Palermo. Dopo la strage di Capaci e prima della strage di via D'Amelio, l'allora direttore degli Affari Penali Liliana Ferraro ha incontrato il capitano Giuseppe De Donno. E il 28 giugno del '92 ne parlò con Paolo Borsellino. A confermarlo è stata la stessa Ferraro deponendo al processo al generale Mario Mori. De Donno - ha affermato - «me lo presentò Giovanni Falcone: non avevo una conoscenza diretta ma sapevo chi era». Sull'incontro la Ferraro ha detto: «Per quello che ricordo non so se era un appuntamento. In quel periodo chi veniva al Ministero e faceva parte del gruppo di Falcone, entrava in qualunque momento». La Ferraro ha ripercorso brevemente la sua carriera, prima da magistrato e poi alla vicedirezione e alla direzione degli Affari Penali al Ministero della Giustizia, chiarendo che a chiamarla a Roma era stato il giudice Giovanni Falcone. Era stato Claudio Martelli a dire in aula che la Ferraro avrebbe appreso da De Donno della cosiddetta 'trattativà tra lo Stato e Cosa nostra e che ne avrebbe parlato a Paolo Borsellino.
Ferraro: ''De Donno mi parlò dei contatti con Massimo Ciancimino'' Palermo. «Il capitano De Donno durante il nostro incontro negli uffici della Direzione Affari penali al Ministero della Giustizia disse che bisognava fare di tutto per prendere gli assassini di Giovanni Falcone. Si ricordava di avere conosciuto il figlio dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino di recente e che forse valeva la pena contattare il padre per vedere se era disponibile a una collaborazione». Lo ha detto l'ex direttore degli Affari penali Liliana Ferraro, deponendo al processo al generale Mario Mori. L'ex magistrato ha affermato di non ricordare se «De Donno aveva già preso contatto o ancora no con il figlio di Vito Ciancimino». «Parlare di quel periodo - ha ammesso - mi provoca ancora forti emozioni». De Donno avrebbe chiesto alla Ferraro se fosse il caso di parlarne con l'allora ministro della Giustizia Martelli, ma «io - ha affermato l'ex direttore degli Affari Penali - dissi a De Donno che forse era il caso di parlarne con Paolo Borsellino».
''Falcone capì che con morte Lima tutto era possibile'' Palermo. «Quando uccisero Salvo Lima ero negli Stati Uniti per lavoro, mi avvertì Giovanni Falcone che mi disse: 'Ora può succedere di tuttò e io tornai subito a Roma». Lo ha detto Liliana Ferraro, ex direttore degli Affaro penali ricordando nella sua deposizione al processo Mori a Palermo le tensioni seguite all'omicidio di uno degli esponenti di spicco della Dc siciliana. In quell'occasione «avevo avvertito una grande tensione - ha detto - nella voce di Falcone».
Ferraro: ''Dissi a Borsellino che Ros voleva contattare Ciancimino'' Palermo. «Incontrai Paolo Borsellino il 28 giugno del '92 all'aeroporto di Bari e gli dissi che il Ros voleva contattare Vito Ciancimino. Borsellino non ebbe reazioni particolari e disse: 'Ora ci penso io». Lo ha detto l'ex direttore degli Affari penali Liliana Ferraro, proseguendo la sua deposizione in aula al processo in corso a Palermo al generale Mario Mori.
Ferraro: ''Mori mi disse che Ciancimino voleva passaporto'' Palermo. «Il colonnello Mori nell'autunno del '92 mi informò che Vito Ciancimino voleva il rilascio del passaporto. Lo dissi al ministro Martelli che si arrabbiò moltissimo». Lo ha detto l'ex direttore degli Affari penali Liliana Ferraro proseguendo la sua deposizione al processo Mori a Palermo. «Pensavo che il rilascio del passaporto rientrasse nei rapporti tra il Ros e Vito Ciancimino per indurlo a collaborare - ha aggiunto - ma non ricordo se glielo chiesi. Informai subito il ministro Martelli perchè gli dicevo qualsiasi cosa. E lui si arrabbio tanto».
''Raccontai tutto a pm Chelazzi'' Palermo. «Il dottor Chelazzi (pm di Firenze poi deceduto n.d.r) che indagava sulle stragi mafiose del 1993 mi mostrò l'agenda di Mori e mi chiese il perchè dei nostri incontri. Io gli raccontai tutto quello che era accaduto tra le stragi di Capaci e Via D'Amelio». Lo ha detto l'ex direttore degli Affari Penali del ministero della Giustizia Liliana Ferraro deponendo al processo per favoreggiamento aggravato al generale Mario Mori. «Poi si affacciò Vigna, allora procuratore di Firenze, - ha proseguito - e Chelazzi disse» 'sto seguendo un mio filone ma penso che ti dovrò risentirè».
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Maurizio
|2010-10-11 18:16:34
E' evidente come non può essere possibile e credibile che Mancino 'non ricorda'.
Se Ferraro ricorda giorno e luogo dell'incontro con Paolo Borsellino, ricorda addirittura cosa lei disse e cosa lui rispose, perchè Mancino non dovrebbe ricordare anche vagamente qualcosa?
Forse perchè è il modo più comodo per evitare di dovere raccontare invece quello che ricorda e i dettagli di quanto si sono detti?
Solo che sostenere di 'non ricordare' circostanze che altri (più di uno) a vario titolo informati o partecipi in quei giorni ricordano sembra assolutamente inverosimile.
Eppure, se fosse davvero così, significa che Mancino per anni ha ricoperto un ruolo istituzionale inadeguatamente viste le sue deficenze personali apertamente ammesse da lui stesso.
Perchè Mancino non vuole parlare?
Perchè Violante, altro esponente politico toccato dalla vicenda non ha mai parlato?
Forse entrambi distintamente per i propri ruoli hanno tenuto una strategia sbagliata e dai risultati fallimentari ed indegni?