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In piazza il popolo dell'antimafia PDF Stampa E-mail
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Scritto da Umberto Lucentini   
Giovedì 21 Ottobre 2010 18:24
Sabato 20 novembre, in quattro città d'Italia, ci sarà la prima giornata nazionale contro i clan e chi li protegge dai palazzi della politica. Un'idea di Salvatore Borsellino, fratello del giudice ammazzato nel 1992

L'appuntamento è davanti alle procure di Palermo, Roma, Firenze e Milano alle 10 di sabato 20 novembre 2010. L'obiettivo: esprimere una "solidarietà concreta e visibile" ai magistrati impegnati in delicate inchieste sulla mafia, sulle collusioni della politica e dei colletti bianchi e minacciati da più parti. "Oggi i magistrati non vengono più uccisi con le bombe, si uccidono come sono stati uccisi Luigi de Magistris, Clementina Forleo, Gabriella Nuzzi, l'intera procura di Salerno: hanno cambiato il metodo" dice Salvatore Borsellino, uno dei promotori dell'iniziativa, ingegnere ad Arese e fratello di Paolo, il magistrato ucciso nel '92 nella strage di via D'Amelio a Palermo. "La magistratura non si ferma solo con il sangue, ma anche con i metodi cosiddetti legali che oggi vengono usati" rilancia Borsellino. I continui attacchi del premier Silvio Berlusconi, il progetto di riforma della giustizia ipotizzata dal ministro Angelino Alfano, le tante delegittimazioni quotidiane contro le toghe impegnate in delicate indagini stavolta fanno scattare la reazione delle "Scorte civiche", movimenti spontanei che come il "Popolo viola" o le "Agende rosse" si stanno moltiplicando in diverse città italiane. Con Salvatore Borsellino, attorno al quale è nato il "movimento delle Agende rosse" (come l'agenda sparita dalla borsa di Borsellino dal luogo dell'attentato il 19 luglio del 1992) si muove il "Comitato Scorta civica" che è già scesa in strada a Palermo per dare solidarietà al procuratore aggiunto Antonio Ingroia e al sostituto Nino Di Matteo, titolari insieme a Paolo Guido di delicate indagini: dalla trattativa tra pezzi dello Stato e mafiosi per fermare la stagione delle stragi alle dichiarazioni dell'ex boss Gaspare Spatuzza e del collaboratore Francesco Campanella che parlano del presidente del Senato, Renato Schifani, del suo passato di avvocato civilista e degli uomini dei boss Graviano. "L'illegalità crescente nella politica, nell'economia e in alcuni pezzi dello Stato sta determinando un livello di crisi inaccettabile in tutti i principali ambiti della vita del paese" raccontano i fondatori della "Scorta civica" Lidia Undiemi, 31 anni, ricercatrice precaria all'università di Palermo e Bruno Testa, maresciallo in servizio in un istituto privato di vigilanza. "Vogliamo stare accanto ai magistrati di diverse parti d'Italia che stanno lavorando con coraggio e determinazione per ripristinare i principi di Legalità, Giustizia, Democrazia ed Uguaglianza sanciti dalla nostra Costituzione.

E' per questo che la criminalità organizzata sta lanciando messaggi di minacce di attentati, soprattutto contro i magistrati che stanno conducendo delle indagini che potrebbero portare alla luce la verità sulla trattativa fra mafia e pezzi dello Stato che ha portato alle stragi del '92 e del '93 e alla nascita della seconda Repubblica". Il tam-tam per pubblicizzare l'iniziativa è già partito su diversi siti e sui social network. "Teniamo bene a mente che attualmente siamo in una fase delicatissima delle indagini relative alle stragi del '92 e del '93 portate avanti dalle procure antimafia di Palermo, Caltanissetta, Milano e Firenze" scrivono i promotori che hanno iniziato a raccogliere le adesioni tramite gli indirizzi di posta elettronica ( Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. oppure Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. ) e avvertono: i politici potranno partecipare a titolo personale e senza bandiere di partito. "In questo contesto, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi pone in essere una violenta campagna denigratoria che va a favore di quel pericoloso clima di isolamento contro la magistratura che condusse Giovanni Falcone e Paolo Borsellino alla morte. Non possiamo e non dobbiamo lasciarli soli: il nostro ed il loro futuro dipende dalla capacità di restare uniti e di difenderci a vicenda".

Conclude Salvatore Borsellino: "Nel nostro Paese si sono succedute innumerevoli stragi di Stato, perché non erano stragi solo di mafia o solo di terrorismo: in qualche maniera, c'è stata sempre anche la mano di pezzi deviati dello Stato. Magistrati come Borsellino e Falcone sono stati uccisi anche perché lasciati soli dallo Stato. Bisogna ricordare questo e fare in modo che non siano lasciati soli i magistrati che oggi stanno finalmente cercando di togliere il velo, pesante e nero, che ha sempre coperto i veri responsabili di queste stragi. Sono magistrati che, oltre a dover lavorare tra mille pericoli, vengono attaccati da pezzi dello Stato, come succede con Nino Di Matteo, uno dei magistrati più impegnati in queste nuove indagini che stanno facendo le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze».



Umberto Lucentini (
L'ESPRESSO, 21 ottobre 2010)







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