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Il figlio di Provenzano: 'Curate mio padre o abbiate il coraggio di condannarlo a morte' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Venerdì 04 Febbraio 2011 22:14

"Un figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia". Parla il figlio di Bernardo Provenzano, Angelo: "Se l'esistenza di mio padre dà fastidio, qualcuno abbia il coraggio di chiedere la pena di morte, anche ad personam". Una perizia diagnostica 2-3 anni di vita per il boss. Il tribunale aveva disposto il ricovero, ma il Dap si è opposto. Il senatore Lumia: "Il figlio di Provenzano convinca suo padre a collaborare con la giustizia".

"Un figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia. Nient'altro". A sorpresa, Angelo Provenzano, 36 anni, il primogenito del capomafia Bernardo Provenzano, decide di parlare. Mentre i giornali e le televisioni danno notizia della richiesta di scarcerazione avanzata da suo padre, per motivi di salute. Ed è già polemica dal fronte antimafia: "Nessuna clemenza per Provenzano - ribadisce il senatore Lumia - l'unica scelta che ha è quella di collaborare".

Angelo Provenzano dice: "Chi ha perso un padre credo che possa capirmi, anche se il mio dolore non è paragonabile al suo dolore. Io ho provato a immedesimarmi nei miei coetanei che hanno perso un genitore per morte violenta. Confesso di non esserci riuscito. Penso che provino un dolore immenso, che non riesco neanche a immaginare. E mi dispiace. Ognuno di noi paga un dazio, e anche io l'ho pagato solo perché esisto e perché sono figlio di un certo pezzo di storia di questo Paese. Oggi vorrei dire: anche un pluriergastolano ha diritto di essere trattato come un essere umano. Se poi l'esistenza di mio padre dà fastidio, qualcuno abbia il coraggio di chiedere la pena di morte, anche ad personam".
 

La richiesta di scarcerazione era solo un pretesto per la difesa di Provenzano: "Non avevamo altro modo per chiedere una perizia medica - spiega l'avvocato Rosalba Di Gregorio - e adesso, una perizia dice che Provenzano sta male, molto male. Come sosteniamo da tempo. La perizia dice che si sono persi mesi preziosi".

Non usano mezzi termini i dirigenti della Medicina legale dell'Università di Ferrara, Francesco Avato, della Neurologia dell'Università di Pavia, Giuseppe Micieli, e dell'Urologia del San Raffaele di Milano, Francesco Montorsi. Chiedono che venga eseguita al più presto una scintigrafia e soprattutto una terapia, "radio o chemio". Ci sono infatti alcuni valori che fanno pensare al ritorno del tumore alla prostata per cui Provenzano fu operato nel 2003, a Marsiglia. Tanto da far scrivere di una "prognosi non particolarmente favorevole a breve-medio termine (circa 2-3 anni)". Come dire, questo è quanto resta da vivere a Provenzano, se curato in tempo.

A guardare bene le carte in Corte d'appello si scopre che nel giugno 2009 era stata la seconda sezione del tribunale a chiedere il ricovero di Provenzano in un centro clinico, sulla base di una relazione del medico del carcere di Novara. Ma qualche giorno dopo, arrivò un invito del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria a riconsiderare il provvedimento. "La direzione di Novara tiene sotto controllo la situazione", scrisse il direttore del Dap. I giudici ribadirono l'ordinanza. Il Dap inviò una nuova nota, assicurando cure ed esami. Al tribunale non restò che revocare il ricovero.

"Adesso, dopo la perizia disposta dalla corte abbiamo scoperto che l'ombra di un tumore si è fatta minacciosa e che l'ultima scintigrafia è stata fatta nel 2009 - dice l'avvocato Di Gregorio - è per questo che formulo un legittimo dubbio: che interesse si ha, a qualunque livello, a che Provenzano muoia al più presto? Per fortuna, esistono le autorità giudiziarie che continuano ad essere attenti interlocutori". Adesso, la corte ha disposto che un oncologo accerti lo stato del tumore di Provenzano.

LE REAZIONI

"La presa di posizione del figlio di Provenzano è sibillina e tipicamente mafiosa", ribatte il senatore del Pd Giuseppe Lumia, componente della commissione parlamentare antimafia: "Il sistema carcerario italiano è in grado di prendersi cura delle condizioni di salute di Provenzano in modo serio. Gli arresti domiciliari no, questo mai. La fuoriuscita dal 41 bis sarebbe una scelta sciagurata". E sulle parole di Angelo Provenzano, Lumia dice: "C'è una strada che il figlio, se non vuole stare dentro la cultura mafiosa, potrebbe intraprendere: convincere il padre a collaborare. Perché non prende questa iniziativa?".

Sonia Alfano, europarlamentare e responsabile nazionale del Dipartimento Antimafia di IdV, dice: "Nessuno intende negare i diritti dei detenuti, soprattutto quello alla salute. Ma c'è da dire che i penitenziari italiani hanno una nutrita popolazione, e tanti sono i detenuti in precarie condizioni di salute, eppure nessun medico o perito viene scomodato. Non vedo perchè per Bernardo Provenzano, sanguinario boss di Cosa nostra, bisognerebbe adottare un metodo diverso concedendo una scarcerazione dopo meno di cinque anni di carcere". Anche Sonia Alfano si rivolge al figlio del capomafia: "Se ha contezza del fatto che al padre vengano negate le cure in carcere, e questo sarebbe gravissimo, lo denunci nelle sedi e con i toni più opportuni. Sparare nel mucchio non serve a nulla. Mi sembra assurdo continuare con gli appelli in favore di un pluriergastolano stragista che non si è mai pentito. Anzi, l'unico appello Angelo Provenzano dovrebbe farlo al padre, chiedendogli di cominciare a collaborare con la giustizia".

Sull'intervista ad Angelo Provenzano interviene anche Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili: "Non crediamo affatto che Bernardo Provenzano venga trattato disumanamente e se è malato, lo chiediamo anche noi, lo si curi, affinchè possa scontare tutto il suo ergastolo per strage al 41 bis fino in fondo in una patria galera".

A Lumia risponde il legale di Provenzano, Rosalba Di Gregorio: "Sono personalmente convinta che la nostra grande civiltà giuridica ci insegni a rispettare il diritto alla vita e alla salute . Le richieste di vendetta, invece, evocano nella mia mente certe metodologie che dovrebbero essere estranee alla cultura antimafiosa. Ecco perché chiedo al senatore: di verificare, con un giro nelle carceri, l’efficienza del sistema penitenziario rispetto alle esigenze di cura dei detenuti ammalati. Di verificare, a Novara, le condizioni di vita del detenuto Provenzano Bernardo, cui potrà, ove lo ritenga, chiedere di “pentirsi”. Il tutto nel pieno esercizio del ruolo di parlamentare e di componente della commissione antimafia. Chiedo ciò da avvocato che ha grosse difficoltà a condividere il giudizio di “seria efficienza” del sistema penitenziario anche in tema di cure mediche".

Il legale di Provenzano rivolge un appello anche ai parlamentari Radicali, "cui da sempre sono ideologicamente vicina nella cultura garantista - dice - affinché sul tema sanità nelle carceri possano offrire un quadro chiaro e aggiornato".



Salvo Palazzolo (la Repubblica, 4 febbraio 2011)




Il figlio maggiore di Provenzano: ''Curate mio padre o uccidetelo''
 



4 febbraio 2011. “Un figlio chiede solo che suo padre venga curato e che non sia trattato come una bestia. Nient'altro. Se poi l'esisenza di mio padre dà fastidio, qualcuno abbia il coraggio di chiedere la pena di morte anche ad personam».  Con queste parole Angelo Provenzano, figlio maggiore del boss corleonese, in una intervista pubblicata dall'edizione locale del quotidiano “La Repubblica”, ha commentato le condizioni di salute del padre. Nei giorni scorsi i legali di Provenzano hanno chiesto una perizia medica sul capomafia, che sarebbe gravemente ammalato a causa di una recidiva di un tumore alla prostata . “Chi ha perso un padre credo che possa capirmi, anche se il mio dolore non è paragonabile al suo - aggiunge il primogenito del boss - io ho provato a immedesimarmi nei miei coetanei che hanno perso un genitore per morte violenta. Confesso di non esserci riuscito. Penso che provino un dolore immenso che non riesco anche ad immaginare. E mi dispiace. Ognuno di noi paga un dazio e anche io l'ho pagato solo perchè esisto e perchè sono figlio di un certo pezzo di storia di questo paese. Anche un pluriegastolano ha diritto di essere trattato come un essere umano”.

Non è la prima volta che Angelo Provenzano esprime proprie considerazioni sul genitore. Nel dicembre 2008 assieme al fratello Francesco Paolo, nello studio dell'avvocato Rosalba Di Gregorio avevano rilasciato un'intervista a tre delle principali testate nazionali (La Repubblica, La Stampa ed Il Giornale ndr) per liberarsi, spiegavano, una volta per tutte dalle pressioni dei media che invadono la propria vita. Ed anche in quell'occasione le dichiarazioni rilasciate scatenerano una certa reazione nel mondo dell'antimafia.
Reazioni che ovviamente si ripetono oggi che capomafia e familiari chiedono perizie i cui pareri potrebbero anche portarlo a passare dal regime di detenzione al carcere duro agli arresti domiciliari.
“Non crediamo affatto che Bernardo Provenzano venga trattato disumanamente e se è malato, lo chiediamo anche noi, lo si curi, affinchè possa scontare tutto il suo ergastolo per strage al '41 bis' fino in fondo in una patria galera” chiede a gran voce Giovanna Maggiani Chelli, presidente familiari vittime della strage di via dei Georgofili. “In via dei Georgofili – continua - la mafia per conto terzi voleva morti, il carcere è un sorriso francescano rispetto a ciò che hanno dovuto patire Dario Capolicchio, Nadia, Caterina Nencioni e i loro genitori la notte della strage dei Georgofili. La prima cosa che ci viene in mente a caldo, è che la mafia ricatta chi di dovere mentre chiede umanità per i suoi adepti in un momento così particolare. Se Bernardo Provenzano, colui che con noncuranza ha mandato i Graviano in 'Continente' a macellare i nostri figli uscirà dal carcere, anche solo per un momento non staremo certo a guardare, ma innalzeremo striscioni chiedendo allo Stadio Olimpico di darci lo spazio”.
Altrettanto decisa la reazione del senatore del Pd Giuseppe Lumia, membro della Commissione Antimafia: “La presa di posizione del figlio del boss Bernardo Provenzano è sibillina e tipicamente mafiosa. Il sistema carcerario italiano è in grado di prendersi cura delle condizioni di salute di Provenzano in modo serio. Gli arresti domiciliari no, questo mai. La fuoriuscita dal 41 bis sarebbe una scelta sciagurata. C'è una strada che il figlio, se non vuole stare dentro la cultura mafiosa, potrebbe intraprendere: convincere il padre a collaborare. Perchè non prende questa iniziativa?”
Un invito lanciato anche dall'europarlamentare e responsabile nazionale del Dipartimento Antimafia di IdV, Sonia Alfano: “Angelo Provenzano se ha contezza del fatto che al padre vengano negate le cure in carcere, e questo sarebbe gravissimo, lo denunci nelle sedi e con i toni più opportuni. Sparare nel mucchio non serve a nulla. Mi sembra assurdo continuare con gli appelli in favore di un pluriergastolano stragista che non si è mai pentito. Anzi, l'unico appello Angelo Provenzano dovrebbe farlo al padre, chiedendogli di cominciare a collaborare con la giustizia”.

Aaron Pettinari (Antimafiaduemila, 4 febbraio 2011)



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