“È un piacere, grazie per averci ricevuto .”
“Vorrei poter condividere questo piacere, ma forse è un po’ prematuro: Timeo Danaos et dona ferentes”. (...)
Tanta aggressività nascondeva l’intento di intimidire i suoi interlocutori per poi porre la domanda cruciale: “Parliamoci chiaro, colonnello. Primo, nonostante le buone intenzioni del nostro amico capitano (Giuseppe De Donno Ndr), vorrei sapere chi vi manda, fino a che punto siete accreditati perché, come ben potrà immaginare, non è la prima inziativa di questo genere che conduco, ma potrebbe essere l’ultima, vista la delicatezza degli argomenti sul tavolo". (....).
Non ho mai saputo il contenuto dei loro discorsi. Posso solo immaginare che mio padre ne sia uscito in qualche modo rassicurato. Probabilmente aveva ottenuto le risposte che cercava. Molti anni dopo, mentre raccoglievamo i ricordi per il libro, mi confermò di aver ricevuto assicurazioni sull’esistenza di una copertura all’iniziativa dei carabinieri. Fu proprio il signor Franco (un uomo legato ai servizi segreti, secondo Massimo Ciancimino Ndr) a dirgli che “ne sono al corrente gli onorevoli Rognoni e Mancino”. [I due politici hanno categoricamente smentito la circostanza.] Appena il signor Franco se ne andò, mi disse di prepararmi a partire l’indomani per Palermo e che mi avrebbe dato una busta da far avere ai familiari di Pino Lipari (braccio destro di Bernardo Provenzano Ndr). La missione contemplava anche un messaggio e un incontro con il dottor Cinà (altro uomo di Provenzano Ndr) nella sua abitazione di Mondello. (....) Tutto si svolse nell’ultima settimana di giugno del 1992. A Palermo incontrai due volte il medico Cinà e, proprio durante il secondo appuntamento, mi riconvocò per l’indomani alle 13 anticipandomi che mi avrebbe dovuto consegnare una lettera da far avere subito a mio padre. La notizia non mi riempì di gioia, perché andava a sconvolgere i piani già prestabiliti per il mio fine settimana, che doveva svolgersi a Panarea, come ogni anno, in occasione della festa di San Pietro e Paolo, il 29 giugno. (...) Appuntamento all’ora dell’aperitivo davanti al bar Caflish di Mondello. Cinà non poté neppure parcheggiare a causa del gran traffico e mi diede al volo la busta chiusa destinata a mio padre. Mi raccomandò di fare presto e di salutarlo affettuosamente. Il giorno dopo consegnai a mio padre la lettera, che ora sappiamo conteneva il “papello”. Mi disse di poggiarla sul letto, tra le altre numerosissime carte che lo facevano somigliare a una scrivania ministeriale. Lo lasciai ai suoi riti e me ne andai al mare – dopo aver allertato, come da precise disposizioni, sia De Donno che il signor Franco. Mi recai a Fregene, col rimpianto nel cuore per l’altro mare che non avevo potuto raggiungere, quello di Panarea. (....)
in Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2010