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Chi uccise il giudice Borsellino? PDF Stampa E-mail
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Scritto da Miguel Mora (EL PAIS)   
Venerdì 31 Luglio 2009 15:06
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Totò Riina gesticola dietro alle sbarre durante
il suo processo a Roma nel 1993 (Fonte AP)

 
Il "capo" Totò Riina rompe 17 anni di silenzio dal carcere e conferma i sospetti sui servizi segreti.

Roma - Il 19 luglio del 1992, il giudice antimafia Paolo Borsellino fu assassinato insieme a cinque uomini della scorta con un'autobomba caricata con 100 chili di dinamite. La bomba esplose in via Mariano D' amelio a Palermo, quando il magistrato stava andando a visitare sua madre. Due mesi prima, e solo alcuni giorni dopo l'assassinio del suo amico e collega Giovanni Falcone, Borsellino aveva parlato in una intervista alla Rai delle relazioni tra Cosa Nostra e alcuni industriali di Milano, citando i nomi di Marcello Dell' Utri, condannato in seguito per associazione mafiosa, e Silvio Berlusconi, capo e socio politico del precedente.
Adesso, 17 anni dopo la sua morte, i magistrati siciliani hanno riaperto il caso dopo il ritrovamento di documenti e testimoni che indicano che la mafia eseguì la strage in alleanza con i servizi segreti.
 
Il capo dei capi, Totò Riina, detenuto nel carcere di Opera (Toscana) e condannato all'ergastolo per, tra gli altri, l'omicidio di Falcone e Borsellino, ha appena rotto un silenzio di 17 anni e ha confermato questa versione. Informato dai giornali della nuova direzione delle indagini giudiziarie, il padrino di Corleone sabato ha detto con foga al suo avvocato la sua verità: "Lo uccisero loro", ha affermato. E ha aggiunto: "Non guardate sempre e solo a me, guardatevi anche voi quello che avete dentro".

Nella traduzione del suo avvocato, Luca Cianferoni, Riina afferma che l'uccisione di Borsellino fu un crimine di Stato. L'affermazione rafforza i sospetti delle procure di Caltanissetta e Palermo, che hanno riaperto un'indagine che sembrava sepolta grazie alle rivelazioni di due nuovi pentiti, Giovanni Brusca e, soprattutto, Massimo Ciancimino.

Il secondo è il figlio del capo defunto e detenuto don Vito Ciancimino, un corleonese che fu sindaco demoscristiano (corrente andreottiana) di Palermo negli anni settanta, e che, stando a quanto ha rivelato il recente libro Vaticano S.P.A., del giornalista Gianluigi Nuzzi, riceveva denaro dalla mafia tramite l'Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca vaticana.

Durante il suo mandato, Don Vito costruì una Palermo di sana pianta e si portò nella tomba un tesoro di milioni di euro. Accusato di riciclaggio di questa fortuna, Ciancimino junior ha tentato di cavarsela confessando l'origine di alcuni documenti cruciali che custodiva suo padre.

In uno di questi, che risulta strappato nella sua metà superiore, Cosa Nostra minacciava Silvio Berlusconi "con un luttuoso evento" (il sequestro di uno dei suoi figli) se non avesse messo a disposizione un canale televisivo che curasse i suoi interessi. Secondo Ciancimino, la nota fu scritta dal capo Bernardo Provenzano, sebbene egli l'avesse vista intera e non strappata: "In questa storia c'è qualcosa più grande di me" ha detto, aggiungendo che Provenzano inviò a Berlusconi altre due lettere, tramite suo padre e Dell' Utri.

Altro del contenuto dei documenti, che Ciancimino attribuisce allo stesso Riina, proverebbe che l'omicidio di Borsellino fu conseguenza di una trattativa tra la mafia e due capi dei servizi segreti.

Riina, con la credibilità che si può dare al mafioso più spietato e sanguinoso della storia, non ha tardato neppure 48 ore per apparire in scena: ha negato che fosse lui colui che trattò con lo Stato, però ha detto che questa trattativa ci fu e che i negoziatori furono gli assassini.

Anche i fratelli del giudice Borsellino credono a questa versione, che è sempre stata qualcosa simile a un segreto aperto. Sabato, Rita e Salvatore Borsellino hanno diretto una manifestazione di protesta che è terminata di fronte al Castello Utveggio, sede palermitana dei servizi segreti.

"Oggi, finalmente, dopo anni oscuri la lotta che stanno facendo le procure di Caltanissetta e Palermo va finalmente nella giusta direzione", ha detto Salvatore Borsellino.

Al grido di "Resistenza, l'agenda rossa esiste", circa 300 persone hanno preteso che compaia l'agenda rossa di Paolo Borsellino. L'agenda conteneva quello che il giudice sapeva. Si ritiene che fu raccolta da un carabiniere il giorno della strage. Nessuno ha avuto più notizie di entrambi da allora.

Rita Borsellino, eurodeputata per il Partito Democratico, si domanda perchè tutte queste piste vengano alla luce 17 anni dopo. "Ho molti dubbi, però non accuso nessuno", dice.

Si conoscerà un giorno la verità, o le verità? Questa domenica la manifestazione dell'anniversario è stata rivelatrice. È venuta a fatica qualche persona, e non si è visto un solo politico nazionale. L'unico rappresentante dello Stato è stato il procuratore antimafia, Piero Grasso. E il lavoro non gli manca. Il pentito Ciancimino ha dichiarato in televisione: "Ho paura, certo che ho paura. Ogni volta che parlo, Riina esce dal suo nascondiglio".


Miguel Mora (
EL PAIS, 19 luglio 2009)

Traduzione a cura di Valentina Culcasi

 


Quién mató al juez Borsellino?

El 'capo' Totò Riina rompe 17 años de silencio desde la cárcel y confirma las sospechas sobre los servicios secretos


Roma - El 19 de julio de 1992, el juez antimafia Paolo Borsellino fue asesinado junto a sus cinco escoltas por un coche bomba cargado con 100 kilos de dinamita. La bomba explotó en la vía Mariano D'Amelio de Palermo, cuando el magistrado iba a visitar a su madre. Dos meses antes, y sólo algunos días después del asesinato de su amigo y colega Giovanni Falcone, Borsellino había hablado en una entrevista a la RAI de las relaciones entre Cosa Nostra y los industriales de Milán, citando los nombres de Marcello Dell'Utri, condenado después por asociación mafiosa, y Silvio Berlusconi, jefe y socio político del anterior. Ahora, 17 años después de su muerte, los magistrados sicilianos han reabierto el caso tras hallar documentos y testimonios que indican que la mafia ejecutó la matanza en alianza con los servicios secretos.

El capo dei capi, Totò Riina, preso en la cárcel de Opera (Toscana) y condenado a cadena perpetua por, entre otros, los asesinatos de Falcone y Borsellino, acaba de romper un hermetismo de 17 años y ha confirmado esa versión. Informado por los periódicos del nuevo rumbo de la investigación judicial, el padrino de Corleone le espetó el sábado a su abogado su verdad: "Lo mataron ellos", dijo. Y añadió: "No miréis siempre sólo a mí, mirad también vosotros lo que tenéis dentro".

En traducción de su letrado, Luca Cianferoni, Riina afirma que el asesinato de Borsellino fue un crimen de Estado. La afirmación refuerza las sospechas de las fiscalías de Caltanissetta y Palermo, que han reabierto una investigación que parecía sepultada gracias a las revelaciones de dos nuevos arrepentidos, Giovanni Brusca y, sobre todo, Massimo Ciancimino.

El segundo es el hijo del capo difunto y convicto don Vito Ciancimino, un corleonés que fue alcalde democristiano (corriente andreottista) de Palermo en los años setenta, y que, según ha revelado el reciente libro Vaticano S.P.A, del periodista Gianluigi Nuzzi, recibía el dinero de la mafia a través del Instituto para las Obras de Religión (IOR), el banco vaticano.

Durante su mandato, Don Vito construyó una Palermo de nueva planta y se llevó a la tumba un tesoro de millones de euros. Acusado del reciclaje de esa fortuna, Ciancimino júnior ha intentado zafarse confesando el origen de algunos papeles cruciales que custodiaba su padre.

En uno de ellos, que al parecer está rasgado en su mitad superior, Cosa Nostra amenazaba a Silvio Berlusconi con un "luctuoso evento" (el secuestro de uno de sus hijos) si no ponía a su disposición un canal de televisión que cuidara de sus intereses. Según Ciancimino, la nota fue escrita por el capo Bernardo Provenzano, aunque él la había visto entera y no rota: "En esta historia hay algo más grande que yo", ha dicho, añadiendo que Provenzano envió a Berlusconi dos cartas más, a través de su padre y de Dell'Utri.

Otro de los papeles, que Ciancimino atribuye al mismísimo Riina, probaría que el asesinato de Borsellino fue consecuencia de una negociación entre la mafia y dos jefes de los servicios secretos.

Riina, con la credibilidad que se pueda dar al mafioso más despiadado y sangriento de la historia, no ha tardado ni 48 horas en salir a escena: ha negado que fuera él quien trató con el Estado, pero ha dicho que esa negociación existió y que los negociadores fueron los asesinos.

Los hermanos del juez Borsellino creen también esa versión, que siempre ha sido algo así como un secreto a voces. El sábado, Rita y Salvatore Borsellino encabezaron una manifestación de protesta que terminó frente al Castillo Utvegio, sede palermitana de los servicios secretos.

"Hoy, por fin, después de años de tinieblas la lucha que están realizando las fiscalías de Caltanissetta y Palermo va por fin por el camino justo", dijo Salvatore Borsellino.

Al grito de "Resistencia, la agenda roja existe", unas 300 personas exigieron que aparezca el cuaderno rojo de Paolo Borsellino. La libreta contenía lo que el juez sabía. Se cree que fue recogida por un carabinero el día de la matanza. Nadie ha tenido noticias de ambos desde entonces.

Rita Borsellino, eurodiputada por el Partido Democrático, se pregunta por qué todas estas pistas salen a la luz 17 años después. "Tengo muchas dudas, pero no acuso a nadie", dice.

Se conocerá algún día la verdad, o las verdades? Este domingo, la manifestación del aniversario ha sido reveladora. No ha acudido apenas gente, y no se ha visto a un solo político nacional. El único representante del Estado ha sido el fiscal antimafia, Piero Grasso. Y eso que trabajo no le falta. El pentito (arrepentido) Ciancimino ha declarado en televisión: "Tengo miedo, claro que tengo miedo. Cada vez que hablo, Riina sale del escondrijo".


Miguel Mora


 





 

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Dcampo  - GRASSO????   |2009-07-31 19:07:39
Non concordo su Grasso.....
vannlora  - Manifestazione "ufficiale   |2009-07-31 19:30:44
Probabilmente si riferisce alla manifestazione commemorativa ufficiale, non a
quella in via D'Amelio.
Shiloh   |2009-07-31 22:35:27
Buona sera gente. :)

C'è niente in programma sulla questione Copasir?
Sono
previste iniziative o lasciamo che gli eventi evolvano?

Luciana
salvatore   |2009-08-01 15:51:58
Cara Luciana, a Settembre vorremmo organizzare a Roma qualcosa tipo 'piazza
Farnese' ma di sabato e nel primo pomeriggio. La posizione centrale di Roma e la
giornata non lavorativa dovrebbe permettere l'arrivo di gente anche da altre
città d'Italia. E' necessario che ci si coordini tra i vari nuclei di
resistenza poiù attivi in Italia per organizzare qualcosa tipo i giorni di
Palermo, con gente che arrivi da ogni parte. Bisogna cominciare ad agire già
dalla seconda metà di Agosto.
Christina P   |2009-08-01 23:40:34
Caro Salvatore, cara Luciana, cari tutti,
sono presente e pronta per iniziare
ad organizzare uno dei nuclei marchigiani!
Un caloroso abbraccio.
Christina
Francesco Grasso   |2009-08-02 10:57:28
Carissimi Salvatore e Christina,apprendo con immenso piacere dei propositi di
organizzare a Roma qualcosa "tipo piazza Farnese" !!!! Spero proprio di
poervi incontrare. VIVA L'ITALIA.
un caro abbraccio
Franco
Maria Teresa   |2009-08-03 20:42:22
Caro Salvatore, condivido l’iniziativa perché oggi, più che mai, occorre non
demordere e continuare il percorso di lotta e di “resistenza” iniziato a
Palermo. Io ci sarò.
Penso, inoltre, che sarebbe opportuno dare, all’interno
della manifestazione, spazio e voce anche al caso dell’ex Procuratore di
Salerno Luigi Apicella. Non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo. Non possiamo e
non dobbiamo lasciarlo solo. Dobbiamo rompere il silenzio che lo circonda.

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