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Intralcio all’inchiesta G8, il capo dei pm si difende PDF Stampa E-mail
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Scritto da Marco Lillo   
Domenica 14 Marzo 2010 15:35
Il procuratore capo di Roma Ferrara e lo stop alle intercettazioni per "opportunità politica"

Querelo tutti: i giornali, i carabinieri e chiunque sparli di me. È questa la linea del procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara (nella foto, ndr) dopo avere letto ieri i quotidiani che titolavano sui verbali del pm Assunta Cocomello e degli investigatori del Nucleo ecologico dell'Arma che puntano il dito contro la sua gestione dell’indagine sui grandi eventi. Dopo che il braccio destro di Ferrara, il suo carissimo amico Achille Toro ha lasciato la magistratura a seguito dell’iscrizione nel registro degli indagati a Perugia per corruzione e rivelazione di segreto a seguito delle soffiate del figlio agli amici degli indagati, Ferrara è finito con le spalle al muro. La Procura di Firenze ha indagato per mesi sulla Protezione Civile, sul G8 alla Maddalena e sui cantieri dei mondiali del nuoto a pochi metri dal suo ufficio, senza informarlo. Una sfiducia motivata dalla fiducia che il capo ha continuato a confermare al suo aggiunto Toro, il cui figlio continuava a parlare troppo con gli amici degli indagati di un’indagine parallela dei colleghi pm fiorentini. Mentre chiedeva notizie sul procedimento di Firenze ai colleghi toscani, Ferrara continuava a lasciare il coordinamento del suo pool a un magistrato come Toro che era già stato coinvolto (e archiviato) in una vicenda di fuga di notizie nel 2006.
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Ora che si è scoperto che Toro, mentre suo figlio è accusato di rivelare notizie segrete agli indagati di Firenze, blocca le intercettazioni a Roma sugli stessi personaggi della “cricca”, Ferrara continua a perseverare nella sua difesa delle scelte che hanno scavato la fossa alla Procura che dirige. Alla lettura del verbale del tenente del Noe, Francesco Ceccaroni, e del capitano Pasquale Starace, invece di cospargersi il capo di cenere, Ferrara è scattato gridando: “Li querelo”. I carabinieri hanno osato riferire ai pm perugini, competenti sui reati di quelli romani, le loro perplessità sullo stop alle intercettazioni e sulle motivazioni addotte dal pm romano Assunta Cocomello, quando è stata costretta a spiegare ai militari uno stop all’inchiesta che non condivideva. Nel verbale che ha fatto infuriare Ferrara, il capitano Starace riferiva che il pm Cocomello spiegava il no alle intercettazioni con il fatto che “il Procuratore Capo Ferrara ed il Procuratore Aggiunto Toro formulavano obiezioni di opportunità politica e non di discrezionalità giudiziaria’”. Mentre Ceccaroni nel suo verbale spiegava: “La mia impressione fu quella che la dottoressa Cocomello non condividesse in pieno le affermazioni di Ferrara e Toro. Il dissenso riguardava sia le valutazioni giuridiche che le considerazioni di natura politica”.

Nel lungo colloquio con i giornalisti, Ferrara ieri ha cercato di difendere l’indifendibile: “Escludo fermamente che le intercettazioni non siano state adottate per ragioni di opportunità politica. Io questi del Noe non li ho mai visti e ritengo che non ci fossero gli elementi per disporre le intercettazioni. Avevamo poca roba in mano per ipotizzare un reato di corruzione”. In realtà nel suo verbale il capitano Starace ha raccontato “avevamo in mano delle intercettazioni telefoniche della Procura di Nuoro di agosto 2008 che coinvolgevano due imprenditori in contatto con Angelo Balducci, allora Capo Dipartimento di un ufficio della protezione civile che si occupava di Sviluppo e Turismo. In queste conversazioni si parlava di "appalti e di buste" una delle quali era definita di "ringraziamento".  Altro che poca roba.   Eppure per Ferrara da questi elementi non si poteva partire nemmeno per un’intercettazione. L’indagine viene tolta ai carabinieri e affidata alla Finanza. Per un anno ristagna per mesi. E quando arrivano due “sos” della Finanza su strani trasferimenti di fondi, l’atteggiamento di Toro e Ferrara non muta. Ancora il 19 gennaio scorso, quando la pm Cocomello propone di “mettere sotto” i telefoni di quei dirigenti che poi saranno arrestati a Firenze, Toro e Ferrara si oppongono. Lo ha raccontato la stessa Cocomello ai colleghi di Perugia: “In data 29 gennaio 2010 si è tenuto l 'incontro in presenza mia del pm Colaiocco, del Capo Ferrara e dell'aggiunto Toro. E Toro disse che a suo parere le indagini vanno condotte sui documenti e non sul contenuto delle intercettazioni telefoniche”. Proprio quel giorno, secondo i pm di Firenze e Perugia per colpa di Toro e di suo figlio, gli indagati vengono a sapere dell’inchiesta. Eppure Ferrara ieri non ha detto una parola contro il suo amico dimissionario. Ha preferito mandare un messaggio a quelli che si permettono di parlare troppo in giro: “Se un pm non è d'accordo con la mia valutazione, può benissimo restituire la delega e andarsene”.


Marco Lillo (il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2010)




LEGGI ANCHE "
G8, due documenti accusano: così Toro boicottò l'inchiesta", Carlo Bonini, La Repubblica (12 marzo 2010)




Riportiamo dal BLOG Legittima difesa curato dal dott. Gioacchino Genchi alcuni stralci di intercettazioni telefoniche riguardanti l'ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro (Tanto per capire qualcosa su chi, a Roma, ha indagato Gioacchino Genchi e Luigi de Magistris, Legittima difesa, 3 marzo 2010)



Telefonata delle ore 8.17 del 10 febbraio 2010 tra l'avvocato Salvatore Sciullo e il procuratore aggiunto Achille Toro

Salvatore Sciullo (S): «Buongiorno dottore, mi scusi se la disturbo a quest'ora, io sono qui a casa di Camillo (figlio del procuratore, ndr) perché stanno facendo una perquisizione da parte della procura di Firenze».
Achille Toro (T): «Oh... madonna mia».

S: «Allora. volevo sapere... da lei non stanno facendo nulla?».
T: «No... ».

S: «È un procedimento contro Azzopardi, Cerruti, Belmonte con riferimento a una rivelazione del segreto d'ufficio per un... eventuale appalto... sembra... della contestazione».
T: «Oh mamma mia, mi ripete un attimo, quali indagati?»

S: «Azzopardi, Cerruti, Di Belmonte».
T: «Oh mannaggia».

S: «Adesso stanno facendo la perquisizione... comunque io sto qui in presenza, non ci sono problemi» (...).
T: «E Camillo?».

S: «A Camillo un 326, un 378, rivelazioni di segreto d'ufficio».
T: «Rivelazione di segreto d'ufficio, mannaggia la miseria».

S: Non si preoccupi, ci sono io a tranquillizzarla, le faccio sapere più tardi».




Telefonata delle ore 12.26 del 10 febbraio 2010 tra il procuratore aggiunto Achille Toro ed il procuratore capo Giovanni Ferrara

Achille Toro (T): «Me ne sono tornato a casa Gianni».
Giovanni Ferrara (F): «Sei a casa adesso...».

T: «Sì, sono andati a perquisire pure dove stava Stefano (si sbaglia, ndr) all'ufficio ... delle Infrastrutture».
F: «Dove?»,

T: «A Porta Pia, te l'ho accennato no?» (...).
F: «Domani vieni che vediamo che cosa accade sui giornali (...)».

T: «Parlano dell'arresto di Bertolaso».
F: «Ma non l'hanno mica arrestato!» (...).

T: «Voglio la copia di quello che hanno notificato a mio figlio per capire che cacchio stanno facendo... mi preoccupa sto fatto che sono andati a perquisirlo nell'ufficio romano, figurati un pochettino, l'immagine per lui (...). vabbè, niente Gianni, non me la sento oggi».




Telefonata delle ore 15.51 del 10 febbraio 2010 tra il procuratore aggiunto Achille Toro ed un redattore del quotidiano La Repubblica


Redattore di La Repubblica (G): «Achille, non scappare... ».
Achille Toro (T): «Che vuoi che ti dica? Non so bene di che cacchio si parla... ».

G: «È vera o e falsa? Perché non ti vogliamo mica mettere in mezzo se è falsa (...) praticamente mi chiama il collega (...), mi fa, dice, "guarda, forse si deve verificare se Achille è raggiunto da qualche cosa"».
T: «A me non è arrivato niente».

G: «"A me mi pare difficile, impossibile conoscendolo"».
T: «(...) è un clima... tu hai capito, da quando la storia di Genchi, non campo più».

G: «Te ne devi fregare».
T: «(...) Io non mi sono occupato personalmente di queste cose, non ero in quell'indagine del pm Colaiocco, la seguiva il procuratore (...)».




La nomina di Bertolaso? "Se non l'arrestano prima"

Prima che arrivi lo tsunami giudiziario, Achille e Camillo Toro scherzano sulla futura nomina di Bertolaso a sottosegretario.

Achille Toro (A): «Bertolaso dovrebbero farlo prima».
Camillo Toro (C): «Prima?».

A: «Ah, no, forse no, aspettano tutti».
C: «Se non l'arrestano prima». Achille ride.

C: «È quello il problema».
A: «Be', sai, prima o poi arrestiamo tutti quanti, non vi preoccupate. Questo è il nostro mestiere».

Seguono telefonate tra Camillo e Alfonso Papa, parlamentare Pdl, ex magistrato, vecchio amico della famiglia Toro



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