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Antonio Ingroia: "Giustizia e diritti: in Italia c'è un'emergenza democratica" PDF Stampa E-mail
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Scritto da Redazione ViterboOggi   
Sabato 30 Gennaio 2010 16:40

Viterbo - Lo ha detto il magistrato Antonio Ingroia a "Il Sal8 delle 6"

"L'Italia si trova in una vera e propria emergenza democratica che, con il passare del tempo, anziché attenuarsi continua ad aggravarsi".
E' quanto sostenuto ieri sera a Viterbo dal procuratore aggiunto della procura distrettuale antimafia di Palermo, Antonio Ingroia a margine della manifestazione "Il Sal8 delle 6" organizzato dall'amministrazione provinciale per la presentazione del libro "C'era una volta l'intercettazione", scritto dallo stesso Ingroia.

"C'è un'emergenza democratica in Italia - ha spiegato - perché sono sotto attacco e sotto assedio alcuni punti cardine della nostra Carta Costituzionale: il principio dell'autonomia della magistratura, che una parte della classe dirigente vorrebbe sottoporre al controllo del potere politico; il diritto di cronaca, con continue minacce di sanzioni ai giornalisti e alle testate, soprattutto a quelle ritenute non amiche; il principio dell'uguaglianza tra i cittadini, come sta avvenendo con l'introduzione del processo breve, che sottrae all'autorità giudiziaria chi può permettersi di trascinare per anni i processi fino alla loro estinzione".
"Quello che s'intende introdurre, perché serve a qualcuno e non alla società, non è il processo breve ma la morte veloce del processo. Anzi è l'eutanasia del processo". "Siamo davanti a una vera e propria truffa delle etichette - ha aggiunto Ingroia - che con un nome tranquillizzante qual è la brevità del processo, finirà per negare ai cittadini il diritto di vedere concludere i procedimenti con una sentenza di merito, che sarà sostituita da una dichiarazione di morte del processo".

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Ingroia ha aggiunto: "Siamo tutti d'accordo sulla necessità di stabilire un tempo massimo entro il quale si debba concludere un processo, ma prima dobbiamo mettere le procure e i tribunali in condizioni di svolgere la loro funzione al meglio. Gli uffici giudiziari - ha sottolineato - sono mediamente il 30 per cento al di sotto dell'organico, in alcuni casi, come quelli di Gela ed Enna, la carenza arriva al 100 per cento. E' chiaro che in tali situazioni, riscontrabili un po' in tutta Italia, il processo non si vuole abbreviare ma estinguere".
Secondo Ingroia, per uscire dall'emergenza democratica "è necessaria una mobilitazione dal basso dell'opinione pubblica, come quella che portò alla cosiddetta Primavera di Palermo, che svegliò le coscienze della gente sul dilagare del potere mafioso".
"I propositi contenuti nel cosiddetto 'decalogo di Reggio Calabria', il piano in dieci punti deciso dal governo per contrastare le organizzazioni criminali, è apprezzabile. Speriamo che dai buoni propositi si passi al più presto ai fatti concreti".
"Sono dieci anni - ha aggiunto il magistrato - che chiediamo l'adozione di un codice antimafia. Ora sembra che anche il governo voglia introdurlo attraverso un testo unico delle leggi contro la criminalità organizzata. Il mio giudizio è positivo anche per la creazione di una mappa nazionale delle organizzazioni criminali e di un'agenzia che si occupi dei beni confiscati alla mafia, alla 'ndrangheta e alle altre organizzazioni criminali". Secondo il magistrato è però necessario che quanto previsto "sia tramutato al più presto in norme di legge".

"Ciancimino junior è attendibile quando parla di un accordo tra la mafia e alcuni pezzi dello Stato. Non posso essere più esplicito - ha continuato Ingroia - perché lo stesso Ciancimino, all'inizio della prossima settimana deve essere interrogato come testimone nel processo contro il generale Mori e altri in corso a Palermo".
"Ciancimino - ha aggiunto il magistrato - non è né un pentito né un collaborante ma solo un semplice dichiarante. E le indagini condotte sulle sue affermazioni hanno confermato la sua attendibilità".



Fonte: ViterboOggi, 30 gennaio 2010


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