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Francesco Messineo: 'Temo la reazione rabbiosa della mafia' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Raffaella Daino e Salvo Palazzolo   
Mercoledì 25 Agosto 2010 20:30

Il procuratore capo Francesco Messineo ai microfoni di SkyTG24 commenta la notizia delle minacce agli agenti della Catturandi, fotograti a spiati da Cosa nostra. "La mafia non ha mai smesso di tentare di ricompattarsi".


Fonte: SkyTG24
 
Fotograti a spiati da Cosa nostra. Nel mirino dei clan sono finiti quattro agenti della Catturandi di Palermo, la squadra che ha assestato colpi letali all'organizzazione mafiosa, arrestando boss e prestanome in diverse operazioni, decapitando il ghota delle 'famiglie' palermitane. Un lavoro, spesso condotto lontano dai riflettori. Per ragioni di sicurezza, inoltre, gli agenti sono sempre incappucciati, per evitare che si risalga alla loro identità. Questo, però, non ha impedito ai capoclan di avvicinarli e minacciali.

"Prendiamo con estrema serietà queste minacce - dichiara a SkyTG24 il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo - Io credo che queste azioni siano la reazione alla risposta incisiva che la catturandi di Palemo ha svolto". La mafia, aggiunge Messineo "non ha mai smesso di tentare di riorganizzarsi. Come sappiamo fin dall'operazione Perseo del 2008, i tentativi di ricompattamento sono continui e frequenti perché ricompattarsi per la mafia è una precondizione necessaria per poter riprende un'attività su larga scala".

Il procuratore parla poi anche del problema delle risorse di cui dispongono le forze dell'ordine. "Alla procura di Palermo oggi mancano ben 18 sostituti su 64".

La Procura ha aperto un'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal pm Francesca Mazzocco, per fare luce sugli inquietanti episodi. Il primo risale all'inizio di agosto quando la moglie di un poliziotto è stata fermata per strada da tre uomini in auto, che con la scusa di chiederle un'informazione le hanno mostrato alcune foto che ritraevano il marito e altre persone, commentando le immagini con frasi del tipo: "Che bei mariti avete, che belle famiglie".

Fonte: SkyTG24,  25 agosto 2010




Minacce a tre agenti della Catturandi, c'è l'ombra di Messina Denaro


 

"Che bei mariti avete, che belle famiglie". Intimidazioni e agenti trasferiti, ma la squadra non si ferma. Ormai ha ormai un solo obiettivo: il super ricercato. La telecamera di sorveglianza di un negozio ha ripreso l'auto sulla quale è salito lo sconosciuto che ha avvicinato la moglie di un ispettore nei giorni scorsi


Hanno fermato la moglie di un ispettore della squadra Catturandi con una scusa: "Signora, può darci un'informazione?". Erano in tre, su un'auto. Uno è sceso. In mano teneva delle fotografie. "Che bei mariti avete - ha esordito - che belle famiglie". E intanto, scorreva le immagini. Era l'inizio di agosto. In quelle foto non c'erano soltanto il marito della donna e i suoi familiari, ma anche altri tre poliziotti della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo.

Come anticipato da Repubblica nei giorni scorsi, l'ispettore e la sua famiglia sono stati già trasferiti d'urgenza in una località segreta. Adesso, si apprende che ci sono anche altri investigatori nel mirino. Tutti fanno parte dello storico gruppo che ha arrestato il gotha di Cosa nostra: da Salvatore Lo Piccolo a Mimmo Raccuglia e Gianni Nicchi. Da gennaio, la Catturandi di Palermo ha ormai un solo obiettivo: il boss trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1994.

Alcune di quelle fotografie mostrate alla moglie dell'ispettore sono state scattate davanti alla squadra mobile, probabilmente proprio dopo gli ultimi arresti, quello di Raccuglia o di Nicchi, avvenuti fra il 15 novembre e il 5 dicembre dell'anno scorso. Si vedono i poliziotti mentre ritornano dal blitz. Evidentemente, qualcuno li spiava già da tempo. E non ha esitato a confondersi fra i giovani che esultavano davanti alla Mobile.

La telecamera di un negozio ha ripreso l'auto con i tre misteriosi uomini che si allontanano a velocità. Purtroppo, le immagini hanno una risoluzione scadente, non è stato dunque possibile risalire al numero di targa. Gli investigatori della Mobile continuano a cercare. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal sostituto Francesca Mazzocco.

In questi giorni, si riesaminano anche le dichiarazioni del confidente che a luglio aveva svelato ai carabinieri del Ros di alcuni progetti di attentato proposti dagli "emergenti" dei clan palermitani: nel mirino erano stati indicati la squadra mobile e il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo quelle rivelazioni era partito un fonogramma di allerta dal Viminale. La fonte riferiva che di quei progetti di attentato si sarebbe discusso durante un summit alla stadio della Favorita. Presente anche Matteo Messina Denaro: la fonte sostiene che il boss trapanese si oppose al ritorno degli attentati. Di più non sappiamo. Sull'attendibilità della fonte l'intelligence antimafia si è divisa. Anche in Procura ci sono valutazioni diverse. Di certo, però, all'inizio di agosto, i poliziotti della Mobile di Palermo sono finiti nel mirino con un'azione a sorpresa. Una coincidenza inquietante.

Qualcuno ha pedinato e fotografato l'ispettore della Catturandi mentre usciva dalla squadra mobile, mentre faceva la spesa con i suoi familiari. Lui adesso è lontano da Palermo: "Non mi lascerò intimidire - ha detto a un amico prima di partire - nessun poliziotto di Palermo farà mai un passo indietro". Per i ragazzi e le ragazze della Catturandi l'ultima indagine - quella su Messina Denaro - è già da tempo molto di più che la solita caccia al superlatitante. Da gennaio - da quando il capo della Catturandi, Mario Bignone, ha scoperto di avere un tumore - questa indagine è stata una lotta per la vita. In un letto d'ospedale, all'indomani dell'operazione di Bignone, è nato il gruppo speciale "Messina Denaro", di cui fanno parte anche gli investigatori della squadra mobile di Trapani, della sezione Criminalità organizzata di Palermo e del servizio centrale operativo. Mario Bignone non ce l'ha fatta, è morto il 21 luglio. Adesso, i suoi ragazzi vogliono portare a termine la sua indagine.


Salvo Palazzolo (
la Repubblica, 24 agosto 2010)










 
 

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