Increase Font Size Option 6 Reset Font Size Option 6 Decrease Font Size Option 6
Home Documenti Un boss della mafia rompe il silenzio su un omicidio
Un boss della mafia rompe il silenzio su un omicidio PDF Stampa E-mail
Documenti - Altri documenti
Scritto da Jeff Israely (TIME)   
Mercoledì 05 Agosto 2009 23:04

alt
Il capo dei capi della Mafia Totò Riina prende parte ad un processo in Calabria (Italia) nel 1994
Fonte: Pier Silvio Ongaro/Sygma/Corbis


Roma - Ogni anno, gli italiani prendono parte ad una commemorazione di mezz’estate per onorare le vittime della Mafia e denunciare apertamente il flagello
del crimine organizzato. Da Palermo a Torino, politici, capi della Chiesa e gruppi di giovani si raccolgono per ricordare l’omicidio del 19 luglio 1992 del magistrato anti-mafia Paolo Borsellino, che fu ucciso insieme a cinque agenti di scorta in un attentato con autobomba meticolosamente pianificato all’esterno dell’appartamento di sua madre nel capoluogo siciliano.

 

In occasione dell’anniversario di quest’anno, una delle voci più improbabili si è pronunciata. Salvatore (Totò) Riina, il noto ex capo dei capi della Mafia, ha rotto il suo silenzio dalla sua cella di prigione vicino a Milano, dove sta scontando l’ergastolo per dozzine di omicidi, inclusa la pianificazione dell’assassinio di Borsellino e di quello avvenuto tre mesi prima di un altro magistrato siciliano combattente, Giovanni Falcone. (Vedi le foto della vita in Italia).

Riina, che ha guidato la sanguinaria presa di potere della Mafia da parte della fazione corleonese nei primi anni ottanta, non ha mai fatto alle autorità niente di più che una vaga (ed indecifrabile) allusione al crimine dal momento del suo arresto a Palermo un anno dopo l’omicidio Borsellino. Anche il suo compagno di lunga data nel crimine e successore come capo dei capi, Bernardo Provenzano, è rimasto silenzioso dal tempo della sua cattura vicino a Corleone, nel 2006. Conosciuta come Cosa Nostra, la mafia siciliana ha mantenuto a lungo potere sull’isola (ed oltre) grazie all’aiuto dell’omertà, un voto di silenzio e rifiuto assoluto di cooperare con le autorità. Molti si aspettavano che Riina, settantottenne, si portasse i suoi segreti nella tomba.

 

Ma alcuni tra i principali quotidiani italiani hanno riportato che in due distinte occasioni nelle ultime settimane, Riina ha rincarato su questioni aperte che circondano l’assassinio di Borsellino. La sua decisione a sorpresa di parlare arriva quando gli inquirenti di Caltanissetta, nella Sicilia centrale, hanno riaperto un’indagine su persistenti sospetti che membri dei servizi segreti italiani abbiano potuto giocare un ruolo nel complotto del luglio 1992. Riina, comunicando nel tipico linguaggio obliquo dei mafiosi, ha autorizzato il suo avvocato a passare ai giornalisti le sue dichiarazioni che infatti chiamano in causa il coinvolgimento dello Stato. Dalla sua sede di Firenze l’avvocato Luca Cianferoni ha detto  il 19 luglio al giornale La Repubblica quello che Riina ha affermato, “L’hanno ammazzato loro”, facendo riferimento alle autorità italiane. “Non guardate sempre e solo me. Guardatevi dentro anche voi.”

La fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 furono in Italia un periodo tumultuoso. Gli scandali delle tangenti alla fine rovesciarono buona parte della classe politica del dopoguerra. In Sicilia, la corruzione politica si mescolò all’omicidio, allorquando gli assassinii di Falcone e Borsellino furono seguiti dalle bombe mortali di Cosa Nostra a Roma, Firenze e Milano. Alcuni esperti di mafia credono che la decisione dell’organizzazione di intraprendere la sua battaglia in continente fu una risposta alla rottura dei tentativi di vecchia data da parte di certe autorità di governo di negoziare una tregua con i capi dell’organizzazione. Difatti, dopo gli anni di Riina in latitanza, il suo arresto, in pieno giorno al centro di Palermo, fu in sé un segno per molti che qualcuno aveva giocato un doppio gioco.  (Leggi una storia di copertina di TIME sulla Mafia). 

Secondo i resoconti dei giornali, Riina ha detto poco e mantiene il suo voto di omertà offrendo pochi fatti concreti. Ma il vecchio boss chiaramente vuole influenzare l’indagine in corso e ha incontrato gli inquirenti ai quali, secondo quanto riportato, ha promesso di fornire una testimonianza più dettagliata sia sul caso Falcone che su quello Borsellino.


La riapertura
del caso Borsellino ha indotto anche altri a parlare. Diversi personaggi di spicco del governo italiano e delle forze dell’ordine coinvolti nei primi anni ’90 nelle indagini hanno dato la loro versione dei fatti nelle interviste. Si è pronunciato anche il figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, che era il referente politico locale del clan Corleonese. Massimo Ciancimino ha, secondo quanto riportato, rivelato una parte dei contenuti degli archivi segreti del suo defunto padre, con cui gli inquirenti sperano di poter contribuire alla risoluzione di una serie di misteri di Mafia, incluso il presunto ruolo dello Stato nell’omicidio Borsellino. (Leggi “Conosci la Mafia moderna”).


La Repubblica
ha inoltre riportato che due ex colleghi
del magistrato assassinato hanno raccontato agli inquirenti di un incontro con Borsellino a Palermo poco prima della sua morte durante il quale scoppiò in lacrime dicendo, “Un amico mi ha tradito, un amico mi ha tradito.”


Ma forse le dichiarazioni più significative provengono dalla famiglia della vittima. Dal momento dell’uccisione
del fratello, Salvatore Borsellino ha mantenuto il suo pregnante voto di silenzio. Ma dalla sua sede di Milano l’ingegnere si è pronunciato il 17 luglio in una video intervista sul sito internet del Corriere della Sera, un quotidiano con sede a Milano. Mostrando un’impressionante somiglianza con il suo congiunto trucidato, Borsellino dice di essere convinto che la mafia non ha agito da sola. “Mio fratello sapeva della trattativa tra la Mafia e lo Stato e questo è il motivo per cui è stato ucciso,” afferma Borsellino. “Ci furono delle autorità di governo che si adoperarono per preparare e portare a termine [l’assassinio].” La fine della storia di questo brutale capitolo nel passato dell’Italia non è nelle mani né dei familiari di Borsellino ancora in vita né dei suoi killer condannati, naturalmente, ma dei suoi successori nelle fila dei pubblici ministeri siciliani.



Jeff Israely (
TIME, 3 agosto 2009)

Traduzione a cura di Martina Di Gianfelice





alt


A Mafia Boss Breaks Silence on an Assassination

by Jeff Israely, Rome, 3 August 2009

 

Find this article at  http://www.time.com/time/world/article/0,8599,1914284,00.html



Comments:

Commenti
Cerca RSS
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!

3.26 Copyright (C) 2008 Compojoom.com / Copyright (C) 2007 Alain Georgette / Copyright (C) 2006 Frantisek Hliva. All rights reserved."