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Il senso dello Stato: Calogero Di Bona e Carmelo Jannì PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Serena Verrecchia   
Sabato 28 Agosto 2010 09:45

28 agosto 2010. Nella lunga lista delle vittime di mafia, alla data di oggi troviamo due nomi: Calogero Di Bona e Carmelo Jannì. Due uomini diversi, due vite diverse, due epiloghi diversi, due storie diverse, ma un massimo comun denominatore: il senso dello Stato, ovvero quel modo giusto e dignitoso di comportarsi nei confronti delle Istituzioni e della società, che, in un Paese in cui tutto ruota al contrario, potrebbe portare alla morte.
Il senso dello Stato: il motivo per cui tanti nomi compaiono oggi nella lunga lista delle vittime di mafia, tra cui Calogero Di Bona e Carmelo Jannì.

 
Calogero Di Bona era un maresciallo del Corpo degli Agenti di Custodia in servizio presso la Casa Circondariale di Palermo. Nato a Villarosa (EN) il 29 agosto del 1944, scomparve alla vigilia del suo trentacinquesimo compleanno, il 28 agosto 1979. La moglie ricorda che quel giorno le disse che sarebbe andato a prendere un caffè dopo aver accompagnato i figli dalla nonna, ma non si rividero mai più. Le indagini sulla sua scomparsa furono affidate al giudice Rocco Chinnici, il quale era sicuro che la misteriosa scomparsa di Di Bona fosse strettamente legata al lavoro che svolgeva, al suo status di servitore fedele dello Stato, sempre ligio al proprio dovere. Ma quando il tritolo si portò via il magistrato, anche la speranza di fare chiarezza sulla scomparsa del giovane maresciallo svanì e, sebbene gli inquirenti classifichino la scomparsa come un caso di “lupara bianca”, a distanza di anni, la verità non è ancora venuta a galla. Il movente pare sia stato una relazione che l’ufficiale fece in seguito ad un pestaggio di un agente di custodia all’interno del carcere, per denunciare l’accaduto. Per questo sarebbe stato punito dalla mafia. Nessuno però, ha ancora punito la mafia per la sua scomparsa.

Carmelo Jannì era invece un imprenditore. “Un idealista che amava stare tra la gente” dicono di lui le persone che lo hanno conosciuto. Gestiva un hotel a conduzione familiare in un paesino in provincia di Palermo. Un bell’albergo, a ridosso del mare, in cui anche i famigerati chimici marsigliesi, che si occupavano della raffinazione della droga, misero piede nei terribili anni Ottanta. Fu per questo che la polizia chiese all’imprenditore il permesso di poterli spiare da vicino sotto copertura, come uomini del personale, e di accedere alle loro stanze per perquisirle. Quel senso dello Stato di cui si parlava prima, impose a Carmelo Jannì di accettare. Il 24 agosto 1980, gli stessi poliziotti fecero un blitz in una raffineria vicino Palermo e riuscirono ad arrestare anche il boss Gerlando Alberti, detto “u paccarè”. Quattro giorni dopo, il 28 agosto 1980, due uomini entrano nell’albergo di Carmelo, alle tre e trenta del pomeriggio, ma questa volta non sono poliziotti, sono mafiosi, killer che gli sparano al cuore e alla testa e lo lasciano morire sul pavimento della sua hall. “U paccarè” aveva dato l’ordine dal carcere e i suoi scagnozzi avevano eseguito.
 
Calogero Di Bona e Carmelo Jannì, morti nello stesso giorno a distanza di un anno per il loro senso dello Stato. Tutti e due costretti a diventare eroi, mentre avrebbero preferito essere semplicemente papà. Il maresciallo Di Bona lasciò tre figli: Giuseppe di cinque anni, Alessandro di due e Ivan di appena undici mesi, che oggi lo ricordano così: Dopo più di un quarto di secolo dalla sua scomparsa, rimane tutt’oggi vivo il ricordo di un padre davvero unico, ligio al dovere, che ha speso la propria vita a servizio dello Stato.” “Tutto accadde dopo una intensa giornata di lavoro all’Ucciardone - ricorda la moglie Rosa Cracchiolo - Dopo averci accompagnato a casa della nonna uscì per prendere un caffè dicendo che sarebbe ritornato da lì a poco. Il mancato rientro di mio marito dopo un’ora, non mi preoccupò perché pensai che si fosse dovuto recare all’Ucciardone per qualche improvviso problema. Ma col passare del tempo capii che qualcosa doveva essere successo. Dopo aver chiamato alcuni colleghi al carcere e avendo saputo che lì non era andato, avvisai subito i carabinieri della zona. Le ricerche furono avviate subito e dopo un paio di giorni fu ritrovata l’auto, ma di mio marito nessuna traccia. Per la mia famiglia questi anni sono trascorsi con un dolore vivo al cuore per la perdita di un marito gentiluomo, di un padre meraviglioso per i nostri figli e per un uomo che ha creduto sempre nella Giustizia e per la quale ha indossato una divisa fino a perdere la vita. La mia famiglia ringrazia lo Stato, che con le misure a favore delle vittime del dovere ci è stato vicino, e i colleghi che ancora oggi lo ricordano con affetto”. Il Maresciallo Di Bona è stato riconosciuto "Vittima del Dovere" ai sensi della Legge 466/1980 dal Ministero dell'Interno ed alla sua memoria sono intitolate la Caserma Agenti del Reparto di Polizia Penitenziaria dell'istituto palermitano "Pagliarelli" e, dal 28 agosto 2009 l'aula consiliare del Comune di Villarosa (EN), città natale del Caduto.
 

Carmelo Jannì lasciò invece tre figlie: Roberta, Liliana e Monica, che lo descrivono come un uomo idealista, coraggioso e valoroso, ma, soprattutto, come una padre amabile.
”Noi l’indomani abbiamo visto nostro padre sul Giornale di Sicilia pieno di sangue nella hall dell’albergo, con dei titoli allucinanti. Non ha mai detto nulla né a noi né a mia madre, probabilmente perché pensava che ci saremmo spaventate…da quel momento la nostra vita è cambiata – ricordano -. Ci hanno tolto una persona che probabilmente ci poteva aiutare a crescere, ad affrontare la vita e quelle cose che non siamo riusciti a dirci non c’è stata la possibilità di dircele…questo è quello che sostanzialmente manca a noi, cerchiamo risposte ma non ce ne sono. Qualcuno ha deciso per noi.”


Serena Verrecchia

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Francesco Grasso  - GRAZIE   |2010-08-28 17:47:26
grazie infinite,ricordare queste persone è molto importante!!!!!!Sono le
splendide stelle che guidano il nostro cammino.

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