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La parola “fine” alle battaglie di Pio La Torre PDF Stampa E-mail
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Scritto da Nando Dalla Chiesa   
Mercoledì 09 Dicembre 2009 10:45
altDunque il dono di Natale resterà sotto l’albero. La commissione bilancio della Camera ha respinto tutti gli emendamenti volti a neutralizzare lo sconcio del Senato: la scelta di mettere all’asta (e in certi casi di vendere perfino a trattativa privata) i beni confiscati alla mafia. La quale ringrazia e si agghinda per giungere alle aste con gli abiti della festa: “piccioli”, tanti piccioli in una mano, e minacce agli improvvidi concorrenti nell’altra. Signori si scende. Si chiude un’epoca, da Pio La Torre al milione di firme raccolte da Libera per un uso sociale dei beni confiscati. Il quadro non si presta a equivoci. É la prima legge in materia di mafia che il governo sforna dopo gli avvertimenti che vengono dalle file di Cosa Nostra. É la dimostrazione che non bisogna farsi intrappolare per tutti i mesi venturi dalle dichiarazioni di Spatuzza e far dipendere da quelle il giudizio sul governo. Il giudizio politico si dà prima di tutto sugli atti politici visibili. Che non sono gli arresti dei latitanti, da anni meritoriamente realizzati da magistratura e forze dell’ordine, indipendentemente dai governi. Ma sono le leggi. I comportamenti delle burocrazie e le circolari. Le dichiarazioni dei ministri e del presidente del consiglio.

E quindi non bisogna mai smettere di ricordare le tre irrinunciabili questioni su cui, sin dalle stragi, Cosa Nostra ha chiesto impegni precisi ai suoi interlocutori (e di cui abbiamo saputo ben prima che Gaspare Spatuzza spuntasse all’orizzonte): confische dei beni, uso dei “pentiti” e carcere duro. Sulle confische dei beni, il più è fatto. Basteranno tre mesi senza destinazione e via con l’asta. Fare scorrere quei tre mesi e poi piazzare sul mercato terre, immobili e imprese per la gioia del primo prestanome, sarà un gioco da ragazzi. Quanto ai pentiti, sta già dichiarando e chiedendo di cambiare la legge Umberto Bossi (è il vecchio consiglio di Vito Ciancimino: certe cose è meglio farle dire da altri). Sul carcere duro è in corso invece un’ambigua finzione: stabilizzato dalla legge ma svuotato dall’interno con ogni astuzia, stupidità o perfidia amministrativa. Su tutte e tre le “sue” questioni, insomma, Cosa Nostra va all’incasso.

Pretende di “far cassa” con le aste anche lo Stato, a beneficio – si dice – di giustizia e sicurezza. Ma è davvero questo lo scopo? Se lo fosse, tornerebbe sfrontatamente l’argomento dei “costi” economici della lotta alla mafia. Quanto costano le indagini, quanto le intercettazioni; quanto costa proteggere i collaboratori, quanto tenersi i beni. Un paese che ragiona così è un paese che si merita la mafia e forse in cuor suo la desidera. Ma il fatto è che lo stesso argomento del far cassa appare debole, debolissimo. I beni confiscati servono già ora a farci caserme (quanto costano allo Stato i terreni e gli immobili per le nuove?) a farci scuole o pensionati studenteschi (idem), a promuovere iniziative economiche dove non c’è lavoro legale (quanto costa il “trattamento” della devianza sociale? E quanto la disoccupazione?). Alla fine si scoprirà che l’operazione è in perdita, che il far “cassa” per la giustizia è un gioco di prestigio utile a occultare l’altro, più pericoloso gioco che si sta conducendo con un occhio a Torino e l’altro a Palermo.

Quanto alle forze dell’ordine e ai magistrati, prendano pure i latitanti. Tanto non ci vorrà molto a tagliar loro le unghie investigative – dalle intercettazioni ai pentiti, dalla tracciabilità dei movimenti di capitali fino alla benzina – e, naturalmente, a render loro impossibile fare i processi. No, non diventeremo Spatuzza-dipendenti. Non dipenderemo dalle parole di un pluriomicida che ci giungono dai doppifondi della storia. Dipenderemo anzitutto, come è giusto, dagli atti dei galantuomini che governano il paese. Quelli ufficiali. Se poi Spatuzza ha messo l’autobomba per far saltare Borsellino e loro diciassette anni dopo fanno saltare le leggi che Borsellino, Falcone e altri hanno chiesto fino a morirne, questa non è colpa nostra. Noi arbitrariamente, e semplicemente, la chiamiamo trattativa.

Fonte. Il Fatto Quotidiano (Nando Dalla Chiesa, 9 Dicembre 2009)

Comments:

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aleale  - Rispondetemi.   |2009-12-09 14:03:32
E' un peccato assistere cosi' impotenti dinanzi ad un Parlamento che sta per
approvare la legge sui beni confiscati alle mafie che sarà nient'altro che un
grande regalo alle mafie.Mi dico io ma nessuno dei Familiari Vittime della Mafia
chiede di essere ricevuto dal Presidente Della Repubblica?Insomma si faccia
qualcosa.
Ma allora che facciamo stiamo con le mani in mano,andiamo a Palazzo
Montecitorio e chiedete con i megafoni,che questa legge sia stralciata, ,non
pensiamo tanto il Presidente della Repubblica continua a dormire o non ci
ascolta,insomma un bella manifestazione dinnanzi le porte del Parlamento
Italiano,come hanno fatto gli operai dell'Eutelia . Ho l'impressione che voi
già siete rassegnati in partenza,perchè pensate che tanto non cambia nulla! O
perchè pensate tanto non ci ascolta nessuno! Mai rassegnarsi! Fate qualcosa !
Ci vengo pure io! Fatemi sapere quando ! A me non piace questo vostro
immobbilismo, facciamo qualcosa!
pcampoli  - E´ chiaro da che parte sta NAPOLITANO   |2009-12-09 16:02:20
E´ chiaro da che parte sta Napolitano !!!

Dalla parte della P2 e della Mafia
: e´ cosi´ chiaro e lampante.

Perche´ mai i familiari delle vittime di
mafia e di stato dovrebbero perdere tempo ????

Scalfaro, Ciampi e ora
Napolitano dal marzo 1994 hanno permesso la violazione degli art. 21 e 27 della
Costituzione,
che ha permesso la legittimazione della tessera P2 1816,
bugiardo criminale n. 97 n. 215/89 Reg. Gen. Corte di Appello di Venezia,
da
che parte staranno mai ?????

Documentatevi sulle cose scritte da Ruggeri e
Guarino dal 1987 e capirete molte cose

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