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Dalla Trattativa alla terra dei cachi PDF Stampa E-mail
Video - Interviste
Scritto da Sandra Rizza   
Giovedì 14 Aprile 2011 20:49

La terra dei cachi. Cosi’ Elio, un cantante dalla vocazione eretica, qualche tempo fa, dal palco nazional-popolare di Sanremo, raccontava l’Italia dello scandalo sullo scandalo. Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi; tanta voglia di ricominciare abusiva. Mai canzonetta fu piu’ profetica. Tutto nel nostro paese appare abusivo, ovvero truccato, ovvero fasullo. I figuranti nelle aule dei tribunali, chiamati in cambio di 20 euro ad applaudire Berlusconi che recita il ruolo di ‘’perseguitato politico’’.
L’attrice che, fingendosi una terremotata de L’Aquila, legge su un gobbo il suo sperticato elogio dell’operato del governo, nella trasmissione ‘’Forum’’, trasformata in un palcoscenico della piu’ cinica propaganda politica, pronta a speculare persino sulla tragedia del sisma e delle sue vittime. Abusivo, nella sua violenza inaccettabile in un rappresentante delle istituzioni, appare Bossi che – di fronte all’inferno dei profughi a Lampedusa - non trova di meglio che urlare: ‘’Fuori dalle balle!’’. Abusivo e’ il mediatore, Tarek Ben Ammar, scelto dal premier per trattare il rimpatrio di mille profughi in Tunisia, scavalcando la diplomazia della Farnesina. Abusivo e’ lo stesso  premier che, approfittando della distrazione offerta dall’emergenza immigrazione, ordina al ministro della Giustizia Alfano di procedere a tappe forzate sul processo breve. E’ la terra dei cachi. Prepariamoci un caffe' , non rechiamoci al caffe' : c'e' un commando che ci aspetta per assassinarci un po'.  Commando si' commando no, commando omicida. E’ l’Italia della Seconda Repubblica. Quella che deriva direttamente dalla stagione delle bombe e dalla trattativa. Da una classe dirigente che ha preferito scendere a patti con i mafiosi stragisti piuttosto che combatterli a muso duro, rischiando di perdere credibilita’ e consenso.


Una trattativa che ruota attorno al ‘’papello’’, un fantomatico foglio di carta dove, nell’estate del ’92, Toto’ Riina ha scritto le richieste di Cosa nostra da recapitare allo Stato. Quel ‘’papello’’ che prima Brusca e poi – si scopre oggi – Cancemi avevano descritto minuziosamente ai magistrati inquirenti, gia’ nel ’98, anche se le indagini sulla trattativa sono iniziate solo dieci anni dopo, nel 2008, quando un certo Massimo Ciancimino ha deciso di diventare un testimone di giustizia, raccontando anche lui di quel biglietto con ‘’la lista della spesa’’ di Cosa Nostra, firmato da Riina & co., e arrivato – chissa’ come – ai rappresentanti delle istituzioni. Risultato? Ministri della Repubblica, parlamentari e capi dello Stato, compreso il cattolicissimo Scalfaro, in fila davanti ai pm, a far bella mostra di un’incredibile amnesia  collettiva. Chi ha trattato? Non Martelli, Non Mancino. Non Rognoni. Non Conso. Nessuno. E comunque nessuno, oggi, ricorda nulla della trattativa. Lo Stato che -nel tentativo di fermare le stragi- si piego’ a blandire la mafia, revocando il carcere duro per qualche centinaio di detenuti, oggi preferisce non ricordare, perche’ e’ impossibile ammettere che, dopo la morte di Falcone e Borsellino, il fronte antimafia dimentico’ gli ideali e si rifugio’ nel compromesso con i sicari dello stragismo.  Commando si' commando no, commando omicida. Commando pam commando papapapapam, ma se c'e' la partita il commando non ci sta e allo stadio se ne va, sventolando il bandierone non piu' sangue scorrera’. .Che rimane della terra dei cachi? La divisa un po’ sbiadita del generale del Ros Mario Mori, l’unico rimasto col cerino acceso in mano, sotto processo per la seconda volta a Palermo come il protagonista di quel dialogo a suon di bombe che ha traghettato il Paese dalla Prima Repubblica a Berlusconi. E poi, che resta? Dell’Utri senatore. Romano neo-ministro. Mangano un eroe. L’etica pubblica finita, letteralmente, a puttane, nei festini di Arcore a base di Bunga Bunga. In fondo sta proprio qui, osserva lo storico Tranfaglia, il successo della trattativa di quegli anni. ‘’La rinuncia, o meglio, la impossibilità da parte delle classi dirigenti italiane, del centro-destra come è ovvio, ma anche del centro-sinistra, di mettere in campo una politica complessiva contro quell’attacco mafioso che ha prodotto la situazione attuale’’.

Una situazione al limite dell’emergenza democratica. Che rimane oggi? La riforma ‘’epocale’’ della giustizia, pensata per ridurre e cancellare l’indipendenza della magistratura, svincolando la classe politica del Paese dal controllo di legalita’, e’ l’ultimo traguardo di un cammino che parte da lontano. Dal sangue delle stragi. Dalla trattativa che poteva essere sventata con dieci anni di anticipo. Da quella stagione di patti e ricatti. Oggi il pm Di Matteo, segretario distrettuale dell’Anm di Palermo, ricorda le affinita’ della riforma di Alfano con il Piano di Rinascita Democratica di Licio Gelli. Quello stesso Gelli che prima ha indicato Berlusconi (tessera P2 n. 1816) come il suo piu’ degno ‘’erede’’, poi ha definito la politica italiana ‘’un puttanaio’’. Quanti problemi irrisolti ma un cuore grande cosi'. Italia si' Italia no Italia gnamme, se famo du spaghi. Una pizza in compagnia, una pizza da solo; in totale molto pizzo e l'Italia e' questa qua. L’Italia degli smemorati. E degli applausi a comando. Delle invettive contro la scuola pubblica, contro l’adozione da parte di single o gay, contro l’aborto, contro il diritto del morente a decidere se farsi o non farsi tenere in vita. L’Italia baciapile, conformista e furbetta. La terra dei cachi. Fora dalle balle, e cosi’ sia.


da IQuaderniDeLOra.it

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