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G8, le motivazioni dei giudici d'appello: 'De Gennaro mentì per salvarsi' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Marco Preve   
Domenica 19 Dicembre 2010 10:12

Secondo i magistrati l'allora capo della polizia "aveva interesse a non far trapelare un diretto coinvolgimento nella vicenda della scuola Diaz".

L'allora capo della polizia italiana Gianni De Gennaro aveva "con evidenza l'interesse a non far trapelare un suo diretto coinvolgimento nella vicenda Diaz" alterandone quindi "l'accertamento dei fatti, delle loro modalità e delle responsabilità politiche e penali dei fatti posti in essere durante l'operazione Diaz".

E' questo uno dei passaggi fondamentali delle motivazioni della sentenza con cui la Corte di Appello di Genova a giugno condannò l'ex capo della polizia italiana De Gennaro a un anno e 4 mesi per istigazione alla falsa testimonianza assieme all'ex dirigente della Digos di Genova Spartaco Mortola.

All'origine della vicenda la nottata cilena del G8 del 2001 con l'irruzione alla scuola Diaz. Secondo l'accusa De Gennaro convinse l'allora questore di Genova Francesco Colucci a modificare la sua deposizione di teste nel processo per i fatti della Diaz. In sostanza, contrariamente a quanto dichiarato in commissione parlamentare Colucci spiegò ai giudici che la presenza a Genova del capo ufficio stampa della Polizia Roberto Sgalla era stata decisa da lui e non, come precedentemente sostenuto, da De Gennaro. In questo modo allentava i sospetti sul ruolo realmente avuto ella gestione, seppur a distanza, dell'operazione Diaz dall'attuale capo dei servizi segreti italiani. L'inchiesta nacque da alcune intercettazioni cui Colucci riferiva dei colleghi di aver ricevuto i complimenti del capo per la sua retromarcia.


Secondo i giudici d'appello Paolo Gallizia, Maria Rosaria D'Angelo e Raffaele Di Napoli, De Gennaro andava condannato "per aver determinato il Colucci, quale persona a lui sottoposta gerarchicamente a commettere il reato di falsa testimonianza, in ciò abusando anche della funzione pubblica esercitata e connessa al suo ruolo di direttore generale del dipartimento di pubblica sicurezza".

Nelle conclusioni sottolineano ulteriormente "la particolare gravità del fatto anche per il ruolo pubblico ricoperto dall'imputato".

Nelle 69 pagine di motivazioni vengono infine ripercorsi i fatti del luglio 2001, dai quali emerge come all'origine dell'incriminazione di De Gennaro, Mortola e Colucci vi sia stata la fallimentare gestione della caccia ai black bloc sfociata in quello che uno stesso funzionario descrisse come "macelleria messicana" all'interno della Diaz. Una brutta figura mondiale dal quale il primo poliziotto italiano voleva sganciarsi ma che gli è invece costata una condanna, anche se non definitiva in attesa della Cassazione.


Marco Preve (La Repubblica, 18 dicembre 2010)




 

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