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Joe Petrosino, a 101 anni dalla sua morte PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Serena Verrecchia   
Venerdì 12 Marzo 2010 15:23
JoePetrosino-Commons.jpgCentouno anni. Sono passati centouno anni da quella sera di marzo nella quale un picciotto vecchio stile fermò per sempre il cammino di un tenente con l’accento americano e la corporatura robusta che, un passo dietro l’altro, respirando la fresca aria primaverile della Sicilia, cercava di raggiungere l’hotel de France, in piazza della Marina a Palermo.
Joe Petrosino nacque a Padula, in provincia di Salerno, il 30 agosto 1860, da famiglia modesta, non povera; era un italiano che, come molti altri meridionali, verso la fine dell’Ottocento, aveva sfidato la sorte imbarcandosi su navi improvvisate per raggiungere le coste americane. Era emigrato nel Nuovo Mondo per sfuggire ai problemi della sua terra, ma si ritrovò, lì, a dover fronteggiare il principale problema della sua Italia. Sbarcato a New York come quello che noi oggi definiremmo un clandestino, dopo essersi dedicato ai più svariati mestieri, entrò nella polizia della città. Subito emersero le sue capacità investigative, apprezzate anche da colui che sarebbe divenuto il Presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosvelt, e il suo fiuto nello scovare i compaesani criminali gli conferì, nel 1905, il grado di Tenente e fu immediatamente posto alla guida dell’Italian Branch, una squadra di poliziotti di origine italiana che voleva sventare i piani criminali della Mano Nera. L’obiettivo che l’Italian Branch si era preposta non era poi tanto diverso da quello del pool antimafia degli anni Ottanta, nonostante il lunghissimo arco di tempo che intercorre tra la costituzione delle due squadre. Questo perché neppure il travolgente impeto del tempo può spazzare via un ideale, che vive nei secoli e che prende forma sulle gambe di tanti uomini diversi, di tanti eroi diversi, accomunati da quell’ideale di giustizia e libertà che oggi, a distanza di oltre un secolo, ancora non si concretizza in realtà, nonostante il susseguirsi di uomini che hanno dedicato la propria   vita ad esso.

 

Joe Petrosino aveva guardato negli occhi la mafia americana, ne avrebbe tranquillamente potuto far parte: parlava la loro lingua, conosceva i loro modi di fare, era nato nella stessa terra che li aveva generati, ma la sua dignità di uomo lo aveva spinto a combattere dall’altro lato della barricata e ad intraprendere una guerra che si sarebbe conclusa solo con la morte dell’uno o dell’altra. Il 12 marzo 1909 morì il buono per mano del cattivo; quattro colpi di pistola, sparati probebilmente da don Vito Cascio Ferro, lo fecero accasciare al suolo. Quell'intraprendente e coraggioso poliziotto che nutriva un odio profondo nei confronti della criminalità mafiosa, per noi non è un perdente, non è stato sconfitto. Per noi Joe Petrosino è un altro eroico caduto di una guerra che è ancora in corso, quella tra mafia e legalità; ma se lo sarebbe mai immaginato quell'ufficiale italiano così determinato a vincere sull'ingiustizia e a contrastare la mafia che, dopo un secolo, questa avrebbe continuato ancora a spaventare le popolazioni, ad esercitare la violenza e la prepotenza, ad arricchirsi e a costituire uno dei maggiori problemi a livello internazionale? Se avesse avuto la possibilità di scrutare nel tempo e affacciarsi sulla nostra epoca, avrebbe visto la mafia ancora lì, più forte e potente di prima. Guardando oltre però, si sarebbe accorto che questa non avrebbe avuto una vita ancora molto lunga, ma sarebbe stata sconfitta, perché, nel corso di cento anni, sono cresciute la consapevolezza, la rabbia e la voglia di giustizia; lo spirito dell’Italian Branch vive oggi in quegli italiani che si riconoscono nella legalità e che ricercano la libertà e quello stesso spirito si è forse raddoppiato, triplicato o anche quadruplicato.

Joe Petrosino pensava di restare da solo nel Regno degli Eroi antimafia quando, la sera del 12 marzo di centouno anni fa, lasciò questa terra. Pian piano, invece, anno dopo anno, si è visto arrivare altri valorosi uomini a fargli compagnia e oggi quello è un regno molto popolato.

Se l’attenzione del cinema americano, dello spettacolo in genere, che ha fatto vivere nei decenni il mito mafioso della New York anni Trenta, si fosse focalizzato sulla storia del poliziotto italiano che si era messo in testa di sconfiggere la mafia, sul simbolo della lotta al potere criminale italiano espatriato sulle coste statunitensi invece che sugli spregevoli uomini con la coppola, che sono diventati ormai un mito, non dico molto, ma almeno una piccolissima, minuscola parte della considerazione che si ha oggi della mafia, specie quella internazionale, sarebbe stata diversa.

 

Centouno anni fa, il console americano a Palermo telegrafava al suo governo: Petrosino ucciso a revolverate nel centro della città questa sera. Gli assassini sconosciuti. Muore un martire. Parteciparono al funerale a New York circa 250.000 persone, un numero fino ad allora mai raggiunto da alcun funerale in America. Il Governo statunitense mise a disposizione la somma di 10.000 lire, per chi avesse fornito elementi utili a scoprire gli assassini del Tenente, ma non era stato messo in conto il silenzio, il muro di omertà che negò giustizia anche a Joe Petrosino.

L’anno scorso, in occasione del centenario della morte del poliziotto italoamericano, è stata eretta una statua in suo onore, esposta all’Hotel de France, dove alloggiò per gli ultimi giorni della sua vita; quest’anno non ci sono uomini in giacca e cravatta a commemorarlo, ma il suo ricordo è ancora vivo nel cuore di quelle persone che nella giustizia non smetteranno mai di credere.

 

Serena Verrecchia


 

Sito dell'Associazione Internazionale Joe Petrosino
Sito su Joe Petrosino
Eroe pioniere - La biografia di Joe Petrosino su Biografieonline
Joe Petrosino vs Don Vito La Storia siamo Noi - Rai Educational  

 

 

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