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L'election day è cosa loro PDF Stampa E-mail
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Scritto da Pietro Orsatti   
Domenica 02 Agosto 2009 09:25

A Palermo è iniziato il braccio di ferro per conquistare la commissione provinciale della mafia. Una gara mortale. Perché chi controlla il capoluogo, comanda tutti i clan


Si è aperta, a Palermo, una strana campagna elettorale. Una kermesse che non riguarda i destini dell’Mpa di Raffaele Lombardo, tantomeno quelli dell’Udc di Totò “vasa vasa” Cuffaro. Anzi, più che strana è una campagna pericolosa, se non addirittura mortale. Il ricambio non va cercato nella politica ma nella criminalità. E la corsa fra i contendenti è per la conquista della commissione provinciale di Palermo di Cosa nostra. E chi conquista Palermo, lo sa bene chi ha detenuto finora questo “incarico”, ovvero il corleonese Totò Riina, controlla la mafia nel suo insieme. Palermo è il centro del potere mafioso, il prestigio dovuto al suo controllo consente a chi lo possiede di dettare legge a tutta l’organizzazione. Per ottenere questo potere sono state combattute due guerre di mafia (una negli anni Sessanta, l’altra dalla fine degli anni Settanta fino al maxi processo) con centinaia di morti.

Ad aprire questa nuova fase storica della struttura criminale potrebbe essere stato lo stesso Riina, con le recentissime dichiarazioni rilasciate alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio e poi con il successivo interrogatorio nel carcere di Opera, dopo quasi quindici anni di silenzio, condotto dai magistrati di Caltanissetta. Come ha dichiarato recentemente l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli (e non solo lui), non è nel significato letterale delle parole di Riina che va cercato il messaggio che il “capo dei capi” ha voluto lanciare all’esterno del carcere. È nella stessa volontà di voler rompere il silenzio che si nasconde il possibile contenuto. È nel parlare da capo di Cosa nostra che si può individuare il destinatario del suo messaggio, ovvero gli affiliati alla sua organizzazione. Dopo sedici anni di detenzione, l’arresto di centinaia di “big” e di insospettabili, la stretta sul territorio da parte dello Stato e l’apparente “sorpasso” da parte di organizzazioni rivali come le ’ndrine e la camorra nel controllo militare e finanziario delle attività criminale proprie delle mafie, Riina sembra voler annunciare il suo “ritiro”, o quantomeno il suo “via libera”, e l’apertura di una fase di riorganizzazione che superi, se possibile, il potere che rappresentarono per quasi trent’anni i corleonesi.


Certo, stiamo parlando di ipotesi ma che si fondano comunque su dei fatti. È un fatto che già due tentativi, di cui uno evidentemente militare, di superare Riina ci siano stati. Il primo quello dei Lo Piccolo, conclusosi con il loro arresto nel 2006 e con l’operazione “Gotha”, il secondo quello emerso alla fine dello scorso anno con l’operazione “Perseo”. In entrambi il superamento della strategia dei corleonesi era evidente, individuabile anche nel parziale coinvolgimento delle famiglie sconfitte (e in gran parte decimate) da Riina: i fuggiti, gli “americani”. Nel primo tentativo di riorganizzazione pesò anche il “non intervento” dell’ex sodale di Riina, Binnu Provenzano. Lo stesso Borsellino prima di morire aveva rivelato come i due corleonesi non fossero più in sintonia e che anzi si stesse per scatenare un conflitto fra i due. Risulterebbe perfino (dalla pentita Giusi Vitale) che Riina dal carcere, anni dopo, ordinasse l’eliminazione di Provenzano reo proprio di non opporsi al ritorno degli sconfitti in Sicilia. Un altro fatto è che, dopo più di cinque anni di “scaramucce”, i due latitanti di rango, Matteo Messina Denaro nel trapanese e Domenico Raccuglia nel palermitano, siano arrivati se non alla pace almeno a una tregua armata e che la figura del “veterinario”, così è soprannominato Raccuglia, abbia assunto un ruolo fondamentale nel possibile riordino delle cose di Palermo. Anzi, di più. È probabile, questo anche il timore degli inquirenti, che Raccuglia sia già da tempo, silenziosamente, un riferimento di una buona parte delle attività economiche legate alla mafia in città, sconfinando così dal territorio di sua diretta competenza (Altofonte, Borgetto, Partinico). Ed è proprio in questa zona, il triangolo che da Punta Raisi va fino a Corleone e poi giù quasi al confine con il territorio di Messina Denaro, nel trapanese, che si starebbe giocando il futuro dell’organizzazione di Cosa nostra e di come l’abbiamo conosciuta finora. E anche qui i fatti ci vengono in aiuto: tentati omicidi, assassinii, attentati, danneggiamenti, intimidazioni che si moltiplicano e si fanno sempre più frequenti. Da queste parti le campagne elettorali della mafia si fanno con benzina e pistola. E con un territorio devastato da atti di violenza. Escalation che sembra essersi incrudita anche al ritorno di una delle famiglie più violente dell’era corleonese, quella dei Vitale (i famigerati Fardazza), di cui alcuni suoi esponenti giunti alla fine di pene detentive dure ora sono tornati a casa. Chiedendo, probabilmente, la restituzione di quello che hanno perduto negli anni.


È Michele Vitale a essere giunto, dopo dieci anni, a fine pena. I suoi fratelli Vito e Leonardo sono stati condannati a svariati ergastoli, lui solo per associazione mafiosa. Nessuna prova di omicidi efferati. Quindi o una seconda linea o uno “più furbo”, come temono osservatori e inquirenti. Intanto il nipote di Michele, lo stesso che aggredì il giornalista Pino Maniaci a Partinico, è stato rinviato a giudizio per tentato omicidio proprio per questo caso. Il clan è in fibrillazione, è inaccettabile che il rampollo della famiglia rischi dai 10 ai 15 anni di carcere, e il clima nella città della provincia palermitana è ovviamente arroventato. Non è solo uno dei Fradazza storici a essere tornato a casa. Sarebbe stato segnalato nel territorio anche Salvatore Bagliesi, cugino di Michele, latitante sfuggito alla cattura proprio mentre si leggeva la sua sentenza all’ergastolo per omicidio nel processo Aldoisi. Si teme che il latitante stia cercando di incontrare Michele Vitale e accordarsi con lui per la rinascita della famiglia Fradazza. Se il tentativo andasse in porto probabilmente i clan che hanno occupato gli spazi lasciati liberi dai numerosi arresti degli ultimi anni entrerebbero in conflitto diretto con la famiglia che tradizionalmente ha retto il mandamento di Partinico. E a casa, o meglio in clinica privata, è tornato anche il capo del mandamento di Borgetto (dove in sua assenza dovrebbero comandare gli “Stagnalesi”, altro clan che avrebbe aperto recentemente agli “americani”), Nicolò Salto, sfuggito a un agguato a novembre scorso ma ancora sofferente per le ferite subite in quell’occasione, e in seguito arrestato per impedire che si scatenasse una piccola guerra sul posto per il riequilibrio del mandamento. È qui per anni che si è nascosto Raccuglia, e Salto è stato probabilmente il suo punto di riferimento, la sua garanzia nella latitanza. A complicare ancora di più le cose, c’è la situazione che si starebbe aggravando attorno a Maniaci e alla sua emittente TeleJato. È ormai assodato che ci sia stata, e forse perdura, l’intenzione di eliminare la voce eretica della tv locale. A raccontare come i clan fra Terrasini, Carini, Cinisi, Partinico e Borgetto avessero dato l’assenso all’omicidio, sarebbe il neo pentito Francesco Briguglio, che si sarebbe anche accusato di essere egli stesso incaricato dell’affare. È qui, in questo clima tesissimo, che si gioca probabilmente il futuro prossimo della commissione provinciale di Palermo di Cosa nostra. È qui, dove ci sono uomini, armi e volontà, in questo territorio grigio della profonda provincia palermitana. Si aspettava solo un segnale, e forse Riina, parlando dopo 15 anni di silenzio, lo ha dato.


Pietro Orsatti (Fonte: il
BLOG di Pietro Orsatti e Left-Avvenimenti, 1 agosto 2009)

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Giovanni  - Finanziamenti in arrivo per l'Election Day   |2009-08-02 14:06:03
Per consentire il regolare e sereno svolgimento dell'election day sono in arrivo
4,5 miliardi di euro e come ciliegina sulla torta la legge sulle
intercettazioni.

P.S: Working progress! ....non disturbate i manovratori
aleale   |2009-08-02 15:06:21
Massimo Ciancimino,in questi ultimi giorni ha detto cose interessanti,quello che
mi chiedo io è se le cose sono andate veramente cosi' e cioè che i carabinieri
dei Ros capitanati dal generale Mori dopo la strage di Capaci vanno a
collaborare con Ciancimino,che cosa si può pensare di gente come Mori?Di sicuro
non si possono pensare cose belle.E poi perchè Luciano Violante ha parlato solo
adesso con i magistrati di Palermo che Mori gli disse per ben tre volte che
c'era Ciancimino che voleva parlare con lui privatamente?Violante non poteva
renderlo pubblico e denunciarlo a quell'epoca?E poi chi sono questi politici che
hanno voluto a tutti i costi questa trattativa che sembra probabilmente sia
partita dopo la Strage di Capaci?E se c'erano delle carte compromettenti nel
covo di Riina che poi non è stato perquisito dai Carabinieri?

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