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La strage di Pizzolungo PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Angelo Garavaglia Fragetta   
Sabato 14 Novembre 2009 11:56

Il Magistrato, il politico, la mafia, l'ammazzasentenze.

La strage di Pizzolungo
Carlo Palermo
Le interviste audio
La ricostruzione di Blu Notte
L'intervista a Margherita Asta
 

Pizzolungo (TP), 2 Aprile 1985, un'autobomba esplode per tentare di uccidere l'allora sostituto procuratore Carlo Palermo.
Muoiono dilaniati dall'espolsione invece una donna di 36 anni e i suoi due gemellini di 6 anni. Feriti, alcuni in modo grave, gli uomini della scorta.
Si ringrazia Francesca Cocchi per la bella intervista e la segnalazione, che ci aiutano a NON DIMENTICARE.
Il nostro saluto va a chi dopo quella strage è finito nell'oblio: Rosario di Maggio, Raffaele Mercurio, Salvatore La Porta, Antonio Ruggirello, Carlo Palermo e la famiglia Asta, la cui ormai unica sopravvissuta, Margherita,  si è dedicata alle attività dell'associazione antimafia Libera in provincia di Trapani.



Tratto da wikipedia:

"Con la strage di Pizzolungo la mafia intende uccidere il sostituto procuratore Carlo Palermo, trasferitosi da Trento a Trapani nel febbraio del 1985 per seguire le indagini su un traffico di armi.

La mattina del 2 aprile del 1985, poco dopo le 8:35, sulla strada statale che attraversa Pizzolungo, posizionata sul ciglio della strada statale, un'autobomba è pronta per l'attentato al sostituto procuratore Carlo Palermo che dalla casa dove alloggia a Bonagia si sta recando al palazzo di Giustizia di Trapani a bordo di una 132 blindata, seguito da una Fiat Ritmo di scorta non blindata. In prossimità dell'auto carica di tritolo l'auto di Carlo Palermo, supera una Volkswagen Scirocco guidata da Barbara Rizzo, 30 anni, che accompagna a scuola i figli Salvatore e Giuseppe Asta, gemelli di 6 anni. L'utilitaria si viene a trovare tra l'autobomba e la 132. L'autobomba viene fatta esplodere comunque, nella convinzione che sarebbe saltata in aria anche l'auto di Carlo Palermo.

L'utilitaria invece fa da scudo all'auto del sostituto procuratore che rimane solo ferito. Nella Scirocco esplosa muoiono dilaniati la donna e i due bambini. Il corpo squarciato della donna viene catapultato fuori dall'auto mentre i corpi a brandelli dei bambini finiscono dispersi molto più lontano. Sul muro di una palazzina a duecento metri di distanza una grossa macchia mostra dove è finito un corpicino irriconoscibile. Tra i soccorritori, giungono dalla vicina via Ariston il marito della donna, Nunzio Asta, con suo cognato ma anche la Scirocco è così ridotta in frammenti che sul luogo dell'attentato trovano solo la 132 e la Ritmo e i due non sospettano che i loro congiunti possano essere stati coinvolti nell'esplosione. Dopo l'arrivo della polizia e delle autoambulanze Nunzio Asta torna a casa e si reca in auto al lavoro nella sua officina. Poco dopo la polizia gli telefona per chiedergli il numero di targa dell'auto, senza aggiungere altro e Nunzio Asta scopre che una sua impiegata ha già verificato che i suoi figli non sono mai giunti a scuola.

Dei quattro agenti della scorta quelli sulla 132, l'autista Rosario di Maggio e Raffaele Mercurio, rimangono leggermente feriti mentre gli altri due vengono gravemente colpiti dalle schegge, Salvatore La Porta a un occhio e in diverse parti del corpo, Antonio Ruggirello alla testa. Dopo l'arrivo dei soccorsi e delle autopattuglie il giudice Palermo raggiunge in autostop il palazzo di Giustizia e qui i colleghi lo convincono a recarsi all'ospedale Sant'Antonio Abate dove viene sottoposto ad un esame audiometrico e ricoverato. Le indagini sull'attentato vengono condotti dal procuratore della Repubblica di Caltanissetta Sebastiano Patané.

Tra i sopravvissuti, Raffaele Di Mercurio, 36 anni all'epoca della strage, morì nel 1993 per una malattia cardiaca. Nello stesso anno muorì Nunzio Asta per problemi cardiaci (al tempo dell'attentato aveva già subito un intervento di by-pass): della famiglia Asta rimase solo la figlia maggiore Margherita, 11 anni al momento dell'attentato, che si è successivamente dedicata alle attività dell'associazione antimafia Libera in provincia di Trapani.

Nel 2004, in primo grado sono stati condannati Balduccio Di Maggio, Vincenzo Virga e Riina quali mandanti della strage. Per quanto riguarda gli esecutori, in primo e secondo grado sono stati condannati Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia. Ma la sentenza è stata cassata nel ’91 perché gli imputati non avrebbero commesso il fatto. Tra quei giudici c’era Corrado Carnevale" detto l'ammazzasentenze.

"Carlo Palermo diventò noto al grande pubblico quando, a Trento, aprì un'indagine su un ampio traffico di armi e droga che - per il tramite del finanziere Ferdinando Mach di Palmstein - coinvolse il segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi. Il sospetto fu che i traffici illeciti avvenissero con l'appoggio di alcuni esponenti politici, in cambio di finanziamenti illeciti. Oltre a Bettino Craxi, si tentò di coinvolgere nell'inchiesta pure il banchiere socialista (ma transitato anche in Rifondazione Comunista e PDCI) Nerio Nesi.

L'inchiesta dunque si concluse con un nulla di fatto e, dopo una fortissima reazione degli indagati e di Craxi in particolare, culminata in una denuncia al Consiglio Superiore della Magistratura il magistrato fu costretto a trasferirsi a Trapani dove continuò a indagare i traffici di armi e droga.

Nella città siciliana iniziò ad indagare sui traffici illeciti della mafia. Nel 1985 questa reagì e tentò di ucciderlo con un'autobomba a Pizzolungo. Il magistrato restò ferito, poiché al momento dell'esplosione l'auto del magistrato stava superando una vettura su cui si trovavano Barbara Asta e i suoi due piccoli gemelli Salvatore e Giuseppe, che morirono dilaniati, investiti in pieno dall'esplosione."


Francesca Cocchi per la rete due della Radio Televisione Svizzera ha incontrato i protagonisti dimenticati di quel "pezzo di storia"

 

"“La mia vita di magistrato è finita il 2 aprile 1985”. È toccante il racconto di Carlo Palermo che ricorda oggi l’attentato a cui scampò insieme ai quattro uomini della scorta ma che costò la vita a una madre e ai suoi due figli.
Il magistrato doveva morire. Le sue inchieste su un imponente traffico di stupefacenti erano troppo scomode. E la mafia schiacciò il pulsante una mattina qualsiasi a Pizzolungo, in provincia di Trapani. Da quel giorno molte vite sono state distrutte. Una mamma e i suoi gemellini sono morti, la loro famiglia devastata ma anche chi è sopravvissuto alla strage non è più lo stesso di prima. Chi è sopravvissuto ha pagato un carissimo prezzo e porta segni indelebili nell’animo e nel corpo.
Carlo Palermo lasciò la magistratura e convive con un enorme senso di colpa. Gli agenti di scorta, tra cui Antonino Ruggirello e Salvatore La Porta, furono declassati e dimenticati dalle istituzioni. Margherita Asta, l’altra figlia della donna uccisa e che all’epoca aveva solo dieci anni, ha ritrovato la forza di vivere lottando contro la mafia nell’associazione “Libera”.
E con i protagonisti di questa pagina di storia italiana ricordiamo che anche i sopravvissuti sono dei piccoli grandi eroi."





Da vedere anche l'estratto della trasmissione Blu Notte dedicata alla strage di Pizzolungo:
 




Riportiamo anche un'intervista di Margherita Asta sorella dei gemellini uccisi:
"Mio fratello, una macchia sul muro..."

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