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Pippo Fava, ricordo di un giornalista libero PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da Serena Verrecchia   
Mercoledì 05 Gennaio 2011 00:49

"Chi non si ribella al dolore umano, non è innocente", diceva Pippo Fava. Parole sacrosante che, se rivolte ad un popolo disinteressato e spesso omertoso come quello italiano e, ancor di più, quello siciliano, pesano come un macigno. Sì, perché, per consuetudine propria di questo Paese, l'Italiano, quando all'estero gli cuciono addosso l'etichetta del mafioso, del criminale, pensa di poter accantonare il tutto con uno sbrigativo "purtroppo in Italia abbiamo la mafia, la camorra, la 'ndrangheta, uno dei più pericolosi sistemi criminali al mondo insomma, ma io non sono uno di loro, io ho altro a cui pensare, questi non sono problemi miei". E invece no. Chi accetta nel silenzio il rafforzarsi dei poteri criminali, il loro lento instaurarsi nei grovigli più inconcepibili e inarrivabili della società e delle Istituzioni, chi si arrende al predominio della presenza mafiosa in tutti i settori imprenditoriali, politici, finanziari ed amministrativi del Paese, è uno di loro. Un complice silenzioso, uno che non incapperà facilmente in asperità e seccature, ma pur sempre un complice. Chi non si ribella al dolore umano e al vassallaggio nei confronti della mafia, in sintesi, non è innocente. Vittima innocente era invece Pippo Fava, giornalista siciliano ucciso da Cosa nostra il 5 gennaio 1984, ventisette anni fa. Anche se poi tanto innocente Pippo non lo era stato. Non lo era stato perché, di uova nel paniere alla mafia ne aveva rotte, e tante.


Nato a Palazzolo Acreide il 15 settembre 1925, Pippo si trasferì presto a Catania, dove stazionò per brevi periodi di tempo, dedicandosi totalmente al proprio lavoro, che lo costrinse a viaggiare da un versante all'altro della Sicilia, alla ricerca della Verità. Si laureò in giurisprudenza, ma, divenuto giornalista professionista, iniziò a collaborare con alcune testate regionali e nazionali. Pippo Fava amava raccontare la verità. Le violenze della mafia, le infiltrazioni all'interno delle Istituzioni, le collusioni tra malaffare, politica ed imprenditoria; ma anche la realtà siciliana di per sé, le sfaccettature del vivere quotidiano del suo popolo, le condizioni sociali in cui era riversato. Fu scrittore, drammaturgo e sceneggiatore oltre che giornalista. C'è anche il suo nome infatti nei titoli di coda del film "Palermo or Wolfsburg", vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino del 1980

Fu caporedattore dell'Espresso sera, successivamente direttore responsabile del Giornale del Sud, quotidiano che conquistò in breve tempo il titolo di difensor Iustitiae Libertatisque, difensore della Giustizia e della Libertà, perseguite attraverso la ricerca costante della Verità. Pippo Fava basava il proprio lavoro di giornalista su principi etici e morali e, difatti, lo disse anche lui stesso: " Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente allerta le forze dell'ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo." Nonostante i buoni risultati ottenuti in veste di direttore del Giornale, dai piani alti lo licenziarono, sia perché si oppose all'installazione di una base missilistica a Cosimo, sia per la sua avversione nei confronti dei "novelli imprenditori" approdati in redazione, tra i quali Gaetano Graci e Salvatore Lo Turco, di cui si scoprirono in seguito i rapporti con i boss del clan Santapaola. Nel 1982, con pochi giovani e volenterosi, fondò il mensile "I Siciliani", da dove continuò imperterrito le sue denunce, pur conscio del destino cui andava incontro:  "Qualche volta mi devi spiegare chi ce lo fa fare, per dio! Tanto, lo sai come finisce una volta o l’altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa... ".  Metteva a nudo la Verità sulle pagine del suo giornale. Elencava i delitti e i crimini di cui si macchiavano gli uomini d'onore di Cosa nostra, imputava alla politica e all'imprenditoria stretti legami con il malaffare, come, ad esempio, quello che intrattenevano i "cavalieri dell'Apocalisse" con Nitto Santapaola. Si trattava dei quattro imprenditori più famosi di Catania e, forse, dell'intera isola: Graci, Costanzo, Finocchiaro e Rondo, dei loro loschi affari e degli stretti rapporti che avevano con gli ambienti criminali. Poi, però, improvvisamente tutto finì, una sera di gennaio del 1984, quando arrivò il ragazzotto con il mezzo milione in tasca. O forse anche meno. Sta di fatto che lo freddò con cinque colpi di pistola alla testa, mentre scendeva dalla sua auto per andare a prendere la nipote che recitava al teatro. Come da copione, iniziarono immediatamente i depistaggi, gli inquirenti cercarono di liquidare tutto con il solito movente del delitto passionale, ma, dopo anni in attesa di Giustizia, sono stati condannati definitivamente per l'omicidio Fava, Benedetto Santapaola, come mandante, e Aldo Ercolano e Maurizio Avola, come esecutori materiali.

Con Pippo Fava, il giornalismo ha assaporato per un attimo quella Libertà che consente di sentirsi vivi, quella Libertà che porta alla ricerca insistente e tenace della Verità, affinché l'opinione pubblica possa uscire da quello stato di oblio che la costringe a girarsi dall'altra parte e possa finalmente dare una scossa alle proprie coscienze. Con Pippo Fava, il giornalismo ha conquistato quella Libertà che gli spetta di diritto per metterla al servizio della Giustizia. Pippo Fava era un giornalista libero, la cui storia e la cui passione non dovrebbero esimerci dal nostro compito civile e morale di continua ricerca e perseguimento della Giustizia e della Verità.

Grazie Pippo, perché hai vissuto da uomo libero in uno Stato schiavo.


Serena Verrecchia

 




Intevista di Enzo Biagi a Pippo Fava tratta dal programma 'Film dossier' (RAI, 28 dicembre 1983).
Sette giorni dopo Pippo Fava fu ucciso.

Fonte video: il canale youtube libero79







Il nucleo fondatore della rivista I Siciliani proveniva, come si è detto, dall’esperienza del Giornale del Sud ed era formato da Elena Brancati, Cettina Centamore, Claudio Fava, Miki Gambino, Giovanni Iozzia, Rosario Lanza, Riccardo Orioles, Nello Pappalardo, Giovanna Quasimodo, Antonio Roccuzzo, Fabio Tracuzzi, Lillo Venezia.


 
Il nucleo fondatore della rivista I Siciliani proveniva, come si è detto, dall’esperienza del Giornale del Sud ed era formato da Elena Brancati, Cettina Centamore, Claudio Fava, Miki Gambino, Giovanni Iozzia, Rosario Lanza, Riccardo Orioles, Nello Pappalardo, Giovanna Quasimodo, Antonio Roccuzzo, Fabio Tracuzzi, Lillo Venezia.

Erano per lo più ventenni, alcuni con esperienze politiche, soprattutto nell’ambito della sinistra, ad esclusione di Fabio Tracuzzi che era di destra, altri semplicemente con interessi culturali e sportivi, ma tutti animati dal grande desiderio di diventare giornalisti.
Per la maggior parte di loro l’esperienza al Giornale del Sud fu il primo vero approccio col mondo dell’informazione. Ci furono inoltre dei collaboratori: Nanni Maione, Tiziana Pizzo, Agrippino Gagliano, Vittorio Lo Giudice, Gaetano Caponetto, Fortunato Grosso, Giusy Cadullo, Carmelo Maiorca, Roberto Milone, Ornella di Blasi, Antonio Speranza; intellettuali siciliani di spicco come, Sebastiano Addamo, Vincenzo Consolo, Michele Pantaleone; disegnatori e vignettisti di grande talento come Bruno Caruso, Alfonso Cucinelli, Gianni Allegra, Franco Donarelli, Amalia Bruno, Salvatore Terracchio, Francesco Giordano, Francesco Cogliandolo, Bruno Ferrigni; i fotografi: Salvatore Magrì, Giovanni Caruso, Serafino Costanzo, Salvo Lupo, Agata Ruscica, Mario Torrisi, Franco Zecchin, Ettore Martinez, Letizia Battaglia, Nunzio Bruno, Maurizio Avolino, Ezio Costanzo.

Non di tutti è stato possibile raccogliere le testimonianze. Tuttavia sono state realizzate le interviste al gruppo centrale di redattori che furono accanto a Fava al Giornale del Sud, furono protagonisti al pari del loro direttore dell’esperienza de I Siciliani e soprattutto continuarono dopo la morte di Fava a tener viva la rivista.

Elena Brancati.
Nipote di Vitaliano Brancati, conosceva Giuseppe Fava da diversi anni e quando le venne proposto di entrare al Giornale del Sud accettò entusiasta e si occupò del settore spettacolo.
Nella redazione de I Siciliani, oltre a coordinare il settore spettacolo, svolse diversi ruoli tra cui quello di redattrice del “turistico” e firmò anche servizi di altra natura come l’inchiesta sulla donna e l’ amore nel sud.

Cettina Centamore.
Assunta inizialmente al Giornale del Sud come correttrice di bozze, svolse numerosi ruoli tecnici e giornalistici, dal richiamo di prima pagina alla verifica degli articoli di Fava. L’incontro col direttore avvenne quando si accorse che un articolo stava per essere impaginato pur essendo stato già pubblicato tempo prima. Fu ricevuta da Fava e lo avvertì dell’errore. Dopo quell’incontro iniziò a lavorare a stretto contatto col direttore. Nella redazione de I Siciliani si occupò sempre della gestione tecnica, fungendo da tramite tra i redattori e i tipografi e occupandosi direttamente della fotocomposizione. Inoltre divenne presidentessa della cooperativa Radar e svolse dunque il delicato ruolo di amministratrice delle poche finanze a disposizione, occupandosi personalmente del pagamento di tipografi e fornitori.

Claudio Fava.
Figlio del direttore, entrò a far parte del Giornale del Sud nel giorno del suo compleanno, all’età di 23 anni. Aveva già collaborato con Espresso Sera dal ‘75 al ’78 diventando pubblicista, poi con Antenna Sicilia occupandosi di cronaca. Al Giornale del Sud continuò come capo della redazione di cronaca nera, dove incontrerà i suoi futuri compagni. All’interno dei I Siciliani ebbe, come tutti, diverse mansioni. Si occupò soprattutto di inchieste pesanti: mafia e giustizia, ma anche politica, natura, industria. Insieme a Riccardo Orioles, curò il progetto grafico disegnando le pagine della rivista e occupandosi dell’impaginazione. Quando suo padre fu ucciso diventò il direttore responsabile.

Miki Gambino.
Iniziò a scrivere giovanissimo per il settimanale Antenna Sud legato ad una televisione privata, Sirio 55, diretta dal futuro presidente della regione Nello Musumeci. Per incompatibilità politica decise di andar via, iniziando una collaborazione nel settore dello sport con Espresso Sera.
Quando venne a sapere della nascita del Giornale del Sud, si presentò a Fava che lo incaricò di una piccola inchiesta sull’aborto a Catania. Realizzata l’inchiesta Fava gli comunicò, come accadrà anche ad altri redattori, che “in fondo a destra” c’era la stanza della cronaca ad aspettarlo.
A I Siciliani inizialmente si occupò di inchieste di costume, per poi approdare rapidamente ad argomenti più impegnativi. Sua e di Claudio Fava l’inchiesta sulle tangenti dell’assessorato all’agricoltura. In seguito, dopo la morte del direttore, si occupò quasi esclusivamente di mafia.

Giovanni Iozzia.
Entrò a far parte del Giornale del Sud grazie ad una segnalazione del suo professore di Lettere al liceo, amico di Giuseppe Fava. Si occupò di spettacolo sia al Giornale del Sud che a I Siciliani dove lavorò soprattutto nel primo anno.

Rosario Lanza.
Finiti gli studi liceali, bussò alla porta del Giornale del Sud, dove, come gli altri, trovò posto nella redazione di cronaca nera e si occupò soprattutto di giudiziaria.
Nella redazione de I SICILIANI continuò a scrivere di giudiziaria, ma spaziò anche in altri settori come lo sport. Curò inoltre “l’ufficio” abbonamenti postali e per far fronte ad alcune spese ricorda di aver dovuto vendere anche il suo amato motorino.

Riccardo Orioles.
“Metà messinese e metà palermitano”, dopo dieci anni di militanza politica, anche tra le file di Lotta Continua, a trent’anni vinse una borsa di studio per il praticantato che decise di svolgere al Giornale del Sud, dopo aver conosciuto Giuseppe Fava.
La sua aspirazione era di occuparsi di Esteri, ma Fava senza battere ciglio lo informò: “in fondo a destra c’è la stanza della cronaca nera”. A I SICILIANI si occupò del progetto grafico e di impaginazione, insieme a Claudio Fava. Come giornalista scrisse i pezzi che accompagnavano il “Fotografico”1, si occupò di inchieste pesanti, mafia e politica soprattutto, e seguì le vicende di Comiso.
All’interno della redazione dopo la morte del direttore sarà una delle menti più lucide che affronterà lo scontro politico e guiderà il giornale.
Chiusa l’esperienza de I Siciliani contribuì alla nascita e allo sviluppo del settimanale Avvenimenti. Nel 1998 ha creato la Catena di San Libero, e-zine elettronica.

Nello Pappalardo.
Entrò a far parte del Giornale del Sud perché chiamato da Giuseppe Fava che lo aveva conosciuto grazie al suo impegno per il teatro civile. Al quotidiano si occupò di cultura e spettacoli insieme a Giovanni Iozzia ed Elena Brancati. Anche a I SICILIANI continuò ad occuparsi dello stesso settore, contribuendo a dar respiro alla rivista. Restò a I Siciliani fino alla chiusura, nel 1986.

Giovanna Quasimodo.
Altro nome illustre della redazione, nipote di Salvatore Quasimodo, approdò, chiamata da Giuseppe Fava, al Giornale del Sud dopo aver lavorato per Telecolor e si occupò di cronaca giudiziaria. In un primo momento fu la presidentessa della cooperativa Radar. Come giornalista, a I Siciliani scrisse alcuni servizi di costume e di argomento politico ed economico, come l’inchiesta sul sogno fallito dell’industria in Sicilia.

Antonio Roccuzzo.
Anche lui come gli altri redattori si sentì dire da Giuseppe Fava: “In fondo a destra c’è la porta della cronaca, di’ che ti mando io”. Un paio di giorni prima, come prova, gli era stato assegnato un articolo di colore su un morto ammazzato durante le festività della madonna del Carmelo. Il pezzo fu materialmente cestinato, tuttavia gli fu indicata la porta della redazione della cronaca nera.
A I Siciliani, oltre a curare numerose relazioni pubbliche, si occupò di inchieste giudiziarie: suoi gli articoli sulla procura di Catania. Dopo la chiusura del giornale ha scritto per varie testate come il Manifesto ed altre del gruppo editoriale l’Espresso.

Fabio Tracuzzi.
Messinese di nascita, catanese di adozione. Arrivò al Giornale del Sud chiamato da Pippo Fava conosciuto a La Sicilia dove entrambi avevano lavorato. Si occupò del settore sportivo, ambito che curerà anche all’interno de I Siciliani. Fu l’unico di destra in un gruppo di ragazzi di sinistra, ma ciò non comporterà mai problemi, anzi. Dopo l’esperienza ne I Siciliani, girerà varie testate anche fuori dalla Sicilia.

Lillo Venezia.
“Corrispondente” da Roma per il Giornale del Sud, nella capitale collaborò a Lotta Continua e fu protagonista nell’esperienza della rivista satirica Il Male. Tornato a Catania decise di aderire a I Siciliani dove si occupò soprattutto di interviste tra cui l’ultima rilasciata da Rocco Chinnici. Fece parte del consiglio di amministrazione della Radar e si occupò di svariate mansioni tecnico-amministrative. La sera del 5 gennaio 1984, a casa della signora Roccuzzo quando, dopo la morte di Fava, i redattori del giornale si incontrarono, fu uno dei primi ad esprimere con forza la necessità di stampare con urgenza il numero di gennaio e quindi di andare avanti.


















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