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Spatuzza di nuovo in aula: 'Non erano previsti morti nell'estate '93' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Franca Selvatici e Laura Montanari   
Mercoledì 09 Febbraio 2011 22:22

Nella nuova udianza del processo sulle stragi del '93, il pentito ha raccontato come Cosa Nostra  a Milano e a Firenze non riuscì a centrare gli obiettivi. Poi della lettera che lui scrisse a Graviano

E' ripreso questa mattina in aula bunker di Firenze l'interrogatorio di Gaspare Spatuzza, l'esplosivista pentito del gruppo di fuoco di Cosa Nostra che nel '93 mise a ferro e fuoco Firenze, Roma o Milano, facendo esplodere autobombe che causarono la morte di dieci persone, fra cui due bambine, il ferimento di altre decine e grandi devastazioni del patrimonio artistico, fra cui la completa distruzione dell'Accademia dei Georgofili e gravissimi danni alla Galleria degli Uffizi a Firenze. Eppure Spatuzza in aula dice: "Nè su Firenze, nè su Roma, nè su Milano erano previste vittime". Ci furono dei morti — ha dichiarato — perché sia a Firenze che a Milano i mafiosi non centrarono l'obiettivo prescelto. A Firenze perchè c'erano dei vigili urbani (presumibilmente nel piazzale degli Uffizi) e a Milano perchè l'auto si fermò. L'obiettivo, dunque, non era il Padiglione di Arte contemporanea, che fu gravemente danneggiato.
 

Dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, già potenti capi della cosca di Brancaccio, Spatuzza ha detto: "Li contesto e non li condivido, ma sono sempre miei fratelli. Purtroppo sono nell'errore e mi dispiace. Sicuramente hanno capito la mia scelta, ma io sono un collaboratore di giustizia, un nemico di Cosa Nostra, e farebbero tutto per farmi del male.Abbiamo avuto dei confronti davanti ai pm. Giuseppe Graviano - ha proseguito Spatuzza - ha avuto la paura e gli mancava la parola, e si è avvalso della facoltà di non rispondere e io gli ho consegnato una bellissima lettera".

Aveva detto: chiedo perdono a Firenze


L’avvocato Antonio Turrisi, difensore di Francesco Tagliavia, già capofamiglia di Corso dei Mille e imputato degli attentati: "Quando avete fatto queste stragi avete avuto contatti con soggetti che non appartenevano a Cosa Nostra?" Risponde Spatuzza: "No, a parte le confidenze al Bar Doney", riferendosi a ciò che apprese da Giuseppe Graviano nel gennaio '94 circa accordi con Berlusconi e Dell'Utri.

Rispondendo poi all’altro difensore di Tagliavia, avvocato Luca Cianferoni, Spatuzza ha spiegato: "La collaborazione mia nasce dalla storia di via d'Amelio. Ci sono persone innocenti condannate all'ergastolo. Per le persone che ho ucciso non posso fare niente, per queste sì". Spatuzza ha parlato dell'attentato di via D'Amelio definendo la questione "delicatissima". "Da anni si parla dell'agenda rossa del dottor Borsellino, l'ha presa qualcuno. Da anni si parla del fatto che sul Monte Pellegrino c'era una sede dei servizi segreti".
Ha aggiunto poi che i rilievi per uccidere Maurizio Costanzo a Roma (poi concretizzatisi nel fallito attentato di via Fauro il 14 maggio '93) erano stati eseguiti già un anno prima, quando Cosa Nostra progettava di uccidere a Roma sia il ministro Claudio Martelli che "il dottor Giovanni Falcone".

"La Falange Armata? Abbiamo fatto la rivendicazione ma non so cos'è" così il pentito risponde a una domanda dell'avvocato Cianferoni sulla misteriosa sigla che nel '93 rivendico' gli attentati di mafia in continente. Alla domanda del legale "Cos'è la Falange Armata?" Spatuzza replica: "Non lo so, forse è una cosa che si mangia?".

Rispondendo all'avvocato di parte civile Roberto D'Ippolito, Spatuzza ha spiegato che a suo avviso Giuseppe Graviano ha "un asso nella manica" perchè in ogni momento può confermare le dichiarazioni riguardo ai rapporti con Berlusconi e Dell'Utri (oggetto delle confidenze di Giuseppe Graviano nel gennaio '94 al Bar Doney di Roma). Quanto al loro patrimonio, che è enorme, non è stato toccato. Spatuzza ha detto che Filippo Graviano nel carcere di Tolmezzo leggeva il Sole 24 Ore e spiegava che bisogna investire poco e guadagnare tanto e aveva fatto un esempio sulla trasmissione di Striscia la notizia, che costava poco e incassava moltissimo. Spatuzza però ha chiarito di non aver mai parlato di investimenti dei Graviano in Fininvest.
Secondo gli avvocati Cianferoni e Turrisi, difensori di Tagliavia, Spatuzza non è attendibile. Fra l’altro non li convince il fatto che il pentito sostiene che gli obiettivi di Roma — le chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro — furono frutto di una scelta casuale. Spatuzza ha parlato di sopralluoghi fatto con Cosimo Lo Nigro, precisando peraltro che Lo Nigro ne aveva già fatti in precedenza. Ha raccontato anche di aver individuato per caso un obiettivo a suo dire sensibile nella Casa di Dante, che fu scartato perché c’erano telecamere. La Casa di Dante - ha fatto notare l’avvocato Cianferoni - è una fondazione che fu creata da Sidney Sonnino e che risulta presieduta dal senatore a vita Giulio Andreotti. Gli avvocati si chiedono se Spatuzza abbia veramente riferito tutto ciò che sa e se non sia un collaboratore manovrato. Per esempio dagli stessi Graviano, che potrebbero usarlo come un’arma di ricatto.
Il pentito ha riferito peraltro anche di dissapori con i boss Graviano e Tagliavia, dopo essere stato "combinato" nel ’95 ed essere diventato contemporaneamente uomo d'onore e reggente del mandamento di Brancaccio. "Un malessere nella mia posizione di Cosa Nostra lo ebbi anche quando - ha raccontato - i Tagliavia e i Graviano andarono a dire ai figli e ai parenti dei detenuti di venire da me a chiedere soldi. Ma la cassa la tenevano loro anche se ero diventato capomandamento". "E' una questione di onore, non economica - ha aggiunto -, è una questione di prestigio perchè io dovevo dare delle spiegazioni a queste persone. Il fatto è che, nonostante la mia nomina, la cassa la tenevano Tagliavia e Graviano". "Andate da Gasparino a farvi dare i soldi, ma le persone credevano a me. Vi racconto una storia: c'era un venditore di tonno che non dava il pizzo ma una volta all'anno dava uova di tonno ai Tagliavia che dovevano essere divise tra quattro famiglie del mandamento. Ma Tagliavia (nel '95) dice che non aveva avuto queste uova, invece ce l'aveva in casa".

Colpito nel vivo da queste affermazioni, Tagliavia, che sinora non aveva aperto bocca, ha chiesto di prendere la parola dal carcere di Viterbo, dove è detenuto e dove è collegato in videoconferenza con l’aula bunker di Firenze: "Gaspare Spatuzza si è permesso di dire che la famiglia Tagliavia ha fatto cose indegne. Indegno è lui. Quando parla dei Tagliavia si deve pulire la bocca con la candeggina, neanche con l’aceto".

FRANCA SELVATICI e LAURA MONTANARI (La Repubblica.it, 9 febbraio 2011)







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