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Home Documenti Un patto tra mafie e Casalesi per uccidere toghe e giornalisti
Un patto tra mafie e Casalesi per uccidere toghe e giornalisti PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Giovedì 07 Ottobre 2010 08:03
PALERMO - Un documento con l'intestazione cancellata e il timbro "Riservato" sta tenendo da giorni in allerta le prefetture di mezza Italia. È arrivato alla Dia di Caltanissetta come fosse un anonimo qualsiasi, ma in quella pagina scritta con i toni di una relazione di servizio vengono indicate le rivelazioni di una fonte confidenziale, che avrebbe partecipato a un summit organizzato a Messina fra i rappresentanti di Cosa nostra, 'Ndrangheta e Camorra. Uno solo l'argomento all'ordine del giorno: il via libera a una nuova stagione delle stragi.

Nel mirino vengono indicati i magistrati più impegnati nella lotta ai clan: si comincia con i nomi di Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino, il procuratore di Reggio e uno dei suoi vice, che due anni fa sono arrivati in Calabria da Palermo, dopo aver chiuso il cerchio attorno alla quarantennale latitanza di Bernardo Provenzano. Il documento riferisce che "del piano di attentato" nei loro confronti si era già parlato in un precedente summit: a Messina "si dovevano mettere in pratica gli accordi". E andare anche oltre, programmando nuovi "obiettivi" da colpire: il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, il suo aggiunto Domenico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, "perché si occupano delle indagini sull'attentato a Borsellino - prosegue la fonte - e di altre vicende per cui i clan sono interessati".

Durante il summit, il rappresentante dei "napoletani" avrebbe "esposto l'interesse a colpire", così dice l'anonimo, il magistrato Raffaele Cantone, uno dei simboli della lotta ai Casalesi, che oggi è in Cassazione. Secondo la fonte, Cantone era stato già pedinato a Roma. I boss palermitani caldeggiavano invece la richiesta fatta da un "amico avvocato", per "uccidere un giornalista". Tutti i partecipanti al summit, infine, si sarebbero trovati d'accordo nel colpire Sebastiano Ardita, magistrato in servizio al Dap: "Si occupa del 41 bis", è scritto nel documento.

Da Roma a Caltanissetta è tornata così l'allerta attentati. E le misure di sicurezza sono state subito rafforzate. Ma resta il giallo: cos'è quel documento che qualcuno ha inviato a fine settembre? Ci sono due inchieste per scoprirlo, a Catania e Catanzaro. Quella pagina potrebbe essere uscita per davvero da un ufficio investigativo o dei servizi segreti. Ma nessuno l'ha mai inviata ai magistrati o alle prefetture. Seconda ipotesi: la relazione di servizio potrebbe essere un falso, chi ha diramato l'allarme prende in considerazione anche questa possibilità. Ma le preoccupazioni rimangono: fra quelle righe ci sarebbero indicazioni che solo pochi addetti ai lavori conoscono, sugli spostamenti dei magistrati e sulle indagini.

Così, adesso, sono alcuni particolari del documento ad essere esaminati con cura. Sul summit si dice che sarebbe stato organizzato in un casolare alla periferia di Messina. La data è quasi tutta cancellata, resta soltanto un "10", che potrebbe essere il riferimento al 2010. Anche i nomi dei partecipanti sono cancellati. È rimasto questo passaggio: "C'erano rappresentanti delle famiglie palermitane, uomini della locride e un napoletano". Suona adesso come una drammatica conferma ai sospetti dell'intelligence antimafia: da tempo, i rappresentanti delle mafie organizzerebbero incontri riservati, per definire una strategia comune.

Fonte: repubblica.it (Salvo Palazzolo, 7 Ottobre 2010)

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Maurizio   |2010-10-07 18:11:06
Mi risulta davevro difficile pensare che a margine di un summit composto da tre
componenti criminali, ultimato il verbale (quasi fosse un consiglio di
amministrazione di una società di capitali) della seduta lo stesso venga infine
recapitato ad uno degli obbiettivi individuati durante il summit.

Strano
perchè sarebbe curioso che la criminalità volendo colpire obbiettivi elevati
invece di usare il vantaggio della sorpresa addirittura anticipi con un
documento queste aspirazioni.

Sembra più tosto il modus operandi di servizi
infedeli allo stato ed alle sue istituzioni che utilizza il metodo del
manganello per tentare di intimorire.

Pare che fra le righe della missiva ci
fossero elementi specifici conosciuti solo da pochi addetti ai lavori e questo
elemento potrebbe essere rivelatore del messaggio reale che questa missiva
reca.

E' però davvero pittoresco che qualcuno voglia fare credere a gente
pratica dell amateria che un gruppo variegato di criminali si raduni in un luogo
appartato per prendere decisioni punitive contro apparati istituzionali e poi
questa riservatezza venga annullata da un foglio scritto, una sorta di
confessione premonitrice, con tanto di data nomi dei partecipanti e luogo, salvo
poi tentare di cancellare data e nomi.

Sembra più uno scherzo di adolescenti
che una cosa seria, ma è proprio questo elemento a destare dubi e
preoccupazioni.

E' il frutto di un hakeraggio burocratico di govani
informatici?

E' un modo cialtronesco di apparati sfuggiti dai
servizi?

Certo il documento è confezionato proprio per avvertire e non
essere preso sul serio ma perchè avvertire in anticipo?
alexn8   |2010-10-07 22:10:47
ciao maurizio e a tutti quanti, volevo dirti che la tua opinione potrebbe essere
interessante, in quanto il ruolo depistante e manipolatore di parte dei servizi
è emerso più volte in varie dichiarazioni di pentiti e e dichiaranti.

Quello
che tenevo a dire, in base al ritrovamento del bazooka ,alle minaccie rivolte ai
cincimino, ai lari, ingroia, tona e altri..mi chiedevo se è ancora della stessa
idea il sig. ayala ad effettuare o studiare una responsabile ed intelligente
limitazione delle scorte, come lui stesso ha spiegato.
Perchè se fosse ancora
dello stesso parere mi sembra che il sig. ayala vive in un altro mondo.
Maurizio   |2010-10-11 17:48:56
Non ho letto le dichiarazioni di Giuseppe Ayala, ma ho appreso il tenore
del
contenuto.

Certo ci sarebbe solo da dire che Ayala è stato magistrato
a
Palermo qualche decennio fa, e che ormai da anni fa il parlamentare
quindi
potrebbe avere mutato il suo vedere e sentire le esigenze della
magistratura
tanto da lasciarsi andare a dichiarazioni inesatte.

C'è da
dire però che
non è ancora chiaro cosa davevro significhino quel bazzoka
usato e cosa quel
documento segreto-riservato ma redatto o almeno manomesso per
essere reso
noto.

Ci sono delle evidenti incongruenze macroscopiche e
sopratutto delle
stridenti contraddizioni nel contenuto.

Non è ancora tempo
di sbilanciarsi
in analisi che risulterebbero infondate perchè gli elementi
frutto di indagini
ed analisi non sono ancora a noi noti.

L'unica ipotesi
possibile è che
esistono copuscoli insofferenti per qualche ragione e vogliono
renderlo noto,
per quale motivo è azzardato dirlo ora.

Ma non sono i soli
fronti questi,
c'è il ruolo di quotidiani come il Giornale che da mesi portano
avanti campagne
denigratorie esibendo documentazioni discutibili ma che anche
se chiaramente
false sono utili per raggiugere lo scopo per cui sono
state
confezionate.

Esiste allo steso tempo un Presidente del Consiglio
aggrappato
alla sua poltrona e mal disposto a lasciarla nonostante la ormai
scemata fetta
di consenso.

Esistono scenari preoccupanti sul fronte della
tenuta dei
diritti dei lavoratori, un'altra piccola sovversione sostenuta da
due dei tre
maggiori sindacati dei lavoratori passati a difendere Governo ed
imprenditori ed
abbandonando i lavoratori.

Ultimo ma non meno importante,
resta ignota la
destinazione della spesa dello Stato, il Governo continua a
ripetere che non ci
sono soldi, ma l'IVA e i prelievi alla fonte su buste paga
dei dipendenti e dei
pensionati continuano ad affluire nelle casse dello Stato,
qualcosa non
quadra.

Per tutte queste ragioni Ayala e gli altri desiderosi
di sparare le
proprie idee allegramente senza avere ben presente questo
complesso quadro
farebbero bene a tacere.

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