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Mafia, parte l'inchiesta sui servizi, caccia alle spie che favorirono le stragi PDF Stampa E-mail
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Scritto da Attilio Bolzoni   
Martedì 25 Maggio 2010 09:23

I servizi segreti indagano sui servizi segreti. Con vent'anni di ritardo, anche loro, soprattutto loro, si guardano dentro. Cercano le spie infedeli, danno la caccia a chi voleva morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. C'è un'indagine interna, segretissima naturalmente, che in queste ultime due settimane sta mettendo sottosopra gli ambienti dell'intelligence italiana. E c'è una formale richiesta di Gianni De Gennaro, il responsabile dei nostri apparati di informazione, ai procuratori di Caltanissetta per ricevere notizie sugli esiti delle investigazioni intorno alle stragi di Palermo.

L'indagine interna è estesa sia all'Aise (l'Agenzia informazioni sicurezza esterna) diretta dall'ammiraglio Bruno Branciforte che all'Aisi (l'Agenzia informazioni sicurezza interna) diretta dal generale dei carabinieri Giorgio Piccirillo, i due servizi segreti ai quali i magistrati siciliani, nell'autunno scorso, hanno chiesto di avere "accesso" ad alcune schede. Profili di funzionari entrati o sospettati di avere avuto un ruolo nelle trattative con Cosa Nostra o, addirittura, un ruolo nella partecipazione ai massacri. Per quel poco che se ne sa c'è stata una certa "collaborazione" all'Aisi, dove il procuratore Sergio Lari ha potuto visionare alcuni album fotografici che poi ha girato ai testimoni delle sue indagini.

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Si seguono le tracce dell'uomo con la faccia da "mostro", l'agente che è stato visto sui luoghi di alcune stragi, ma si prova a ricostruire anche tutta la squadra di 007 che era operativa nella Sicilia occidentale dalla seconda metà degli Anni Ottanta. Uomini transitati dal servizio segreto interno o esterno e passati anche in quell'Alto Commissariato guidato da Domenico Sica, una "centrale" che non sempre è stata in sintonia con Falcone e Borsellino. Il "mostro" sarebbe stato in contatto proprio con l'Alto Commissariato antimafia, ufficialmente acquartierato a Villa Whitaker - la splendida residenza liberty della prefettura di Palermo - ma in realtà composto da agenti sparsi in ogni ufficio investigativo dell'isola. L'agente con la faccia deturpata proveniva proprio da una squadra mobile, quella di Palermo, dove aveva lavorato agli inizi degli Anni Settanta per poi entrare ai "servizi".

 

Come finirà l'indagine aperta dagli apparati nessuno può dirlo, certo è che dopo un anno di ricerche l'uomo con la faccia da "mostro" - quindi facilmente individuabile - non è stato ancora ufficialmente identificato. Girano voci di un riconoscimento. Girano voci sulle sue abitudini: sniffa (o sniffava) coca, gira (o lo faceva) per Palermo su una grossa moto Suzuki e a bordo di una Range Rover. È ancora in circolazione il "mostro"? È vivo? È comunque un personaggio che ha sempre goduto di una copertura totale. Il "mostro" è stato descritto per la prima volta ventuno anni fa, esattamente nell'estate del 1989, da Vincenzo Agostino, il padre del poliziotto Antonino ucciso un mese e mezzo dopo il fallito attentato dell'Addaura. Vincenzo Agostino ha raccontato agli inquirenti della squadra mobile di Palermo un incontro con quell'agente segreto ("Ha cercato mio figlio qualche settimana prima che venisse ucciso") ma il verbale del suo interrogatorio non è agli atti dell'inchiesta sull'omicidio di Antonino Agostino. Sparito. Una testimone ha notato il "mostro" anche all'Addaura, il confidente Luigi Ilardo ha svelato al colonnello dei carabinieri Michele Riccio che "sui luoghi delle stragi c'era sempre un uomo con la faccia da mostro". Sarà tanto difficile trovarlo? Ci sarà davvero la volontà di trovarlo?


È solo in questa ultima domanda il destino delle indagini sulle stragi del 1992 e sul "contesto" di quegli anni. Mafia e non solo mafia. Mafia e pezzi dello Stato. Uomini d'onore e uomini degli apparati, Gaetano Scotto e il "mostro", tutti e due sempre nel posto giusto al momento giusto, il primo boss dell'Arenella (geograficamente la zona contigua agli scogli dell'Addaura e alla casa di via Mariano D'Amelio dove è stato ucciso Paolo Borsellino) e il secondo l'agente delle scorribande per conto dell'Alto Commissariato antimafia. Due uomini che ritornano sempre. Da racconti. Da tabulati telefonici. Da testimonianze dirette. Il punto decisivo delle nuove inchieste sulle stragi siciliani passa da loro, dal "mostro" e da Gaetano Scotto. Quello che potranno fare i procuratori di Caltanissetta, molto dipenderà da ciò che vorranno i nostri apparati di sicurezza. Là dentro già si è scatenata una guerra. E ci sono ancora fazioni dei "servizi" che controllano l'andamento delle indagini dei magistrati siciliani: spiano ancora, provano a "introdursi" nei sistemi informatici della Dia, ascoltano, pedinano. E probabilmente sono pronti ancora a depistare. Come hanno fatto negli ultimi vent'anni.

Il resto di questa vicende, paradossalmente, è affidato solo a Totò Riina. Lui, che sta pagando per tutti e per tutto, un anno fa aveva lanciato un segnale: "L'hanno ammazzato loro... non guardate sempre e solo me, guardatevi dentro anche voi". Il vecchio boss di Corleone, usato e sacrificato per le stragi, parlerà ancora?

 

Fonte: repubblica.it (Attilio Bolzoni, 25 Maggio 2010)

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