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Addaura, nuovi reperti sotto esame. Alla ricerca del Dna degli attentatori PDF Stampa E-mail
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Scritto da Nicola Biondo   
Martedì 22 Giugno 2010 19:46
Si è svolto ieri al tribunale di Caltanissetta l’incidente probatorio che può confermare o escludere la colpevolezza di quattro nuovi indagati per il fallito attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone. Sono tutti mafiosi di spicco palermitani – Salvuccio Madonia, Gaetano Scotto, Raffaele e Angelo Galatolo - e a tirarli in ballo sono due pentiti, Angelo Fontana anche lui indagato, e Vito Lo Forte. Fontana si è autoaccusato di aver fatto parte del commando che il 20 giugno 1989 depose un borsone da sub con 57 candelotti di dinamite sulla scogliera di fronte la casa estiva del giudice. Sotto la lente di ingrandimento della Scientifica ci sono una muta da sub, una maschera e un paio di pinne. Oggetti riconducibili - secondo Fontana - ad uno degli attentatori e dai quali è stato estratto un campione di Dna da confrontare con quello dei quattro indagati.

Ma ci sono anche altri oggetti che potrebbero contenere tracce di un altro Dna. È il caso di «un involucro di carta stagnola contenente cinque vetrini con presunte formazioni pilifere». Un reperto non catalogato, mai analizzato eppure presente nel plico delle prove. Il Dna rinvenuto verrà comparato anche con quello del poliziotto Nino Agostino e del collaboratore dell’ex-Sisde Emanuele Piazza, uccisi in circostanze misteriose tra l’89 e il ‘90. A riferire di un loro ruolo all’Addaura è stato il secondo pentito dell’inchiesta odierna, VitoLo Forte. La Procura di Palermo, titolare di questo file di indagine, mira a ricostruire con certezza se Piazza e Agostino si conoscevano, se lavoravano per i servizi e con quali obiettivi. Se i due si trovavano all’Addaura qual era il loro ruolo?

Una nuova verità?

Le dichiarazioni di Fontana se confermate dalle analisi avranno effetti anche su una sentenza passata in giudicato. Le differenze tra la ricostruzione del pentito e quella della Cassazione sono evidenti. Per la suprema corte la bomba sarebbe arrivata via mare, Fontana invece afferma che il commando arrivò via terra. Diversi sono anche i componenti della squadra e il luogo dove la bomba sarebbe stata preparata. Diversa è infine la collocazione dell’attrezzatura da sub oggetto della perizia. Secondo Fontana si trovava all’interno della borsa e non fuori come afferma la Cassazione. Una questione di centimetri che però metterebbe in seria difficoltà l’ipotesi avanzata di recente che quegli oggetti da sub potessero appartenere a Piazza e Agostino, arrivati all’Addaura per avvertire del pericolo. E rimangono, ancora altri interrogativi. Uno tra i tanti: perché la bomba piazzata il 20 giugno venne scoperta solo all’alba del giorno dopo?


Nicola Biondo (l'Unità, 22 giugno 2010)







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