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Di Pietro: valutare l'opportunità della nomina di Gennaro alla procura di Catania PDF Stampa E-mail
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Scritto da Antonio Di Pietro   
Venerdì 11 Febbraio 2011 19:55

11 febbraio 2011. Antonio Di Pietro ha presentato al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, un’interrogazione parlamentare sul caso di Giuseppe Gennaro magistrato della procura di Catania, nei confronti del quale sono emerse anomalie comportamentali legate al cosiddetto “Caso Catania”. In vista della prossima nomina del capo della procura etnea Di Pietro ha chiesto espressamente ad Alfano “di valutare se sia opportuno che il dottor Gennaro possa rivestire il ruolo di procuratore della Repubblica di Catania per il quale egli attualmente concorre”.


Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:

l'11 gennaio scorso Il Fatto Quotidiano, a pagina 9, ha pubblicato un articolo dal titolo «Giuseppe Gennaro, magistrato e quella foto con il boss», con il quale sono stati riportati alla memoria dei lettori i fatti del cosiddetto «Caso Catania», ovvero gli anomali comportamenti della Procura di Catania nelle indagini sul clan mafioso operante nel territorio di San Giovanni La Punta e, quindi, le vicende relative l'imprenditore mafioso Carmelo Rizzo;

Carmelo Rizzo era il delegato agli affari del boss di San Giovanni La Punta, Alfio Laudani, ma era stato ucciso il 24 febbraio 1997 da uomini del suo stesso gruppo mafioso per il timore che Rizzo potesse collaborare con la giustizia;

il dottor Gennaro - importante magistrato catanese che fin dalla seconda metà degli anni ottanta si occupò di indagini sul clan Laudani di San Giovanni La Punta, che nel 1994 fu eletto al Consiglio superiore della magistratura, che al suo rientro in ruolo assunse le funzioni di procuratore aggiunto presso il tribunale di Catania, con l'incarico di coordinare i sostituti procuratori assegnatari delle indagini sul clan Laudani, e che tutt'oggi è in servizio presso quell'ufficio requirente con l'aspettativa di esserne nominato alla guida all'imminente pensionamento dell'attuale procuratore capo dottor Vincenzo D'Agata - ha sempre negato di avere mai conosciuto l'imprenditore Carmelo Rizzo;

l'articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano segnala asserite lacune nell'azione della procura della repubblica di Catania nei confronti del boss Alfio Laudani, anche relativamente all'omicidio Rizzo; a seguito delle dichiarazioni rese alla Commissione parlamentare antimafia dal dottor Scidà e dal dottor Marino, fra il dicembre del 2000 e il gennaio del 2001, la procura della Repubblica presso il tribunale di Messina, competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale su magistrati del distretto di Corte di appello di Catania, aveva avviato un procedimento penale che ha visto indagati il dottor Giuseppe Gennaro, tra gli altri reati per concorso esterno in associazione mafiosa;

tale procedimento venne definito con la richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero di Messina il 18 luglio 2003, accolta con decreto emesso dal giudice per le indagini preliminari il 24 marzo 2004;

se è vero che la procura della Repubblica ed il giudice per le indagini preliminari di Messina ritennero insussistenti i presupposti per l'esercizio dell'azione penale nei confronti del dottor Gennaro e degli altri magistrati catanesi, è pur vero che essi attestarono che il dottor Gennaro avesse avuto rapporti personali con l'imprenditore mafioso Carmelo Rizzo;

in particolare, nella richiesta di archiviazione la procura della Repubblica di Messina scrisse: «Che, poi, il dottore Gennaro abbia negato di conoscere Rizzo Carmelo, in ciò smentito dalle dichiarazioni di Caruso Carmelo, Gemma Antonino, Villaggio Giuseppe e dall'assegno di c/c dell'importo di lire 9.000.000 emesso nel febbraio 1991 dal magistrato all'ordine di se stesso e poi girato alla "G.C. F.lli Rizzo s.n.c.", non appare significativo sotto il profilo probatorio. Si tratta infatti di una scelta difensiva del dottore Gennaro tesa a prendere le distanze da un malavitoso, senza che sulla condotta del magistrato possano trarsi giudizi di illegalità»;

lo stesso decreto di archiviazione riporta le parole del collaboratore di giustizia Mario Demetrio Basile, secondo cui Carmelo Rizzo era stato destinatario di una indebita rivelazione che gli aveva consentito di sottrarsi all'ordinanza di custodia cautelare emessa in un procedimento denominato «Fico d'India» a carico di numerosi esponenti del clan Laudani, eseguita nell'ottobre 1996. Grazie a quella fuga di notizie Carmelo Rizzo si era dato alla latitanza. In quella condizione aveva atteso l'esito della sua impugnazione al tribunale del riesame, che aveva annullato per lui la misura cautelare, ma poi la Corte di cassazione aveva annullato il provvedimento del tribunale del riesame. Sennonché, in attesa di un nuovo pronunciamento, Carmelo Rizzo il 24 febbraio 1997 era stato ucciso per timore che mettesse in pratica propositi che aveva già evocati, circa una sua collaborazione con la giustizia;

nella richiesta di archiviazione e nel decreto di archiviazione del procedimento a carico del dottor Gennaro non si fa riferimento a quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia Basile, secondo il quale signor Carmelo Rizzo, pur avendo appreso la notizia della prossima emissione della misura cautelare nel procedimento «Fico d'India», pubblicò un corposo dépliant pubblicitario, recante la data del 3 ottobre 1996, con il quale illustrò tutte le realizzazioni edilizie di cui si era reso artefice nel corso della sua carriera imprenditoriale. Significativamente, nella copertina comparve in primo piano la villa del dottor Gennaro, che pure nella forma non era stata costruita da Rizzo ma dall'impresa Di Stefano Costruzioni. Sennonché, il «Complesso Arcidiacono» (nome del complesso edilizio al quale appartiene la villa del dottor Gennaro) di San Giovanni La Punta comparve in quell'opuscolo propagandistico proprio fra le realizzazioni di Carmelo Rizzo;

tutte le circostanze rappresentate dall'interrogante e i documenti segnalati con il presente atto di sindacato ispettivo dimostrano come tuttora le pregresse vicende del «Caso Catania» gravano come una cappa insuperabile nel privare gli uffici giudiziari catanesi, con particolare riferimento alla locale procura della Repubblica, delle necessarie condizioni di serenità -:

se non ritenga il Ministro della giustizia, avuto riguardo alle situazioni descritte in premessa, nell'ambito del concerto che il Ministro medesimo è tenuto ad esprimere, di valutare se sia opportuno che il dottor Gennaro possa rivestire il ruolo di procuratore della Repubblica di Catania per il quale egli attualmente concorre.


Antonio Di Pietro




 

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