarci e ad affinare la nostra capacità di discernimento e di giudizio è Marco Travaglio.

 

Il primo contatto con lui è stato in quanto autore del libro La scomparsa dei fatti. Alcuni di noi, a dire il vero,  lo conoscevano già come ospite della trasmissione di RAI 2 Annozero. Poi abbiamo seguito i suoi videoblog Passaparola – in tedesco: “Weitersagen” – e ulteriori pubblicazioni, interessandoci in particolare al modo in cui analizza gli argomenti e le informazioni riconducendoli ai fatti.

 

Ci siamo resi conto di aver acquisito, leggendo e ascoltando Marco Travaglio, una facoltà critica nell’utilizzo dei mass media in genere e in particolare di quelli italiani. Abbiamo imparato a seguire le vicende in modo attivo e non passivo. Abbiamo imparato ad essere dei lettori e dei  telespettatori critici e a sottoporre le informazioni che ci vengono presentate ad una serie di domande: Com’è nata questa notizia? Perché si parla di questo e non di altro? I fatti che vengono menzionati sono corretti, ne sono stati omessi alcuni? Come sono state svolte le ricerche? E infine: Chi potrebbe avere interesse a presentare la notizia in questo modo, ci possono essere anche degli interessi politici?

 

Abbiamo imparato che non deve essere per forza un caso se nel telegiornale invece di parlare dei processi per corruzione che riguardano personaggi importanti del Paese ci si dilunga sul delitto di Cogne o se invece di mandare in onda un servizio sulla situazione economica del Paese vengono dati consigli per lo shopping prenatalizio.

 

Abbiamo capito che vale la pena osservare da vicino il linguaggio dei giornali e dei telegiornali, per esempio per capire se non sono stati scambiati i termini “assolto” e “prescritto” oppure se si parla di un “processo politico” invece di un processo “ai politici”.

 

Il confronto che ci propone tra il modo anglosassone di fare un’intervista e quello italiano ci fa capire quanto sia importante che un politico non riceva solamente una platea per presentare se stesso o i suoi hobby ma che risponda alle domande critiche e ostinate dei giornalisti. E che queste domande non sono un segno di maleducazione ma di serietà professionale.

 

Anche le sue analisi della storia d’Italia degli ultimi decenni e in particolare l’analisi del modo in cui se ne parla nei media ci aiutano ad orientarci.

Per esempio quando ci spiega la tecnica del “rovescismo”, una forma di revisionismo grazie alla quale alla fine dei processi di Tangentopoli stranamente non sono i condannati ma i giudici ad essere duramente criticati dai giornali.

 

Seguendo con grande interesse  le vicende in Italia anche da Berlino apprezziamo molto anche i suoi video settimanali sul blog di Beppe Grillo ed i suoi interventi ad Annozero, con i quali svela spietatamente le contraddizioni, le falsità e le assurdità nelle argomentazioni politiche – di destra e di sinistra – oppure commenta nuove proposte di legge verificando se sono conformi alla costituzione.

 

Speriamo che queste piattaforme della libertà d’opinone e di informazione, spesso soggette a pressioni, rimangano a disposizione di un pubblico interessato e critico.

 

In un’intervista con il quotidiano spagnolo El País Travaglio constata che – dato l’influsso politico sui media in Italia – è “più facile capire l’Italia da fuori che da dentro”.

Lottando per degli spazi liberi nel mondo dell’informazione italiano ci fa capire le dimensioni di queste strutture manipolative.

 

Le sue analisi lucide ed indipendenti e il suo modo paziente di ritornare ai fatti ci aiutano a capire meglio l’Italia anche da dentro. Sono gli strumenti che ci offre per diventare dei cittadini informati e responsabili in una società democratica e per decidere in quanto tali. Travaglio ci fa capire quanto sia importante l’indipendenza dei media, la libertà e la trasparenza dell’informazione per la democrazia stessa.

 

Ammiriamo la sua fermezza e il suo coraggio di portare alla luce fatti scomodi, nonostante le ripetute ostilità nei suoi confronti, e apprezziamo il modo sobrio e posato con cui le affronta. La sua professionalità e la sua integrità morale ne fanno un giornalista eccezionale e un modello.

 

È in particolare il suo  impegno giornalistico contro la corruzione e “L’Italia dei favori” -  ovvero quel sistema opaco di favoreggiamento in politica, economia e nel mercato del lavoro, che noi giovani sentiamo come una netta limitazione delle nostre opportunità per il futuro -  che rafforza la nostra volontà di credere in una società informata, imperniata su valori come competenza, obiettività, sincerità, giustizia, libertà d’informazione e trasparenza.

 

Abbiamo bisogno di altri giornalisti come Marco Travaglio, giornalisti che abbiano il coraggio civile di informarci in modo indipendente e che ci rendano in grado di scegliere ad occhi aperti una via giusta, di essere liberi e di saper decidere.

 

Ci fa molto piacere che oggi riceva il premio per la libertà di stampa e ci congratuliamo con lui.


Passate parola!

 

Grazie


(Il video dell´intervento degli studenti del liceo A. Einstein di Berlino presso questo link, fonte: contrastoev)




Il presidente Konken ha poi dato la parola a Marco Travaglio che ha tenuto un discorso sullo stato dell´informazione in Italia.

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Marco Travaglio davanti alla platea del premio 2009 per la libertà di stampa
assegnato dall´associazione dei giornalisti tedeschi
 
Travaglio ha aperto il suo discorso affermando di essere solo "un giornalista normale in un paese che non è più normale da diversi anni". Ha detto di sentirsi onorato per aver ricevuto il premio dell´associazione dei giornalisti tedeschi e lo ha dedicato ad Indro Montanelli che Travaglio ha avuto "la fortuna di avere come direttore per sette anni, prima al quotidiano  ll Giornale e poi al quotidiano La Voce".  Travaglio ha quindi riassunto gli elementi fondamentali del "caso italiano" per mettere in evidenza la sottovalutazione a livello internazionale di questo "caso" e il grosso pericolo di contagio, visto che "il modello costruito in Italia fa molto comodo alle classi dirigenti. Il fatto di riuscire a sbarazzarsi di tutti  poteri di controllo come la stampa, la Costituzione, la magistratura e di tutti i bilanciamenti che reggono una qualsiasi democrazia è una tentazione troppo forte e purtroppo qualcun´altro in un qualche altro paese avrà questa tentazione di provare quello che purtroppo è successo disgraziatamente in Italia con Berlusconi".


"Nel 1994 accadde un "antipasto" di quello che sarebbe successo nei quindici anni successivi e riguardò il quotidiano Il Giornale di cui Montanelli fu fondatore. Berlusconi Silvio ne era stato l´editore fino al 1992, anno in cui ne aveva ceduto il controllo al fratello Paolo per poter continuare ad essere titolare delle tre concessioni televisive di Mediaset. Quando Silvio Berlusconi entrò in politica disse a Montanelli che Il Giornale avrebbe dovuto entrare a fare parte dell´orchestra destinata a sostenere il suo partito.  Montanelli rispose che non era arrivato a ottancinque anni per fare da trombetta del partito Forza Italia. Berlusconi, non avendo il coraggio di licenziare Montanelli perchè era e probabilmente resterà il più grande giornalista che l´Italia abbia avuto e mai avrà, cominciò a lavorarlo ai fianchi con i killer televisivi delle sue televisioni, sperando che Montanelli si stufasse e desse le dimissioni.  Invece Montanelli restò al suo posto costringendo Berlusconi a cacciarlo: l´otto gennaio 1994 Berlusconi irruppe nell´assemblea dei giornalisti de Il Giornale all´insaputa ed in assenza di Montanelli dicendo che se i giornalisti volevano avere computer al posto delle macchine da scrivere bisognava combattere la sua battaglia con il mitra e non con il fioretto.  Dato che Montanelli non era disponibile ad impugnare il mitra, i giornalisti capirono il senso del discorso di Bersluconi che era venuto a parlare ai giornalisti di un giornale che non era più il suo per ribellarsi alla linea libera ed indipendente incarnata dal direttore. In quel momento  Montanelli si dimise e fondò un nuovo giornale, La Voce, al quale chiedemmo di poter andare a lavorare tutti e in cinquanta ci riuscimmo. La Voce si basava su una public company e non più su un  editore ma purtroppo naufragò molto presto per il sistematico boicottaggio pubblicitario per strozzarlo".


"Nel caso dello scontro tra Berlusconi e Montanelli c´erano già tutti gli ingredienti del caso italiano che poi si è dispiegato su questi quindici anni. Innanzitutto c´era un proprietario di mezzi di comunicazione che entrava in politica. Parliamo di un signore che è proprietario del cinquanta per cento del panorama televisivo italiano,  che tramite i figli è proprietario della più grande casa editrice italiana, la Mondadori, e  che come esponente politico di maggioranza controlla i due terzi dell´altro cinquanta per cento del panorama televisvo italiano, la tv pubblica, tramite direttori messi lì da lui o dai suoi alleati. Di norma i dirigenti che Berlusconi mette nella tv pubblica provengono dalle sue aziende: si tratta di solito dei più scadenti perchè Berlusconi tiene i migliori per le sue aziende. Così la tv pubblica perde ascolti e le sue aziende ci guadagnano. Questo monopolio o quasi della televisione gli consente di mantenere il silenzio su tutto ciò che vuole e di dettare ai cittadini l´agenda unica degli argomenti dei quali si è autorizzati a parlare e pensare e degli argomenti tabù dei quali nessuno può parlare.  Quest´agenda è un menù che lui traccia ogni giorno a reti unificate e che non prevede discorsi sulla mafia, sulla corruzione, sugli scandali e sul passato suo e dei suoi uomini. Per cui oggi a nessuno viene in mente che il presidente del Consiglio è un signore che frequentava mafiosi, assumeva mafiosi in casa sua ed è proprietario di una casa editrice non per averla comprata ma per averla ottenuta sulla base di una sentenza di un giudice corrotto con denaro dei fondi esteri delle sue aziende tramite i suoi avvocati che sono stati tutti condannati assieme al giudice corrotto. Ma lui si è dimenticato di restituire la casa editrice sottratta ad un concorrente in base ad una sentenza comprata da un giudice venduto".

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Marco Travaglio

"Nessuno ricorda che il braccio destro di Berlusconi, Marcello Dell´Utri, è stato condannato in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa con l´organizzazione criminale Cosa Nostra che ha ucciso centinaia di persone anche con le bombe fino al 1992-93 e che scioglieva i bambini nell´acido in appositi bidoni. Nessuno ricorda che il suo braccio sinistro, Cesare Previti, ha dovuto lasciare il Parlamento perchè condannato per due volte per aver corrotto due giudici in cambio di due sentenze: una è quella che ha portato nella mani del presidente del Consiglio la Mondadori e l´altra è quella che condannò una banca pubblica a pagare un risarcimento ad un´azienda privata di mille miliardi di lire pari a cinquecento milioni di euro non dovuti e dunque sborsati da tutti i cittadini. Sono temi dei quali nessuno in Italia parla e non appena qualcuno ne parla in televisione smette subito perchè viene mandato via".


"L´agenda unica è importante perchè sceglie ogni giorno gli argomenti dei quali si può parlare oppure no. A questo controllo diretto dei mezzi di comunicazione si assomma un potere finanziario smisurato: parliamo dell´uomo politico più ricco del mondo, uno dei più ricchi d´Italia, più liquidi anche per denaro contante, proprietario di una banca, di un´assicurazione e socio di una banca d affari che controlla la principale azienda di telefonia italiana, la TELECOM, ed una quota del principale quotidiano italiano, Il Corriere della Sera.  Infine è proprietario della più importante agenzia pubblicitaria italiana, PUBLITALIA, che è in grado di aprire e chiudere il rubinetto delle inserzioni pubblicitarie ai giornali ed alle televisioni. Chi vuole fare pubblicità su un giornale ostile a Berlusconi teoricamente lo può fare ma sa che si mette contro quel gigantesco potere che stiamo cercando di descrivere. Esistono giornali che non vendono se non poche centinaia o migliaia di copie e che però riescono a sopravvivere sul mercato perchè sono imbottiti di pubblicità di inserzionisti che vogliono fare un favore al presidente del Consiglio il quale ha interesse a sostenere questi giornali perchè sono suoi o suoi amici. La Voce nel 1995 vendeva settantamila copie ma era un giornale sconsigliato per farvi pubblicità in quanto ostile al presidente del Consiglio. Il mercato della carta stampata è alterato da questo fattore: sopravvivono giornali che non compra nessuno grazie a pubblicità drogata con gli estrogeni politici mentre non sopravvivono giornali che hanno un grande mercato di pubblico ma non hanno pubblicità che segue logiche completamente opposte a quelle di mercato. A questo bisogna aggiungere il potere intimidatorio che deriva a questo signore ricchissimo e potentissimo quando denuncia o fa denunciare ´da qualcuno dei suoi uomini o qualcuna delle sue aziende un giornalista che è una pulce che può essere processata contro un elefante, il presidente del Consiglio, che invece non può essere sottoposto a processo grazie ad una legge che lui ha fatto approvare dal Parlamento. Questa enorme sproporzione non conta nulla perchè la Costituzione prevede che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla Legge (tranne lui), però questo clima intimidatorio inizia ad essere avvertito anche dai magistrati che, essendo persone umane, tendono, quando possibile, a non dare torto all´uomo più potente d´Italia anche perchè ci sono magistrati che per aver dato torto a lui o politici hanno subito conseguneze molto pesanti nella loro carriera. Per esempio Antonio Di Pietro fu constretto a dimmettersi in seguito ad una campagna ricattatoria avviata nei suoi confronti dopo aver inviato a Berlusconi il primo invito a comparire di una lunga serie di procedimenti avviati nei suoi confronti. L´intimidazione delle querele e delle cause civili per risarcimenti danni a giornalisti - di solito vengono richiesti da lui non meno di venti milioni di euro - rappresentano un´altro fucile puntato ed un spada di Damocle sulla testa dei giornalisti che vogliono rompere questa agenda unica ed infilare un argomento a lui non gradito".


"Poi c´è il potere intimidatorio che deriva a Berlusconi da quello che lui è risucito a fare contro i giornalisti sgraditi in questi quindici anni. Berlusconi sarà noto nei libri di storia - se in futuro usciranno ancora libri di storia in Italia - per avere sterminato tutti i più grandi giornalisti italiani. Nessuno dei più grossi giornalisti italiani è passato indenne alle sue forche caudine. Ha cominciato mandando via Montanelli, il più famoso giornalista italiano, dal giornale che aveva fondato. Ha proseguito facendo licenziare con un ordine mandato dalla Bulgaria - da notare la scelta del paese, lui si ispira quando va in questi paesi - di licenziare Michele Santoro ed Enzo Biagi, i più famosi giornalisti televisivi italiani, e Daniele Luttazzi, un grande attore satirico, che aveva  avuto il torto di invitare me a presentare L´odore dei soldi. Gli altri due giornalisti avevano avuto il torto di parlare degli stessi argomenti nelle loro trasmissioni nella campagna elettorale del 2001. Meno di un anno dopo Berlusconi ordinò dalla Bulgaria che quei tre non avrebbero più dovuto lavorare in televisione a meno che non cambiassero. È imporatante questa aggiunta perchè lui diede la possibilità a quei tre di pentirsi di quello che avevano fatto, di andargli a baciare la pantofola, di chiedere scusa, di promettere di non farlo più e di dimostrarlo. Dato che i tre purtroppo sono dotati di spina dorsale piuttosto eretta, dissero che non avrebbero chiesto scusa perchè non avevano nulla di cui pentirsi. Berlusconi li fece cacciare per uso criminoso della televisione - Berlusconi che parla di uso criminoso è un paradosso - e trovò subito persone alla RAI che li mandarono via. In un paese normale se ci fossero i due più famosi giornalisti televisivi ed il più famoso attore satirico televisivo mandati via dalla tv pubblica ci sarebbe una gara da parte della tv privata per strapparseli di mano con contratti milionari perchè fanno ascolto e portano quindi pubblicità. Invece non si trovò nessuna televisione privata che se li prendesse anche perchè le televisioni private appartengono a Berlusconi.  Questo dimostra che non esiste nessun mercato libero nel sistema televisivo. Stiamo parlando di principi liberali e non del comunismo. Stiamo parlando del fatto che l´Italia è un paese molto più vicino ai paesi comunisti dove appunto c´era il partito unico con la televisione unica controllata dal presidente unico. L´alternanza è sempre tra le lusinghe - "se cambiano li perdoniamo" - ed il bastone. In Italia si dice `il bastone e la carota.´ Era un motto di Mussolini che era molto seguito anche dai suoi successori: la carota per chi fa il bravo ed il bastone per chi non si allinea. Quindi da un lato la carota dei soldi, della pubblicità, delle carriere, delle assunzioni, dei posti per te, tua moglie, la tua amante, le tue cugine, le tue zie. Dall´altra parte chi si mette di traverso non trova più un posto di lavoro o fatica molto a trovarlo".


"Il motto di queste epurazioni è quello di Mao Tse-Tung, colpirne uno per educarne cento. In Italia ne hanno colpiti alcune decine per educare praticamente tutti salvo rare eccezioni. Il risultato è un servilismo dilagante ed un conformismo imbarazzante. Non sono nuovi questi tratti alla classe intelletuale e giornalistica italiana. Montanelli lo diceva sempre: "in Italia l´intellettuale è nato nelle corti del Rinascimento ed è sempre stato un giullare di corte". Non esiste l´intellettuale disorganico che fa le pulci al potere, l´intellettuale è sempre a corte del potere. Ma questa tendenza dell´intellighenzia italiana a servire il potente e a correre in soccorso non dello sconfitto ma del vincitore si è molto accentuata quando sono iniziate a piovere sul mondo dell´informazione e dell´intellettualità tutte queste spade di Damocle che creano un clima intimidatorio. Si fornisce addirittura un alibi a chi vuole essere servo che prima un po´ si vergognava, mentre adesso chi è servo lo rivendica perchè tiene famiglia, perchè deve arrivare alla fine del mese, perchè è un precario e deve ottenere il rinnovo del contratto semestrale. La precarizzazione dei contratti giornalistici in Italia sposata a tutto il resto aumenta ulteriormente il livello di servilismo e di conformismo".
 
 
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Marco Travaglio
 
"Io vi voglio fare due esempi perchè magari mentre anche qui in Germania qualcuno può vedere a che livello di Pravda è arrivata la televisione italiana,  qualcuno potrebbe pensare che nei giornali invece ci sia un grande fervore, un grande fermento, articoli frizzanti e scomodi. Niente di tutto questo. L´ultimo banco di prova, quello più indecente, è stato quello che è accaduto dopo il terremoto in Abruzzo che era atteso da sei mesi perchè l´Abruzzo ha tremato per sei mesi con continue scosse sismische sempre di intensità superiore. Pertanto chi stava in Abruzzo sapeva che prima o poi sarebbe arrivata una scossa decisiva che avrebbe potuto fare dei danni. Allora un governo non dico intelligente ma normale avrebbe mandato qualcuno della protezione civile in Abruzzo per verificare quegli edifici pubblici occupati da molte persone - la Casa degli studenti universitari, l´ospedale, la prefettura - se non anche gli edifici privati per valutarne la solidità per scosse un po´ più marcate.  La protezione civile non ha fatto nulla di tutto questo. Non si è interessata. L´unica cosa che ha fatto è stata continuare a tranquillizzare la popolazione che non sarebbe successo nulla anche se poi hanno raccontato che non si possono prevedere i terremoti. Allora se non si possono prevedere i terremoti come fai a rassicurare la popolazione dicendo non succederà nulla? Se non puoi prevedere il terremoto non puoi prevedere nemmeno il non-terremoto. Invece hanno rassicurato fino all´ultimo la gente, fino alla notte in cui una scossa di media intensità, che in Giappone o in America o in Cina non avrebbe fatto nemmeno un ferito, ha sepolto trecento e passa morti sotto le macerie proprio perchè gli edifici non erano sicuri e non erano a norma. Erano edifici che potevano crollare senza il terremoto, figurarsi con un terremoto di media intensità".


"Il disastro di quella mancata prevenzione del terremoto - non previsione - avrebbe dovuto essere sulle prime pagine di tutti i giornali e telegiornali perchè quei trecento morti non sarebbero morti se ci fosse stata un´opera di prevenzione da parte della protezione civile facendo evacuare per precauzione almeno gli edifici pubblici dove si sono verificati la stragrande maggioranza dei morti a cominciare dalla Casa degli studenti universitari e dall´ospedale. Invece nessun giornale e nessuna televisione hanno messo in dubbio l´efficienza della protezione civile. Anzi hanno cominciato a rilanciare la propaganda che lo stesso Berlusconi faceva a se stesso autoelogiandosi ogni giorno, passeggiando sulle rovine dell´Aquila e degli altri paesi terremotati magnificando la propria bravura e quella del capo della protezione civile, dott. Bertolaso. I giornali in quei giorni sono riusciti a superare per conformismo e servilismo i giornali del ventennio fascista. Io mi sono divertito ad Annozero a leggere alcune cronache: vi faccio soltanto due esempi perchè bisogna leggerli i giornali italiani per rendersi conto dei risultati concreti di quel sistema che descrivevo prima".


"Questa è la cronaca del primo allarme per il terremoto che è stato dato non dalla protezione civile ma dal sottosegreatario alla presidenza del Consiglio, un ex dirigente della Fininvest, Gianni Letta, che sentendo tremare la sua casa a Roma ha capito che doveva essere successo qualcosa. Allora ha acceso la luce, perchè è un uomo molto sagace e altrimenti sarebbe andato a sbattere - questo scrivono i giornali - e poi ha immediatamente avvertito la protezione civile innescando tutto il sistema dei soccorsi perchè è l´uomo della provvidenza. L´uomo della provvidenza è la definizione che veniva data di Mussolini dopo che aveva firmato con il Vaticano i Patti lateranensi nel 1929. Adesso gli uomini della provvidenza in Italia si sprecano perchè solo per il terremoto sono stati definiti così sia Berlusconi, sia il suo vice Gianni Letta, sia il capo della protezione civile Bertolaso.  Questo è il giornale della Fiat, La Stampa di Torino, il giorno dopo il terremoto: `il governo non ha perso tempo perchè a casa di Letta la scossa è arrivata forte. Le luci dell´appartamento si sono accese. In tempo reale i centralini hanno fatto da ponte fra il braccio destro del premier e Bertolaso. Quando l´Italia si è alzata dal letto ed ha acceso la radio i due agivano ormai da quattro ore. Le colonne di soccorso erano per strada, Berlusconi aveva già il decreto di emergenza davanti a sè pronto per la firma. Le fonti concordano sul ruolo di Letta-provvidenza. Finchè il premier ha posato piede all´Aquila è stato Letta a garantire tuta la copertura politica per Bertolaso. Ogni bega è stata spianata sul nascere,  i prefetti sono stati messi alla frusta, il deus ex-machina del governo provvederà con il cuore e con l´impegno´. ("E Letta dà la sveglia ai ministri: oggi sono abruzzese due volte", Ugo Magri, La Stampa, 7 aprile 2009).

 
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 Marco Travaglio

 

"Questa invece è la seconda visita di Berlusconi sul luogo della tragedia. È un articolo tratto sempre da La Stampa, il giornale della FIAT di Torino di cui Berlusconi non controlla nemmeno lo 0.01%. Quindi immaginatevi gli altri. `Snocciola un numero infinito di cifre Silvio Berlusconi, indossa un maglione blu ed ha il piglio deciso del direttore dei lavori,  del comandante dei pompieri, del capo militare, ma anche la comprensione del prete. Silvio Berlusconi nelle emergenze si esalta. La sua attitudine è la politica del «fare». Dai rifiuti di Napoli ("l´inceneritore" è un dono di Dio"),  al salvataggio di Alitalia, dalla crisi al terremoto in Abruzzo.  Dalla sua bocca escono idee su idee. ll premier-ingegnere spiega le tecniche anti-sismiche giapponesi. Il premier-generale annuncia: "blideremo la città con l´esercito". II premierprete che si commuove di fronte all`anziana signora che lo invoca: "Silvio aiutami, non ho più nulla, non ho nemmeno i denti". Il premier-mille mestieri è convinto di aver ragione: "Dopo un terremoto ai governanti vengono addossate tutte le inefficienze. Io ho avuto quasi la ola." ("Il piano giapponese del premier operaio", Augusto Minzolini, La Stampa, 9 aprile 2009)".


"Da ultimo il capo della protezione civile che non ha fatto nessuna prevenzione sul terremoto. Questo articolo è uscito su Il Giornale di proprietà dello stesso Berlusconi. ´Bertolaso è un unicum, come lui in Italia non c`è nessuno. L’uomo dei disastri, l’eroe della protezione civile, il pronto intervento nelle catastrofi, lo sbrogliapericoli. Bertolaso è l´organizzatore, il soccorritore, il solutore, il consolatore. Emergenza rifiuti? Arriva Bertolaso. Emergenza incendi? Ancora lui. Emergenza tsunami? Sempre lui. Emergenza terremoto? Immancabilmente lui, con i suoi occhi seri, la voce rassicurante. L’Italia ha trovato il vero uomo della provvidenza´ ("È ancora Bertolaso l´uomo della Provvidenza", Stefano Filippi, Il Giornale, 8 aprile 2009)".


"Questa è una piccola antologia che si conclude con Berlusconi ai funerali delle vittime. C´erano tutte le Istituzioni e le cariche dello Stato in prima fila tranne Berlusconi che approfittava anche della Santa messa per andare a sbaciucchiare bambini, orfani e vedove e raccattare qualche voto perchè in Italia fra un mese si va alle elezioni. Questo è Il Giornale di Berlusconi che racconta il suo frenetico agitarsi durante la messa  mentre tutti piangono. `Non riesce a stare seduto in prima fila. Abbraccia, bacia, rincuora mamme, figli e papà. Una donna lo vede ed interroga stupita il vicino: "Ma è davvero lui?" Lui si asciuga le lacrime, dà un veloce colpo di pettinino e va in prima fila dove stringe la mano pure al capo dell´opposizione e dice: "Il clima di unità politica non solo è necessario ma è indispensabile" ("Berlusconi commosso ai familiari `Non ci saranno baraccopoli´", Vincenzo La Manna, Il Giornale,  11 aprile 2009).
Infatti l´opposizione frastornata e prigioniera di questo Truman show che viene messo in piedi ogni giorno con l´agenda unica del premier non ha osato dire nemmeno una parola di critica all´organizzazione per la prevenzione a quel terremoto. L´opposizione è scomparsa sostenendo che durante le tragedie non bisogna fare l´opposizione. In realtà è proprio perchè ci sono le tragedie che bisogna fare opposizione perchè se non ci fossero le tagedie non ci sarebbero ragioni per polemizzare. Come se durante l´uragano Katrina negli Stati Uniti i democratici avessero taciuto sulle omissioni di Bush solo perchè c´era stata una tragedia. C´era stata una tragedia solo perchè non era stata prevenuta e quindi l´opposizione aveva fatto il suo lavoro".


"Ecco il risultato è un po´ questo, come dicevano i ragazzi prima:
spariscono le notizie, sparisce l´opposizione, sparisce la funzione di argine e di contrasto da parte dell´informazione. Basta dire quello che si vede per passare ormai come eversori. Non ci vuole nessun accanimento particolare. Cambia il vocabolario. L´Italia è l´unico paese che chiama missione di pace la guerra in Irak e in Afghanistan scavalcando anche Bush che ha sempre parlato di missioni di guerra. Noi chiamiamo tutto ciò missione di pace perchè la nostra Costituzione ci vieta di fare missioni di guerra per andare ad offendere altri paesi. Quindi cambiamo il nome alla guerra e la guerra la facciamo lo stesso. Questo è quello che succede quotidianamente in Italia. Rispondendo ad un collega che mi chiedeva prima perchè gli italiani continuano a votare questi signori, ho detto che intanto parliamo della metà degli elettori votanti e dei voti validi. I voti validi nelle ultime elezioni sono stati il 67%, chi ha preso la metà e rappresenta il centrodestra ha preso dunque il 33% dei voti. Ma non voglio mettermi a fare dei numeri. Voglio semplicemente dire che il fatto che lui venga votato sebbene anomalo dipende anche dal fatto che da anni non viene più descritto come anomalo dall´informazione italiana. Ogni tanto immagino se per miracolo si spegnessero tutte le radio e le televisioni italiane e scomparissero dalle edicole tutti i giornali italiani ed uscissero nelle edicole solo i giornali stranieri e si vedessero debitamente tradotte - perchè siamo dei somari me compreso in fatto di lingue straniere - le televisioni straniere, immediatamente gli italiani scoprirebbero sul loro paese un mondo inesplorato che hanno tutti i giorni sotto i loro occhi ma che nessuno è più in grado di mostrare e di descrivere con le parole giuste".


"Per questo io mi auguro che questo premio, al di là della enorme gratificazione personale che mi dà, serva a sottolineare a livello internazionale il caso italiano e che l´Europa si occupi dell´Italia non soltanto quando sfora dai parametri finanziari di Maastricht ma anche quando sfora dagli elementari parametri di decenza democratica di una democrazia liberale. Qualche anno fa all´inizio dell´avventura berlusconiana Montanelli disse: "Non mi preoccupano le epurazioni. Mi preoccupano i premi.  Perchè l´italiano è ancora più sensibile ai premi che non alle epurazioni." Ed aggiungeva: "In Italia non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi". Adesso comincia a scarseggiare un po` anche la libertà.


Grazie"

Marco Travaglio

(Il video completo del discorso di Marco Travaglio è visibile presso il link di kamina79




In chiusura alla cerimonia il presidente dell´associazione dei giornalisti tedeschi Michael Konken ha consegnato a Marco Travaglio il premio
per l´anno 2009 per la libertà di stampa:

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Michael Konken, presidente dell´associazione
dei giornalisti tedeschi, e Marco Travaglio


Gli studenti dell´undicesima classe del liceo Albert Einstein di Berlino hanno spiegato nel modo migliore perchè ritengano Marco Travaglio degno di essere premiato. Hanno imparato attraverso il suo lavoro un metodo critico per poter valutare le notizie che vengono presentate dai mass-media in modo da capire quanto all´interno della notizia resti del fatto e quanto sia opinione.  Gli studenti hanno sottolinenato anche il loro apprezzamento per lo stile con cui Travaglio riporta i fatti e con il quale affronta le difficoltà che incontrano i giornalisti non disposti a cedere alle lusinghe del potere.

Trovare studenti
di sedici-diciassette anni così sensibili ed attenti ai problemi dell´informazione è una cosa che lascia sempre piacevolmente sorpresi ma non è una rarità. È una speranza per i prossimi anni, perchè la situazione italiana è talmente compromessa da richiedere l´impegno delle prossime generazioni. Stiamo lasciando loro un debito molto pesante. Forse la soddisfazione più grande per Marco Travaglio durante la premiazione a Berlino è stata proprio quella di ascoltare e parlare con questi giovani, vedere i risultati del proprio impegno dal vivo ed avere la conferma che vale davvero la pena di svolgere la professione di giornalista nel modo che si è scelto.




Il conferimento del premio per la difesa della libertà di stampa a Marco Travaglio è molto importante anche per un´altra ragione che è stata sottolineata da Michael Konken, presidente dell´associazione dei giornalisti tedeschi. Nelle edizioni del 2001 e del 2003 il premio era stato assegnato a giornalisti di paesi dove la libera informazione è stata repressa persino con la violenza e la reclusione in carcere. Premiando quest´anno un giornalista italiano l´associazione dei giornalisti tedeschi ha voluto dare un segnale molto forte e lanciare un allarme, sottolineando come la libertà di espressione sia pesantemente limitata in un paese come l´Italia che formalmente appartiene al consesso delle democrazie occidentali. La realtà è purtroppo molto diversa e gli esempi di informazione piegata al volere del principe riportati da Marco Travaglio lo dimostrano in modo molto chiaro. Non è escluso che l´esperimento italiano possa essere presto esportato in altri paesi "sviluppati" con lo scopo di limitare il diritto dei cittadini ad informarsi e a scegliere in modo consapevole.

Mentre i giornalisti tedeschi lanciano l´allarme su questo pericolo, le Istituzioni politiche tedesche e comunitarie sottovalutano pesantemente la gravità dei fatti e la degenerazione dell´informazione giornalistica e televisiva in Italia.


In Germania la stessa grave sottovalutazione da parte del parlamento e degli organi politici ha luogo per quanto riguarda la penetrazione della criminalità organizzata di origine italiana sul suolo tedesco. Giá nell´autunno 2006 un rapporto riservato dei servizi segreti tedeschi segnalava la `Ndrangheta come la più pericolosa organizzazione criminale attiva in Germania e riportava che parte dei proventi illeciti dell´associazione erano stati reinvestiti alla borsa di Francoforte per comprare azioni del gigante energetico russo GAZPROM. Il rapporto citava espressamente le infiltrazioni della `Ndrangheta nelle società e nelle istituzioni italiane:
«Ci sono segnali precisi che la mafia calabrese, attraverso la fornitura di cocaina a importanti artisti, intellettuali e politici italiani, sia riuscita ad annodare i suoi contatti fin dentro il Parlamento».
Nonostante questi precisi ed autorevoli segnali d´allarme, la legislazione antimafia tedesca si presenta gravemente inadeguata ad affrontare il fenomeno tanto che in Germania non è ancora previsto il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, come ricordato anche dalla giornalista del settimanale DIE ZEIT Petra Reski in una recente intervista di Daniele Martinelli per il BLOG di Beppe Grillo.


L´augurio è che il lavoro di giornalisti come Marco Travaglio e Petra Reski ed i segnali d´allarme lanciati dall´associazione dei giornalisti tedeschi e da altre fonti spingano le autorità politiche tedesche ed europee a muovere dei passi concreti sia per difendere la libertà di stampa in Europa che per fronteggiare in modo efficace la penetrazione della criminalità italiana oltreconfine. Attendere troppo può essere fatale come lo è già stato per l´Italia tanto per la riduzione ai minimi termi delle fonti di libera informazione che per la presa di possesso diretta da parte della borghesia mafiosa di parte delle Istituzioni.





Infine una nota personale per spiegare cosa unisce il lavoro di Marco Travaglio al sito www.19luglio1992.com. Sono ormai diversi anni che gli articoli di Travaglio insieme a quelli di altri giornalisti (pochi) ci aiutano a ricordare e a cercare di capire fino in fondo come è nata la seconda Repubblica, cioè sulla base di una trattativa tra Cosa Nostra e pezzi dello Stato siglata dalla strage di via D´Amelio in cui furono uccisi Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli ed Eddie Walter Cosina. L´accelerazione imposta alla fase esecutiva della strage da entità esterne a Cosa Nostra è stata un banco sul quale si sono rinsaldati e sono nati patti tra i vertici dell´organizzazione mafiosa ed alcuni referenti interni alle Istituzioni ed alla borghesia imprenditoriale mafiosa. Con il sangue di quella strage sono nati ricatti che hanno lanciato fulminee carriere all´interno del rimaneggiato quadro politico e degli apparati di sicurezza. Non si potrà mai capire come la situazione economica e politica in Italia sia potuta cadere così in basso senza far piena luce su questi accordi scellerati. Si sta svuotando la Costituzione dall´interno proprio a partire dal contesto delle stragi del 1992-93 e questo tocca in modo diretto la vita ed il lavoro di ciascuno di noi.

Per decifrare lo scenario in cui sono maturate quelle stragi è necessario uno sforzo collettivo da parte di più soggetti. "La partita è ancora aperta", gridò Paolo Borsellino poche ore prima di morire di fronte ad individui che fecero di tutto per bloccare il suo lavoro e non fecero quanto dovuto per garantire la sua sicurezza. Una minoranza di magistrati e membri delle forze dell´ordine ha fatto e sta facendo tutto il possibile per fare Giustizia, ma viene ostacolata da altri individui che grazie a quei ricatti occupano abusivamente le Istituzioni ed hanno solo da temere dalla verità. Per questo è fondamentale l´impegno di ciascuno di noi. I giornalisti svolgono un ruolo molto importante perchè sono il canale attraverso il quale i cittadini possono informarsi, valutare e scegliere come agire.

Marco Travaglio ha dato un contributo decisamente significativo a questa ricerca della verità per tutti gli ultimi quindici anni. Si tratta di un lavoro che passa attraverso più libri ed articoli. In questa sede vogliamo ricordare in particolare il libro Intoccabili scritto da Travaglio insieme a Saverio Lodato. Nell´introduzione Paolo Sylos Labini scrive:
"È importante che escano e circolino libri come questo. Perchè sono una delle poche armi che ci rimangono per trovare o rinfocolare il coraggio di combattere. È l´informazione particolareggiata dei fatti che dà coraggio. Solo la verità può rendere liberi quanti oggi non vogliono essere servi, ma finiscono per esserlo inconsapevolmente, col torpore rassegnato che li paralizza... Fino ad Andreotti lo Stato conviveva con la mafia. Oggi, con i Berlusconi e Dell´Utri, dei quali anche questo libro dimostra inoppugnabilmente i legami con la mafia, è peggio di prima, peggio di sempre: dalla convivenza siamo passati all´alleanza... Per preparare la battaglia, bisogna conoscere. È fondamentale l´informazione. L´attacco va portato con fatti inoppugnabili e documentati. Come quelli raccontati in questo libro, che ci aiuta a capire da chi e come siamo stati e siamo governati."
Numerosi articoli di Travaglio sono stati utili per conoscere questi temi. Tra questi ricordiamo "Via D´Amelio Tours" del 20 luglio 2007 (L´Unità) in cui Travaglio riprendeva anche la prima lettera aperta di Salvatore Borsellino "19 luglio 1992: una strage di stato" (15 luglio 2007).  Oppure l´articolo "Contrada, il Dottor morte" del 28 dicembre 2007 (L´UNITÀ) scritto nei giorni in cui l´allora ministro di grazia e giustizia Clemente Mastella stava appoggiando a tempo di record l´iter per la richiesta di grazia sollecitata dall´avvocato Giuseppe Lipera per Bruno Contrada, ex-funzionario di Polizia già condannato in via definitiva a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. L´iter fu poi bloccato dal presidente Giorgio Napolitano anche grazie alla ferma opposizione dei fratelli Rita e Salvatore Borsellino. In quegli stessi giorni a cavallo della fine di anno 2007 Travaglio scrisse altri tre articoli (I, II, III, 12 gennaio 2008) sempre per L´UNITÀ, con un´approfondita analisi delle motivazioni della sentenza di condanna di Contrada, dando un grosso contributo a demolire la campagna di disinformazione che presenteva Contrada condannato sulla base dei soli contributi di collaboratori di giustizia mentre numerose altre sono le dichiarazioni di semplici testimoni e le prove in base alle quali è stato condannato.
Infine vanno ricordati gli articoli di Marco Travaglio scritti per la rivista MicroMega e tra questi ad esempio il fascicolo allegato al numero 1-2009 in cui Travaglio riporta gli atti del dibattimento in corso a Palermo del processo che vede imputati il generale Mario Mori ed il maggiore Mauro Obinu per il reato di favoreggiamento con aggravante mafiosa, in quanto i due ufficiali dei carabinieri sono sospettati di aver favorito la latitanza del capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano omettendo di catturarlo nei dintorni di Mezzojuso (PA) il 31 ottobre 1995.

Per questo fondamentale contributo per conoscere quanto è stato accertato sulle responsabilità dei mandanti ed esecutori della strage di via D´Amelio e per il costante impegno a chiarire come quella strage, l´organizzazione Cosa Nostra ed i suoi referenti esterni all´associazione abbiano influenzato e piegato il libero esercizio della democrazia in Italia ringraziamo di cuore Marco Travaglio.



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Marco Travaglio assieme agli studenti ed all´ insegnante dell´undicesima classe
del liceo Albert Einstein di Berlino



LINK:

L´intervista del giornalista Rino Pellino a Marco Travaglio per RAInews24:

[youtube:www.youtube.com/watch?v=rqlNL6zFxeQ]


 

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Gianluca Vacca   |2009-06-03 00:00:07
Chissà quanti premi ha vinto Bruno Vespa, o Riotta, o Belpietro....

Povera
Italia.

Sono contento per Travaglio.

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