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"Lo Stato trattò con la mafia prima di via D'Amelio" PDF Stampa E-mail
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Scritto da Andrea Cottone   
Venerdì 02 Aprile 2010 09:26
Lipari "conferma" Ciancimino

La trattativa, il papello, il ruolo di Vito Ciancimino, del generale Mori e del capitano De Donno. Qualcuno prima di Massimo Ciancimino aveva raccontato questa storia ma non è stato creduto, “bollato” come depistatore. I verbali di quegli interrogatori – datati 20, 28 novembre e 5 dicembre 2002 – ritornano, depositati al processo al generale Mori per favoreggiamento alla mafia, in corso a Palermo. Il personaggio al centro della vicenda è Pino Lipari, ex braccio destro economico di Bernardo Provenzano, oggi agli arresti domiciliari. Il 17 luglio 2009 è stato interrogato dai pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia, Roberto Scarpinato e Nino Di Matteo. A loro ha confermato le dichiarazioni che aveva reso a suo tempo a Piero Grasso, Guido Lo Forte e Michele Prestipino.

“Mori e De Donno avrebbero incontrato il Ciancimino, credo nel ‘92, a Roma, per intraprendere una trattativa, De Donno avrebbe chiesto, o Mori, non so, ‘ma che cosa vuonno chisti, che cos’è?’, era successo il... la strage di Falcone, quindi siamo subito... nelle immediate... dopo qualche 15 giorni, 20 giorni, un mese, non so...”. Pino Lipari colloca, quindi, l’inizio dei colloqui fra gli ufficiali del Ros e Don Vito, dopo la strage di Capaci ma prima di quella di via D’Amelio. “Fu prima che morisse Borsellino, Borsellino era ancora in vita”. E Lipari sostiene anche che dietro Mori e De Donno ci fossero “persone delle istituzioni, lui faceva riferimento ai servizi segreti”. “Lui chi?” chiedeva allora Prestipino. “Provenzano – rispondeva Lipari – non a politici, perché se ci fosse stato Lima vivo avrebbe detto ‘Lima’, se Salvo fosse stato vivo, avrebbe detto ‘Salvo ’, perché i canali del tradimento di Cosa nostra quelli erano stati”.

Lipari sostiene anche di aver incontrato Vito Ciancimino a Roma, all’hotel Plaza, dopo le stragi. In quell’occasione Ciancimino gli avrebbe raccontato degli incontri con Mori e De Donno, “e mi diede una versione diversa dal Provenzano” ha raccontato Lipari. “Ciancimino mi disse: ‘io volevo un appuntamento col primario, col Riina, un incontro, e tu non me lo hai dato (...) e siccome non potevo parlare col suo aiuto, con Provenzano perché questa cosa era una cosa che doveva essere, per forza di cose, definita da Riina”. Così, secondo quanto dichiarato da Lipari, Ciancimino si sarebbe rivolto ad Antonino Cinà, medico della famiglia Riina. Quanto ai due ufficiali del Ros, anche Don Vito avrebbe confidato che “questa non è farina del loro sacco, venire a casa mia, a Roma...”.
Poi, attorno al 2000, Pino Lipari si sarebbe incontrato con lo stesso Antonino Cinà. Un’occasione buona per sapere come fossero andate le cose, e il medico gli avrebbe detto: “Pino, ti giuro, ho riferito a Riina, in occasione di una visita, gli ho riferito di questo aspetto proposto dal Ciancimino. Mi rimandò ad un paio di giorni, mi pare, e mi disse: ‘Nino qua c’è il papello, te lo puoi portare, che vuole Ciancimino? Vediamo che cosa deve fare”.

Fra le altre carte depositate al processo Mori, c’è anche una lettera firmata da Don Vito. Nell’intestazione si legge “Marcello Dell’Utri” e l’ex sindaco, a proposito di un procedimento milanese contro il senatore del Pdl risalente al 1981, scrive: “Io in piena coscienza affermo che se questa istruttoria fosse stata fatta a Palermo da Falcone, Dell’Utri sarebbe stato rinviato a giudizio e certamente condannato”. Infine, anche le intercettazioni fra gli avvocati Giovanna Livreri e Gianni Lapis. Il 17 gennaio 2009 la Livreri, a proposito di Massimo Ciancimino, dice: “Questo ragazzo può anche sapere meno di quello che altri immaginano che sappia, perché hai visto che comincia a parlare, ci possono essere tante persone in giro che pensano che questo sappia tante cose”. Lapis risponde alla collega: “Ma lui ha il papello del padre, se lo porta veramente... qua succede veramente che farà saltare tutti”. “Ma infatti – risponde l’altra - là c’è tutto, cioé là ci sono pure le connivenze con lo stato quindi è chiaro... ma là mica lo fa fuori la mafia, là lo fa fuori lo Stato”.


Andrea Cottone (il Fatto Quotidiano, 1 aprile 2010)


 

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aleale  - Caro Salvatore Borsellino.............   |2010-04-02 14:45:28
Caro Salvatore Borsellino,io sono d'accordo con te,che Paolo Borsellino è stato
ucciso perchè aveva detto no alla trattativa,ma io penso che Paolo Borsellino
è stato anche ucciso per un altro motivo,non solo perchè aveva detto no alla
trattativa stato mafia,ma anche perchè aveva riaperto l'inchiesta su
mafia-appalti,anche perchè voleva riaprire l'inchiesta "Duomo
Connection",e anche perchè voleva riaprire l'inchiesta "San
Valentino" che riguardava l'inchiesta sul ricicclaggio dei mafiosi dal
colletto bianco,inchiesta "San Valentino" che non mi ricordo se era
collegata all'inchiesta "Duomo Connection". Comunque caro Salvatore,io
penso che noi assieme a te dobbiamo continuare a gridare che vengano riaperte le
inchieste in particolare le inchiesta su "mafia-appalti",l'inchiesta
"Duomo Connection" e l'inchiesta "San Valentino",caro
Salvatore,io penso che noi assieme a te propio dobbiamo continuare,sul vero
senso della parola e letterale del termine, a gridare a chiedere che siano
riaperte le inchieste che riguardavano le inchieste su "mafia e
appalti",l'inchiesta su "Duomo Connection", e l'inchiesta "San
Valentino".

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