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Quando la mafia non uccide solo amici e nemici... PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Serena Verrecchia   
Domenica 22 Agosto 2010 11:07

Si è acquisita la consapevolezza, ormai, che chi si ribella alla mafia, che sia esso un membro stesso dell’organizzazione o uno che la combatte dall’esterno, non ha scampo: presto o tardi viene eliminato. È per questo che si cerca di starne alla larga, di non parlarne, di non occuparsene direttamente e di delegare il compito a qualcun altro. La mafia non perdona i suoi nemici; ma, essendo un’organizzazione criminale i cui membri sono spregevoli ed efferati assassini, nemmeno chi non ha mai avuto niente a che fare con essa può proclamarsi “immune” e camminare tranquillamente per strada. La mafia non guarda in faccia a nessuno: quando deve portare a termine una missione, lo fa e basta senza badare agli “amici” e ai “nemici”.

Il 22 agosto di quattro anni fa, a Palermo, nel quartiere di Sferracavallo, un uomo in motocicletta uccide a colpi di rivoltella Giuseppe D’Angelo. Sessantatre anni, pensionato, ex titolare di un bar, incensurato, l’uomo non aveva mai avuto a che fare con Cosa Nostra, eppure il suo corpo, al calar del sole di quel 22 agosto del 2006, giaceva a terra, martoriato dal piombo, senza vita. L’omicidio di quell’uomo, sconosciuto alla polizia, assassinato con tanta ferocia nel territorio del boss Salvatore Lo Piccolo, fece subito pensare ad un regolamento di conti o ad un segnale preciso che gli avversari interni a Cosa nostra avevano voluto mandare al boss padrone di casa. Niente di tutto ciò. Giuseppe D’Angelo fu ucciso per la sua impressionante somiglianza con il capomafia Bartolomeo Spatola, circostanza della quale i suoi aggressori si accorsero solo a cose già fatte.Lo scorso marzo, intanto, il gup Giangaspare Camerini ha condannato all’ergastolo, per l’omicidio D’Angelo, Gaspare Di Maggio e a dieci anni e sei mesi i pentiti Francesco Briguglio e Gaspare Pulizzi. I presunti mandanti del delitto, Salvatore e Sandro Lo Piccolo, saranno invece giudicati in un altro procedimento. I famigliari della vittima si sono costituiti parte civile e hanno ottenuto una provvisionale immediatamente esecutiva. Il corpo di un sessantenne abbandonato morto sul ciglio di una strada è solo un’altra emblematica immagine di ciò che realmente è la mafia: un cancro che può colpire inevitabilmente chiunque, sia esso amico, nemico o innocente.

Serena Verrecchia

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