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Alfano, attacco fallito PDF Stampa E-mail
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Scritto da Umberto Lucentini   
Giovedì 11 Novembre 2010 17:06
Il ministro aveva cercato di aprire un'azione disciplinare contro Nino Di Matteo, giudice anti-mafia di Palermo colpevole di aver criticato il governo. Un atto di forza che ora però gli si sta ritorcendo contro

La procura generale di Palermo sbarra la strada all'apertura di un'iniziativa disciplinare contro il pubblico ministero antimafia Nino Di Matteo. Il pg Luigi Croce, in una relazione inviata alla procura generale della Cassazione, conferma che le dichiarazioni di Di Matteo del 13 giugno scorso ("Mi chiedo con quale faccia continuino a collaborare con questo Governo i colleghi distaccati al ministero della Giustizia") sono state fatte come presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Palermo. E che, quindi, non sarebbero suscettibili di valutazioni disciplinari come era stato ipotizzato dopo una segnalazione di Luigi Birritteri, capo del Dipartimento dell'Organizzazione Giudiziaria del ministro della Giustizia, Angelino Alfano.

Di Matteo, sostituto procuratore della Dda di Palermo, è uno dei pm più esposti nelle indagini contro Cosa nostra e le sue complicità deviate: si occupa tra l'altro delle inchieste sulla trattativa tra pezzi dello Stato e mafiosi per favorire i capi di Cosa nostra e fermare le stragi (e che potrebbero aver provocato l'uccisione di Paolo Borsellino nel '92) e sugli incontri del 1972 tra l'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, e l'allora costruttore Silvio Berlusconi. Birritteri, distaccato dal giugno 2008 per lavorare in uno dei ruoli chiave dello staff di Alfano riservato per legge ai magistrati, aveva chiesto l'intervento del Csm per l'apertura di una "pratica a tutela" contro Di Matteo, che da esponente del "sindacato" delle toghe aveva parlato all'indomani dell'ennesimo attacco del premier Silvio Berlusconi contro i giudici: "Continua la sistematica e violenta offensiva di denigrazione e isolamento di quei magistrati che credono ancora nel principio dell'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Noi resisteremo perché crediamo nella Costituzione sulla quale abbiamo giurato".

Poi la domanda ai colleghi: con quale faccia si collabora con questo governo? Il giorno dopo Birritteri segnala all'allora vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, le dichiarazioni di Di Matteo "nella qualità di Capo Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria" e invoca la tutela per le toghe che lavorano al ministero della Giustizia.

La richiesta viene archiviata dal Csm l'1 luglio e – come prevede il Regolamento interno – gli atti vengono depositati alla Segreteria generale del Csm. Il fascicolo finisce quindi alla procura generale della Cassazione che l'8 luglio chiede a Birritteri copia dell'articolo con le dichiarazioni di Di Matteo. Il 20 settembre il Pg della Cassazione scrive alla procura generale di Palermo che il Csm ha inviato "per le valutazioni di competenza sotto il profilo disciplinare" la nota firmata dal Capo Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria di via Arenula. E chiede una "autorevole valutazione conclusiva" agli uffici diretti da Luigi Croce. Ora, dopo aver ricevuto da Palermo una relazione in cui si parla appunto di dichiarazioni rese da Di Matteo come esponente dell'Associazione nazionale magistrati, il pg della Cassazione dovrà trarre le conclusioni.

Del caso Di Matteo si era occupata la giunta dell'Anm di Palermo che in un documento aveva denunciato "la singolarità e la gravità" dell'iniziativa: "Gli accertamenti disposti dai massimi vertici della giurisdizione e dell'amministrazione giudiziaria appaiono come un inaccettabile tentativo di censurare la libera espressione del pensiero dell'Associazione Nazionale Magistrati attraverso i suoi rappresentanti".

Il 13 ottobre scorso anche la giunta nazionale dell'Anm, presieduta dal segretario Giuseppe Cascini, ha espresso "viva preoccupazione" per il caso Di Matteo e ribadito "che la libertà di manifestazione del pensiero dei magistrati deve essere tutelata in ogni forma e luogo, specialmente se connessa con lo svolgimento dell'attività associativa".


Umberto Lucentini (L'ESPRESSO, 11 novembre 2010)















 

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