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Padre Puglisi: 15 Settembre 2010, non dobbiamo tacere! PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Veronica Sammaritano   
Martedì 14 Settembre 2010 23:13
«Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d'amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere, coscienza di avere accolto l'invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio»

E lui, certamente, ha fatto del suo meglio, al punto di diventare un personaggio scomodo. Uno di quelli che non si è fermato al primo ostacolo, che ha deciso di andare avanti nonostante la consapevolezza che la strada che aveva deciso di percorrere era lunga, tortuosa e piena di ostacoli. E voglio ricordarlo così, a diciassette anni dalla sua morte.

Giuseppe Puglisi, meglio conosciuto come Pino, nasce a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, il 15 settembre 1937. All’età di sedici anni, nel 1953, decide di entrare in seminario e nel 1960 viene ordinato sacerdote. Dopo aver operato nella chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi, nel 1967 ottiene la nomina di cappellano presso l’orfanotrofio “Roosevelt” e nel 1969 viene nominato vicerettore del seminario arcivescovile minore. Nel settembre dello stesso anno partecipa ad una missione in aiuto del paese di Montevago, colpito da un violento terremoto. Segue con particolare attenzione il lavoro del Concilio Vaticano II, curandosi di diffondere immediatamente i documenti tra i fedeli. Nel 1970 viene nominato parroco di Godrano, paese che a quel tempo era segnato da una cruenta e sanguinosa faida. Qui rimane fino al 1978 , il suo aiuto fu fondamentale per portare la riconciliazione tra le famiglie dilaniate dallo scontro. Nello stesso tempo si occupa anche di altre zone degradate della città. Nello stesso anno viene nominato pro rettore del seminario minore di Palermo e l’anno seguente ottiene la nomina di direttore del Centro diocesano Vocazioni; successivamente otterrà le cariche di vice delegato regionale dello stesso Centro Vocazioni. Qui, attraverso una serie di percorsi formativi e “campi scuola”, si è occupato di sensibilizzare i giovani e educarli dal punto di vista pedagogico e cristiano. Prende parte a numerosi movimenti tra cui: Presenza del Vangelo, Azione Cattolica, Fuci, Equipes Notre Dame e Camminare Insieme. Il 29 settembre del 1990 viene nominato parroco a Brancaccio. Qui inagura, nel 1993, il centro “Padre Nostro”, diventato il punto di riferimento per le famiglie e soprattutto per giovani che abitano il quartiere. Si fa aiutare da un gruppo di suore e dal parroco e, grazie all’aiuto dell’ Associazione Intercondominiale, denuncia atti di malaffare e rivendica i diritti civili della sua gente nonostante le minacce e intimidazioni ricevute.
Viene ucciso il giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993, sotto casa sua.
Secondo le testimonianze, Padre Puglisi alla vista dei mandanti avrebbe pronunciato la frase “me lo aspettavo”.
In ricordo del suo impegno in tutta la Sicilia e l’Italia in generale sono state costruite scuole, centri sportivi, strade e piazze che portano il suo nome. Anche all’estero sono state svolte commemorazioni in ricordo del suo lavoro. Gli esecutori e i mandanti mafiosi dell’omicidio sono stati condannati con sentenza definitive, movente la sua attività pastorale che mirava a ideali di giustizia e libertà, condannando l’omertà e ogni tipo di sopruso. Subito dopo la sua morte è partita la richiesta di riconoscimento del martirio che è in esame al Vaticano dal maggio 2001.

Spesso nel corso della sua vita, Padre Puglisi si è dedicato ai giovani. E’ infatti a lui che dobbiamo la costruzione della scuola media di Brancaccio. Ha sempre creduto infatti, che i giovani siano il futuro di questo paese e per questo ha riposto la sua fiducia in loro e ha cercato di sensibilizzarli a ideali di Giustizia, Onestà e Libertà da ogni tipo di sopruso. Una continua ricerca della Legalità la sua, in un paese macchiato di sangue e malaffare. A questo si devono le manifestazioni, le proteste, la sua presa di posizione. Il suo è stato un impegno attivo, un nuovo modello di chiesa come lo definiscono alcuni. Padre Pino non è rimasto chiuso nella sacrestia della sua chiesa a guardare, è uscito, ha preso parola, si è mischiato alla sua gente e ha sofferto, sperato con loro in questa continua e ardua lotta. Questa è la causa della sua morte: i suoi gesti erano visibili, il suo operato attivo e la sua positiva influenza creava nei giovani la voglia di una realtà più vera, buona, pulita. Una realtà vivibile. Tutto questo ai boss sanguinari che avevano potere su Brancaccio, non andava bene, era troppo, e loro rischiavano di essere sopraffatti. Così partivano le minacce, gli agguati… Ma nulla di tutto ciò è mai riuscito a intimorirlo.
“Non dobbiamo tacere!” questo era il suo motto.
Ed è proprio da qui che dobbiamo partire anche noi. Non dobbiamo tacere o lasciarci intimorire, per quanto la strada sia tortuosa e questa battaglia necessita di un impegno costante.
Che sia lui il nostro esempio, uomo coraggioso, attivo, fedele. Dovremmo essere tutti un po’ Padre Puglisi, allora cambierebbero tante cose.                

Veronica Sammaritano






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