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'Legalità'. Tam tam sul Web e la piazza delle Agende rosse PDF Stampa E-mail
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Scritto da Paola Natalicchio, Francesca Fornario e Simone Salis   
Martedì 25 Maggio 2010 21:59
Tanti giovani. Il tam tam sul Web ha funzionato e ieri in piazza Navona c’era il popolo delle Agende Rosse. Salvatore Borsellino: gli avvoltoi non vengano a ricordare mio fratello in via d’Amelio.

«Vi porto il mio saluto da Milano. Ho preferito lasciare Palermo, in questi giorni, per via delle celebrazioni istituzionali. Rispetto la famiglia Falcone, ma il 19 luglio presidierò personalmente via D’Amelio perché gli avvoltoi, le cosiddette autorità, non si presentino sotto casa a vedere se Paolo è veramente morto. Mi raccomando con voi di una cosa: non limitatevi a commemorare. La memoria da sola è un concetto che non mi piace. La memoria deve servire a lottare. A resistere». Le parole di Salvatore Borsellino risuonano ferme e rabbiose dagli altoparlanti di fortuna appoggiati sui sampietrini di Piazza Navona. I turisti mangiano gelati, i mimi si preparano. In un angolo della piazza, però, qualche centinaio di persone riunite in un cerchio interrompe il collegamento con un applauso commosso. È il popolo delle Agende Rosse, l’associazione antimafia nata due anni fa proprio grazie al fratello del giudice Borsellino e in nome della sua agenda scomparsa in via d’Amelio dopo l’attentato in cui rimase ucciso. Si sono dati appuntamento qui dopo un tam tam spontaneo nato sul web, per ricordare l’altra strage, quella che avvenne a Capaci 57 giorni prima di quella di via d’Amelio: il cratere di esplosivo sull’autostrada, le vite di Giovanni Falcone, di sua moglie e degli uomini della scorta polverizzate.

«Siam qui per non dimenticare chi ha perso la vita come Falcone e Borsellino, ma anche per rinnovare l’impegno antimafia a fianco di tutti quei magistrati, come ad esempio Antonio Ingroia, che lo Stato spesso lascia soli. Saremo noi la loro scorta civile», spiega Federica Menciotti, 36 anni, avvocato romano. Accanto a lei pezzi portanti del mondo dell’antimafia: Luca Tescaroli, che fu Pm nel processo sulla strage di Capaci, e Antonio Turri, ex poliziotto, referente di Libera nel Lazio, in prima linea nella lotta alle mafie soprattutto nei territori di Latina e Fondi. Ma soprattutto, ovunque in giro con le agende rosse in mano, i ragazzi dell’associazione a passarsi il microfono, alternandosi nelle letture o nei racconti. «Ho 18 anni e quando morì Falcone avevo sei mesi e un giorno. Eppure Giovanni Falcone, il suo esempio, la lettura dei suoi libri hanno contribuito in modo determinante a fare di me quello che sono e quello che voglio essere», spiega timida Martina Doglio. Accanto a lei Federica Fabbretti, 26 anni: «Abbiamo organizzato questa giornata perché crediamo in quello che ha scritto Falcone: gli uomini passano, le idee restano e continuano a camminare sulle gambe di altri uomini». Al telefono arriva anche la voce di Sonia Alfano, figlia di Beppe, ucciso dalla mafia, e presidente dell’Associazione delle Vittime dei familiari. «Mi fa male sapere che mentre voi siete a Roma per un’iniziativa spontanea, a Palermo i ragazzi delle scuole stanno celebrando Giovanni Falcone insieme a tre ministri come Gelmini, Maroni e Alfano. A loro dico che il primo impegno che dobbiamo darci per combattere la mafia è garantire l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo».



Paola Natalicchio (
l'Unità, 24 maggio 2010)




4 Risposte da Luca Tescaroli


1 Il Ricordo
Di quel 23 maggio del '92 ricordo quell'enorme cratere nell'asfalto, la Croma scagliata a oltre 60 metri con i cadaveri dilaniati di Giovanni Falcone e della scorta e la volontà di ripristinare in fretta quel tratto di autostrada perché doveva passare la regina di Inghilterra. Quelle immagini mi apparvero come le immagini di uno Stato sconfitto. Giurai che, sebbene giovane, avrei fatto di tutto per dare un nuome e un volto a quegli assassini.

2 I responsabili
Dopo 18 anni una parte di verità l’abbiamo trovata: 37 mafiosi sono stati condannati come mandanti della strage. Le indagini hanno fatto intravedere altre responsabilità: mentre una parte dello Stato era impegnata a combattere il crimine mafioso, un'altra era impegnata a trattare con la Mafia. Bisogna continuare ad indagare in questa direzione.

3 Il bene e il male
Ragionando secondo una logica manichea che contrappone il bene al male, dove lo Stato e il bene e la Mafia è il male, non si arriva a comprendere il problema. La linea di discrimine tra lo Stato e le strutture mafiose non è così netta.

4 Le Agende Rosse
Sono fiducioso perché vedo persone come gli appartenenti al popolo delle Agende Rosse che portano avanti il culto della legalità e che vogliono giustizia.



Francesca Fornario (l'Unità, 24 maggio 2010)




Le idee di Falcone lezione per la vita

«Nel 1992 ero appena nata, la morte del giudice non è stata una sconfitta. Farò il magistrato»

"Mi chiamo Martina e ho 18 anni. Ero piccola quando è morto il giudice Falcone».

Quanto piccola?

«Avevo sei mesi e un giorno. Questa cosa ovviamente mi ha fatto effetto molto dopo, quando mi sono avvicinata al movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino lo scorso settembre, proprio qui, a Piazza Navona».

Che cosa è nato in quel momento?
«Per me la lotta alla mafia è sempre stato un tema fondamentale. Forse perché lo sento come un dovere morale. Dico ai miei amici che Falcone dovrebbe essere un esempio da seguire per noi giovani, spesso senza essere capita: mi rispondono che gli eroi non servono, perché dove c’è un eroe c’è anche un morto. E la morte non è una bella cosa, perché dopo finisce tutto: la morte è sempre una sconfitta».

Falcone è stato sconfitto?
«Io non credo che la loro morte, quella di Falcone, Borsellino, ma anche di tante altre persone che hanno lottato e lottano contro la mafia, sia stata una sconfitta, perché se noi siamo qui oggi sicuramente lo dobbiamo a persone come loro. Ci hanno lasciato qualcosa, io stessa non penserei quello che penso adesso».

Che cosa ti ha lasciato Falcone?

«Le idee, come diceva lui stesso, continuano a camminare sulle nostre gambe. Diceva che gli uomini passano, ma le idee restano. E come lui è passato, le sue idee sono rimaste e camminano sulle nostre gambe, e devono camminare sulle gambe di tutti».

La senti come una responsabilità?

«Credo che glielo dobbiamo. Abbiamo il dovere di fare qualcosa, proprio perché lui è morto per salvaguardare queste idee. Anche se non riusciamo a fare esattamente ciò che ha fatto lui, dobbiamo comunque provare. Sempre lui diceva che “tutti quanti possiamo fare qualcosa”. E oggi siamo qui per questo».

Cosa sogni di fare da grande?
«Spero di dedicare la mia vita alla lotta alla mafia. Vorrei fare il magistrato come Falcone, come Borsellino, o come tanti magistrati che lavorano anche adesso, e spesso vengono attaccati senza meritarlo, perché fanno qualcosa di grande per il nostro Stato. Cercano di permetterci una civile convivenza, senza timori né paure... ».


Simone Salis (
l'Unità, 24 maggio 2010)












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