Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla.
Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare. Paolo Borsellino
“Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”
Rosario Livatino
Sono trascorsi vent’anni da quella sanguinosa mattina, il 21 settembre 1990, in cui un giovane giudice fu brutalmente ucciso in un agguato mafioso. Si trattava di Rosario Livatino, conosciuto anche come “il giudice ragazzino”... Rosario nasce a Canicattì il 3 ottobre del 1952. Dopo aver dato la maturità al liceo classico Ugo Foscolo si iscrive alla facoltà di giurisprudenza di Palermo, dove consegue la laurea cum laude nel 1975. Per un anno, dal 1977 al ’78, ricopre la carica di vicedirettore in prova presso l’Ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978 partecipa ad un concorso per entrare in magistratura; dopo averlo superato viene trasferito al Tribunale di Caltanissetta. Qui il suo ruolo termina dopo un anno di permanenza con il trasferimento al Tribunale di Agrigento, dove lavorerà per circa un decennio occupandosi delle più delicate indagini antimafia: colpisce duramente gli interessi di questa per mezzo della confisca dei beni e si occupa anche di quella che diventerà, nel ’90, la “Tangentopoli Siciliana”. Sempre ad Agrigento presta servizio come giudice a latere. Come già accennato viene ucciso il 21 settembre del ’90 sulla SS 640, mentre si reca in tribunale a bordo della sua Ford Fiesta. Senza scorta e senza blindata.
Eppure Rosario Livatino era uno dei magistrati di punta del Tribunale di Agrigento. Uno dei più esposti per le sue inchieste antimafia. Fu lui, assieme a Salvatore Cardinale e Roberto Saieva, ad istruire il primo grande processo alla mafia di Agrigento, svoltosi nella palestra di Villaseta e conclusosi con diverse condanne all’ergastolo. Dall’agosto 89, era stato assegnato alla sezione misure di prevenzione contro la criminalità. Come tutti i giorni, anche in quella calda mattina di inizio autunno del 1990, Rosario Livatino era a bordo della sua auto. Una vecchia Ford Fiesta colore amaranto. Percorre la statale 640 per raggiungere il Tribunale, dalla sua Canicattì. Nei pressi di contrada Gasena, poco prima di Agrigento, viene affiancato da un’auto e da una moto. L’auto di Livatino è speronata. Partono le prime raffiche di mitra. Livatino è ferito ad una spalla e fugge a piedi giù nella scarpata. Lo insegue uno dei killer, Gaetano Puzzangaro, di Palma di Montechiaro, conosciuto come "A musca". Un insegumento tragico, drammatico. Puazzangaro spara 4 colpi di grazia sul volto del magistrato che implorando gli chiede: che cosa ho fatto? I mandati dell’omicidio sono stati scoperti e condannati all’ergastolo grazie alla testimonianza di Pietro Ivano Nava.
Gli interventi pubblici del giudice Livatino sono molto rari, difficile anche trovare sue immagini. Inoltre Rosario non ha mai preso parte a club o associazioni di ogni genere. Il soprannome “Giudice Ragazzino” gli fu affidato dal Presidente della Repubblica Cossiga, dopo che Livatino scopre i rapporti tra mafia e massoneria. Da questo traggono ispirazione i titoli di diverse opere a lui dedicate, come il film di Alessandro Di Robilant o la biografia scritta da Nando Dalla Chiesa. Un uomo di cui anche Giovanni Paolo II parla definendolo “martire della giustizia e indirettamente della fede” , poichè nella sua vita Rosario sarà sempre accompagnato dalla fede cattolica, motivo per cui Mons. Ferraro, vescovo di Agrigento, ha avviato la sua causa di beatificazione.
L’esempio di un uomo che, secondo tanti, ha vissuto la propria vita come servitore dello Stato ma alla luce del Vangelo. Uomo che dovrebbe essere d’esempio per molti personaggi di spicco della nostra società, nonchè per i giovani che decidono di intraprendere la strada della Giustizia al fine di diventare promotori di questa.
Veronica Sammaritano, 20 settembre 2010
L'emittente TELEACRAS intervista Paolo Borsellino in occasione
dell'intitolazione di un'aula del Tribunale di Agrigento
al giudice Rosario Livatino
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Francesco Grasso
- SE ESISTONO I SANTI
|2010-09-21 23:09:59
Rosario Livatino
e certamente anche Paolo Borsellino
sono Santi.
No vi può essere dubbio!
La loro Anima è fra noi,
sono personaggi
VIVI,
VIVI!!!
Paolo Borsellino per noi E' più che vivo.
Per noi, è il Comandante Generale delle
FORZE DELLA RESISTENZA.
Ogni giono ne osserviamo i suoi ordini.
L'esempio da loro dato è importane per molti giovani,
anzi importantissimo.
Ma ancora più importante è per quei colleghi che,
chi sà ,
forse in buona fede,forse per i tanti impegni,o per altro,non riescono a sentirli così vivi.
Certamente non mi riferisco a coloro che,spero pochissimi,
degnamente sostengono la "Ragnatela della illegalità", in quanto anche a volerlo non possono.Non possiedono le necessarie strutture recettive. Ci sono, fanno parte di questo Mondo.Ciò è nell'Ordie naturale delle cose.
Spetta alla componente sana individuarli e neutralizzarli.
E' UN DOVERE INDEROGABILE!!!!
E' una legge naturale per assicurare a qualsiasi organo la sopravvivenza.
E poi non è nemmeno difficile.
Quelli che con modi rozzi,con arroganza, violano le leggi della ragione,la verità,
non sono visti chi non li vuol vedere.
Soprattutto nel mondo della giustizia, ove gli atti parlano esplicitamente, anzi
GRIDANO IN FORMA ASSORDANTE.