TUTTO normale. È questo che sembra essere il tempo e il modo di questa esecuzione di camorra. Normalità. Tutto normale scavalcare un morto per terra, tutto normale vedere un uomo che viene sparato alla testa e non far nulla, nemmeno gridare, o chiamare qualcuno. È tutto normale, non si corre, nessuno sente di dover far niente. La città è in guerra e si agisce come agiscono gli uomini in guerra ossia, strisciare, allontanarsi, non dare nell'occhio.
Porta a casa la pelle, il resto vale zero. L'inferno c'è ed esiste e sono quei cinque minuti ripresi da una telecamera installata a Napoli, in via Vergini, nel quartiere Sanità. Scienza non insolita a Napoli negli ultimi trent'anni. Non insolita per le persone che la vivono come un'eventualità, come assistere ad un litigio o ad un tamponamento. L'assassino, l'uomo che uccide, è persona tecnicamente abile; molto probabilmente è un uomo che ha già ucciso. Vede il suo obiettivo, entra senza problemi nel bar, si fa un giro poi esce e spara tre colpi, secchi, ravvicinati, a pochi centimetri dal corpo. I primi colpi sono più bassi, poi l'ultimo: il colpo di grazia.
Ogni camorrista quando non uccide paga personalmente l'errore; paga per aver lasciato in vita un condannato che diviene poi testimone. Per questo, basta dare uno sguardo ai referti necroscopici degli ammazzati dalla camorra negli ultimi dieci anni: quasi tutti vengono sparati in faccia o alla nuca, per avere la certezza della morte.
Esplosi i colpi, l'assassino va via con l'arma in mano, non la ripone perché sa bene che c'è il rischio che qualcuno possa rispondere al suo fuoco, e deve essere pronto a reagire. Non l'ha ucciso arrivando in moto come si fa in genere, e come sarebbe stato più comodo, questo forse denota che non è un killer del quartiere, che in zona non l'avrebbero riconosciuto e quindi non doveva scappare e nascondere il viso. E difatti il suo obiettivo non lo identifica come un camorrista, non si accorge della sua presenza. Questo video rivela un realtà quotidiana che per la prima volta viene chiaramente mostrata. Una prova che in maniera fin troppo chiara decostruisce completamente l'immaginario cinematografico dell'agguato. Non ci sono braccia tese a impugnare armi, non ci sono urla di minaccia, non c'è nessuno che sbraita e si dispera mentre all'impazzata interi caricatori vengono riversati sulla vittima inerme. Niente di tutto questo. La morte è fin troppo banale per essere credibile.
L'esecuzione è un gesto immediato, semplice, poco interessante, persino stupido. Ma è la banalità della scena, quella assurda serenità che la circonda e che sembra ovattarla e relegarla al piano dell'irrealtà, che mette in dubbio l'umanità dei presenti. Dopo aver visto queste immagini è difficile trovare giustificazioni per chi ritiene certi argomenti diffamatori per Napoli e per il Sud. Chi userà la cantilena che si esagera, che si parla sempre male di questa realtà. Ci saranno ancora quelli che diranno queste cose? Mille trattati e cento sentenze non valgono la freddezza con cui le persone riprese in quel video hanno osservato, davanti ai propri occhi, l'esecuzione a sangue freddo di un uomo. E' dietro l'angolo la solita accusa alla città codarda, alla città indifferente, come avvenne quando nella metropolitana di Montesanto la camorra, a sangue freddo, uccise l'innocente musicista rumeno Petru Birlandeanu.
È forse necessario spiegare cosa si prova in situazioni come queste? Credo di sì. Nel mezzo di una sparatoria o davanti a un killer freddo e spietato, l'unico sentimento che provi è paura. Ciò che hai dentro è la volontà di non essere identificato da un eventuale palo, che sai esserci. Non vuoi essere identificato come chi si sta accorgendo dell'accaduto e potrebbe, in quanto testimone, denunciare. Le dinamiche della paura in terra di mafia hanno sintassi complesse che non possono essere liquidate banalmente ed etichettate come codardia. Non è banale codardia ma qualcosa di peggio.
Non si chiama la polizia altrimenti a te verrebbe chiesto cosa hai visto, cosa sai. Si tende a non prendersi altri guai. E' autodifesa e terribile certezza che ormai la città è in mano loro. A morire, poi, è un uomo noto nel quartiere, non una brava persona e non uno sprovveduto, una persona che con molta probabilità girava con guardaspalle. Mariano Bacioterracino, svaligiatore di banche. Un crimine, questo, da sempre odioso a gran parte della criminalità organizzata campana, ma di cui l'enclave del quartiere Sanità, capeggiata da Giuseppe Misso, si serviva, invece, per accumulare denaro da reinvestire e che utilizzava persino come leva ideologica e sociale. In un quartiere estremamente popolare, dove meno di dieci giorni fa è morto il piccolo Elvis, intossicato dal monossido di carbonio proveniente dal braciere con cui, per estrema povertà, insieme a sua madre si riscaldava; in un quartiere dove i livelli di disagio sono altissimi, spacciarsi per moderni Robin Hood non è impresa ardua. E le rapine le usavano anche in questa sorta di finta redistribuzione di ricchezze, in realtà stipendi da dare ad affiliati.
E i moventi: per ora due le piste. L'omicidio di Gennaro Moccia avvenuto nel lontano 1987 e per cui Bacioterracino è stato assolto in secondo grado, e un movente passionale: avrebbe forse corteggiato la donna sbagliata. In entrambi i casi, ci troviamo di fronte a una vendetta messa in atto molti anni dopo, a riprova ancora una volta della longevità della memoria dei clan. Che non hanno perdonato Bacioterracino come sei anni fa, il 31 ottobre del 2003, non perdonarono Sebastiano Caterino, il boss del casertano che undici anni prima, nel 1992, aveva apertamente sfidato i casalesi di Francesco Schiavone Sandokan. Che non hanno perdonato l'innocente Domenico Noviello, l'imprenditore ucciso nel 2008 per aver denunciato nel 2001 le estorsioni subite dal clan dei casalesi, ucciso appena gli è stata tolta la scorta. Che non hanno dimenticato Antonio Salzillo, l'ultimo erede di Antonio Bardellino ancora rimasto in vita, e per questo freddato a marzo del 2009. La camorra ha una memoria infallibile.
Ma c'è qualcosa, questa volta, che potrebbe sconvolgere un meccanismo rodato, che funziona da sempre. Questo video potrebbe per la prima volta, oggi, cambiare gli eventi che seguono un omicidio di camorra, un regolamento di conti in cui nessuno deve mettere bocca. Potrebbe servire non semplicemente a mostrare una realtà di strada, a informare e incuriosire i lettori del Nord che non sono abituati a scene del genere. Questo video potrebbe servire a rintracciare il killer e a far sì che non sia più il singolo, ma più persone, un'intera comunità, un intero quartiere a identificare l'omicida e a decidere di denunciarlo. Non più una sola persona, enormemente coraggiosa e terribilmente sola, ma una moltitudine che decida di esporsi e denunciare. Sarebbe importante non tanto per rendere giustizia all'ennesimo criminale ucciso, quanto piuttosto per rendere giustizia a una realtà come quella napoletana che paga il prezzo più alto per queste esecuzioni.
Per ogni esecuzione di camorra, per ogni omicidio, Napoli perde dignità, credibilità, luce e serenità. E magari da questo video, pur nella sua atrocità, qualcosa di buono potrà venire. In futuro - e mi rivolgo ai lettori del centro e nord Italia - quando leggerete di queste storie, quando leggerete delle esecuzioni, quando sentirete parlare di sparatorie, invece di pensare che si stia parlando di periferie distanti e di vicende sconosciute, ricordatevi di queste immagini in modo che le parole, i fiumi di parole che schiere di giornalisti quotidianamente scrivono su queste vicende possano trovare concretezza nel vostro sguardo, nello sguardo di chi legge, uno sguardo che può chiedere di mantenere luce accesa su tutto questo.
È fondamentale comprendere che le organizzazioni criminali che in Campania, in Calabria e in Sicilia, negli ultimi trent'anni, hanno fatto più di diecimila morti, non sono un problema del Paese, ma sono il problema del Paese. Che ogni attimo dedicato ad altre vicende, ogni attimo che ci vede distratti da altre questioni, è un attimo concesso alle mafie.
Tirate le somme, questa vicenda ha una triste morale. Di fronte a queste immagini ti poni sempre la stessa domanda: quanto vale la vita di un uomo nella mia terra? E la risposta, tragicamente, la trovi in quelle persone che si allontanano dal cadavere con gesti quotidiani: la vita di un uomo nella mia terra non vale niente. Le denuncia del killer potrebbe essere l'unico modo di riscattare un'umanità ormai sempre più a suo agio nella disumanità cui è costretta e in cui sembra comodamente vivere.
Normal, it all appears normal. The mannerism, the motion of this execution by hand of the camorra is part of normality. It's natural to walk over a dead man lying on the ground, it's normal to see someone being shot in the head just like it's normal to keep silent and not react, it's normal not to scream or call for help. Nobody runs, because it's normal, nobody really feels they should be doing anything. The city is at war and people behave like men at war; they slither away, trying not to be noticed as they avert the scene.
Saving your life is all that matters, everything else means nothing. Hell exists. It's that five minute overhead shot taken by a video camera installed in Vergini Street, in Naples, in a neighborhood called Sanita'. A portrait of what has become a renowned science for Naples over the past thirty years. The picture is not unusual for those who live this reality like a contingency, as though they were witnessing an argument or watching two cars bumping in to each other. The killer, the man who physically commits the murder is an able technician who has probably killed before. He sights his target, casually enters the bar, takes a walk around and fires three cold shots just a few centimeters away from the man's body. The first shots hits the lower part of his body, the last one, finishes the job.
When a “camorrista” (person who belongs to mafia gang called camorra) fails to eliminate the person he was ordered to kill he personally pays for his mistake; he pays for having left his victim alive, a victim who then becomes a witness.
If we take a look at the autopsy reports of people killed by the camorra over the past ten years: nearly all the victims were shot in the face or behind the head, a method that assures instant death.
After the shooting , the killer leaves the scene. He is still holding the gun in his hand. He doesn't put it away. He knows very well that someone could be ready to shoot back and, he is ready for the possibility. Usually, the murderers shoot at their victims while passing by on a motorcycle. This is not the case. It could mean that the killer is a stranger in that neighborhood and that people would not recognize him consequently there is no need for him to flee or hide his face. As a matter of fact his target doesn't recognize him as a camorrista and is not aware of the presence of his killer. The video reveals a daily reality, a reality which is clearly shown to the world for the first time. A piece of evidence that completely demolishes the collective image of an execution as portrayed by the movie industry. Nobody yells out threats while pointing a gun, nobody screams in despair as fully loaded weapons are spilled on the victim. Nothing of all this happens. Death, is far to ordinary to be believable.
An execution is immediate, simple, of little interest, even stupid. It's the triviality of the scene, that absurd kind of serenity which embalms the event to makes it feel unreal, dreamlike. A question, a doubt arises: are the people moving around that dead body human? After having seen these images it is difficult to find a justification for those who believe such topics to be libelous for Naples and for southern Italy. Who will be able to state that it's all an exaggeration, that everyone always finds a reason to badmouth this reality? Will there still be people capable of such remarks? Not a thousand treaties or one hundred convictions have the power to speak like the coldness that breaks through the screen of the video as people going by witness, before their own eyes the cold blooded execution of a human being. Soon the city will be accused of cowardice, of indifference. It happened when an innocent Romanian musician, Petru Birlandeanu was killed in cold blood by the camorra in the subway of Montesanto.
Is it necessary to explain how one feels in such a situation? I think so. In the middle of a shoot out or when you're face to face with a cold, ruthless killer, the only thing you feel is fear. You're only wish is to avoid being identified by someone who may be watching, someone you know is there. You don't want to be identified as the person who sees what is happening and could therefore report everything as witness. The dynamics of fear on mafia territory are a complex language to decipher and cannot be liquidated as cowardice. It goes beyond simple cowardice, it's something much worse.
You don't call the police because it would mean revealing what you saw and what you know. People try to “stay out of trouble”. It's mechanism of self defense, a terrible certainty that states how nothing else can be done, the city is in their hands. The victim is a well known man in the neighborhood. He was not a good person neither was he an unwary soul. He probably moved around with a bodyguard. Mariano Bacioterracino was a bank thief. Organized crime in Campania has always despised this type of crime, however, Giuseppe Misso's gang of the Sanita' neighborhood used it to gather money to re – invest. It was furthermore used as an ideological and social lever on the citizens of an extremely poor fraction of the city where only ten days before little Elvis had passed away. An intoxication caused by the fumes of a stove used by the boy and his mother to warm themselves took his life. In a neighborhood like this it's not difficult to become the Robin Hood of the situation. The gang led people to believe that the robberies were necessary to equally distribute wealth and resources among the population when, in reality, they paid their gang members' wages.
Why was Bacioterracino killed? Two tracks are being followed at the moment. Gennaro Moccio's murder in 1987 for which Bacioterracino was absolved in second degree and a passional motive: perhaps he was courting the wrong woman. In both cases we are in front of a vendetta that goes back many years. This once again proves how mafia clans never forget. Bacioterracino had not been forgiven. Six years ago, on October 31st 2003,the same treatment had been reserved for a boss from Caserta, Sebastiano Caterino whom, eleven years earlier, in 1992 had openly challenged the casalese gang led by Francesco Schiavone nicknamed Sandokan. They did not forgive an innocent businessman, Domenico Noviello, killed in 2008 for having denounced the extortions he was suffering because of the casalese clan. Noviello was murdered right after his bodyguards were taken away. Antonio Salzillo was also executed for having been Antonio Bardellino's only remaining heir. The camorra has an infallible memory.
However, this time something has changed, something that could very well disrupt a mechanism, a mechanism which has functioned perfectly to this day. This video could, for the first time change the events that follow a camorra murder, a game in which people are forced to mind their own business. The video not only shows the reality of a poor southern italian neighborhood, it's purpose goes beyond informing curious northern italian readers who are not used to scenes like this one. This tape could help identify the killer, taking the onus off a single individual by placing it in the hands of a multitude of people, of an entire community, of an entire fraction who is now able to identify and denounce the murderer. It's no longer up to one brave and lonely person to speak as a witness. It is now a number of people who decide to expose themselves and press charges. The importance of such an accomplishment does not find comfort in the fact that justice would be rendered for the murder of yet another criminal; justice would come to Neopolitans, the people who pay the highest price for theses executions.
For every camorra execution, for every murder Naples loses dignity, credibility, light and serenity. Perhaps, the atrocity of this video will bring forth something good. In the future, – and I am speaking to all the readers from central and northern Italy – the next time you read stories like this, when you read about executions, when you hear someone talk about a shooting, instead of thinking of a far away fringe, of an unfamiliar incident, remember these images, take all these words, the stream of words that a countless number of journalists write every day around these events and materialize them in your vision of matters, a vision with the power to keep the lights pointed on all that tends to vanish.
It is essential for people to understand that organized crime operating in Campania, in Calabria and in Sicilia causing the death of over ten thousand people in the last thirty years, is not A problem of the country, it is THE problem of the country. Every moment devoted to other matters, every
issue that distracts us, is another instant we donate to mafia.
Draw your own conclusions, this story has a sad moral. In front of images like this you ask yourself the same question all the time: how much, is a man's life worth, in my own country? Tragically, the answer lies in the images of those people who walk away from a corpse on the ground to pursue their daily routines: in my homeland, a man's life is worth nothing. Should people denounce the killer, then, perhaps a way could be found to save a kind of humanity who is ever more comfortable in the inhuman lifestyle it seems to enjoy wallowing in.
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