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Biondo: 'Pubblicare i nomi degli agenti che indagavano sulla strage non aggiunge nulla alla notizia' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Ulisse Spinnato Vega   
Giovedì 29 Luglio 2010 16:18

Nicola Biondo, autore de Il Patto edito da Chiarelettere ad Affari: “Pubblicare i nomi degli agenti che indagavano sulla strage non aggiunge nulla alla notizia"


"Dopo Mani pulite, un giorno bisognerà fare 'Penne pulite'
e occuparsi del ruolo del giornalismo in questo Paese. Noi cronisti, e parlo in generale, possiamo dare un servizio alla collettività, ma possiamo anche fare un lavoro becero e depistante". Nicola Biondo è l'autore, con Sigfrido Ranucci, de 'Il Patto'. Nel volume, edito da Chiarelettere e uscito a fine gennaio, si parla per la prima volta dei due agenti della Criminalpol che arrivarono a Palermo, da Catania, poche ore dopo la strage di Via D'Amelio ed ebbero l'intuizione di perquisire il palazzo dei costruttori mafiosi Graziano. Una pista importante che è rimasta insabbiata per quasi 18 anni.

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Il quotidiano La Stampa, con un pezzo a firma di Guido Ruotolo, ha ripreso pochi giorni fa la notizia senza citare la fonte dello scoop e soprattutto 'bruciando' i nomi dei due poliziotti. I magistrati della procura di Caltanissetta sono rimasti sconcertati e Biondo, raggiunto da Affaritaliani, rincara: "Io non me la prendo tanto per il plagio, ma è stato deontologicamente scorretto rivelare l'identità dei due agenti, non aggiunge nulla alla notizia. Non serve - spiega - piangere i magistrati morti se poi rompi le scatole a quelli vivi. Non è così che si onora la memoria di Falcone e Borsellino".

Il giornalista de l'Unità racconta la genesi dello scoop: "Io e Ranucci abbiamo fornito ai giudici nisseni le testimonianze di questi due poliziotti. Loro hanno detto a noi che erano a via D'Amelio poco dopo la strage. Ci hanno raccontato la storia del palazzo dei Graziano e ci hanno chiesto di verificare che fine avesse fatto il loro rapporto. Io e Sigfrido invece abbiamo deciso di andare dai magistrati di Caltanissetta riportando esattamente la testimonianza. I giudici hanno risposto: 'Ragazzi, grazie. Ora tocca a noi indagare'. E noi abbiamo mantenuto il silenzio. I giudici ci hanno dato il via libera per scrivere sul libro tutta la storia, ma non i nomi. Non aveva senso farlo".

Di quella perquisizione effettuata il 20 o il 21 luglio 1992 restano due foto che confermano il racconto dei agenti. Biondo considera con amarezza: "Mi fa specie che colleghi così esperti non avvertano la necessità di certe prudenze. Ciascuno può arrivare a uno scoop, ma di fronte a materie così delicate si fa un passo indietro e ci si rimette a chi può decidere, i magistrati". Poi spiega: "Da un anno e mezzo circa, i giudici siciliani stanno monitorando con attenzione come la stampa racconta le indagini ora che l'opinione pubblica è di nuovo attenta al tema del rapporto mafia-politica. E hanno notato che nella migliore delle ipotesi ci sono fughe di notizie e tentativi di raccontare le inchieste in modo distorto".

L'autore de 'Il Patto' prosegue: "Il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Nico Gozzo, me lo ha detto in modo diretto, anche se non si riferiva a nessuno in particolare: 'Ci sono giornalisti che pensano di pubblicare facendo un servizio ai lettori, invece aiutano chi la democrazia l'ha colpita a morte con le stragi e vuole continuare a colpirla'. Gozzo si riferiva a certe notizie propalate ad arte come verità assolute e che invece verità non sono". Per esempio? "Per esempio quella secondo cui Ciancimino e Spatuzza abbiano riconosciuto lo stesso agente dei servizi. Questo non è vero", afferma Biondo. E poi chiude: "I giudici si chiedono chi passi certe cose ai cronisti. Il procuratore Gozzo sostiene che se i giornalisti avessero il coraggio di dire chi soffia loro certe notizie, i magistrati capirebbero molte cose sulle stragi e su chi depista".


Ulisse Spinnato Vega (Affaritaliani.it,
28 luglio 2010)





La strage di via d'amelio, i mozziconi e i falsi scoop

Gli scoop c'è chi li fa e c'è chi li ricicla. Cronisti senza un grande nome ma con ottimo fiuto scovano le notizie. Colleghi più celebri e testate più conosciute ri-scoprono poi i fatti e...toh...ecco la 'bomba'. Sono fatti che la gente dovrebbe già conoscere e che invece rimangono oscuri ai più per colpa di una cronaca dalla memoria corta e per i silenzi del sistema mediatico 'ufficiale'.
Una cosa del genere l'ha combinata qualche giorno fa il valente Guido Ruotolo, cronista giudiziario ed esperto di crimine organizzato, firma di punta de 'La Stampa'. Approfittando del fatto che i libri di inchiesta sono materia per piccole cerchie di addetti ai lavori, ha rilanciato come farina del proprio sacco una notizia che qualcun altro aveva dato molto tempo prima. L'argomento è quello delicatissimo (e attualissimo) della strage di Via D'Amelio, dei depistaggi di Stato, dell'inconfessabile intreccio di interessi mafiosi e politici, un piatto avvelenato che contiene anche altri ingredienti indigesti: servizi segreti deviati, massoneria ed estremismo nero.

Il pentito Spatuzza ha ribaltato le antiche verità giudiziarie e i magistrati di Caltanissetta sono al lavoro su nuove piste e su nuovi file. Il buon Ruotolo scrive il 23 luglio da Palermo: "I mozziconi mai sequestrati, l'ultimo giallo di Via D'Amelio". Nell'articolo si racconta del palazzo 'fantasma' dei fratelli Graziano, palazzo che affaccia bene sulla strada in cui morì Paolo Borsellino malgrado non insista direttamente su di essa. Ruotolo narra del terrazzo dal quale potrebbe essere stato attivato il telecomando che ha fatto saltare in aria la Fiat 126 imbottita di tritolo, del vetro anti-schegge posizionato ad hoc sull'attico e delle molte cicche lasciate sopra il pavimento proprio come accadde con le Merit sulla collina di Capaci.

Ruotolo si sofferma sui dettagli di questo "ultimo giallo", riferisce che due uomini della Criminalpol arrivati da Catania avevano scoperto tutto già il giorno dopo la morte di Borsellino (in realtà non è chiaro se la data della perquisizione sia il 20 o il 21 luglio) e avevano quindi depositato un rapporto presso la Squadra mobile palermitana. Poi, però, la relazione si è persa nei corridoi, negli armadi della Questura e non è stata più ritrovata. Si tratta di una pista importante, soprattutto alla luce del fatto che mai nessun pentito ha ricostruito la dinamica materiale della strage. Notizia bomba, da far tremare i polsi – c'è da giurarci – a molta gente anche fuori dai consessi mafiosi. Peccato che il cronista della Stampa si sia scordato di citare chi per primo ha tirato fuori questo scoop. E non ieri o l'altro ieri, ma a fine gennaio. Altro che "ultimo giallo". Nicola Biondo e Sigfrido Ranucci, infatti, hanno raccontato queste circostanze nel loro libro 'Il Patto', edito da Chiarelettere. Biondo, free lance che collabora pure con l'Unità, ha poi ripreso la vicenda il 18 luglio scorso, ossia ben cinque giorni prima che Ruotolo ne scrivesse, in un'inchiesta uscita sul quotidiano di Concita De Gregorio.

Il cronista siciliano, nell'articolo, cita il libro e dunque se stesso, il proprio accurato lavoro di approfondimento. La differenza tra Biondo e Ruotolo è che il primo ha tirato fuori la notizia senza fare il nome dei due poliziotti protagonisti dell'indagine insabbiata, mentre il secondo ha ripreso la notizia altrui citando i nomi dei due agenti, mettendone a repentaglio la sicurezza e mandando su tutte le furie i magistrati nisseni. Nell'intervista pubblicata in questo speciale, Biondo racconta come lui e Ranucci sono arrivati allo scoop. Il loro lavoro è stato talmente rilevante che la testimonianza dei due agenti, dopo essere apparsa nel volume, è stata raccolta dalla Procura di Caltanissetta il 20 aprile scorso. I costruttori Graziano, proprietari del palazzo da cui forse è stato attivato il telecomando di Via D'Amelio, erano mafiosi legati ai Madonia e ai Galatolo. La relazione dei due agenti della Criminalpol su quella perquisizione effettuata poche ore dopo il massacro è stata 'dimenticata' dalle indagini. Ruotolo, invece, ha 'dimenticato' di citare la fonte di un presunto scoop e ha creato un certo scompiglio tra gli investigatori. Come mai?


Ulisse Spinnato Vega (Affaritaliani.it, 29 luglio 2010)











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