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Vero che l'Europa ci chiede un processo breve, ma non la sua prescrizione rapida PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Martedì 19 Aprile 2011 11:48

Palermo. «Il messaggio del presidente Napolitano è una boccata di aria fresca in questo clima irrespirabile di continuo linciaggio mediatico nei confronti della magistratura» dice il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. «Ma temo che da solo non sia sufficiente», precisa.

Qualche tempo fa, lei stesso aveva lanciato un invito al dialogo fra politica e magistratura sui temi della riforma della giustizia. Non vede più spazio per quel dialogo?
«La polemica politica ha raggiunto ormai un livello tale da offendere anche la memoria di quei magistrati che hanno pagato con la vita il loro impegno, nella lotta al terrorismo e alla mafia. Ecco perché il messaggio di Napolitano è salutare e provvidenziale. È un richiamo alla memoria di un intero Paese».

Ma la riforma del processo breve continua a non convincerla?
«Intendiamoci. Certo che l´Europa chiede un processo breve, come sentiamo ripetere ormai da settimane. Ma un processo breve, appunto, non una prescrizione breve del processo. Con questo progetto di riforma del governo mi sembra proprio di assistere alla morte breve del processo. Anzi, alla dolce morte del processo. E chi ne paga le conseguenze sono, ancora una volta, le vittime dei reati».

Pensa ad altre priorità nella riforma della giustizia?
«L´Europa chiede un processo breve nel senso di una giustizia più efficiente ed autorevole. Non mi sembra che l´Italia stia rispondendo in questa direzione. La riforma in discussione rende una giustizia inefficiente soprattutto perché mortifica le aspettative delle vittime dei reati e sicuramente gratifica gli imputati, soprattutto quelli potenti. E fra i potenti ci sono anche i mafiosi».

Lei quale risposta suggerirebbe per una giustizia più efficiente?
«Ci vogliono mezzi umani, legislativi e finanziari. Per i magistrati e per i loro collaboratori. Offro un esempio: i tagli fatti allo straordinario di tutto il personale della giustizia e delle forze dell´ordine hanno avuto pesanti ripercussioni sull´attività dei magistrati e della giustizia nel suo complesso. Negli anni Novanta, avevamo uomini a disposizione dalla mattina alla sera, in Procura si lavorava a pieno ritmo. Oggi, dalla mattina alla sera ci sono solo i magistrati, anche se purtroppo i vuoti in organico sono pesantissimi. Senza il personale di cancelleria si può fare davvero poco. Oppure, il magistrato deve disperdere le proprie energie per fare persino le fotocopie, quando le macchine fotocopiatrici funzionano. Vuole un altro esempio dell´effetto dirompente determinato dai tagli della giustizia?»

Prego.

«Negli ultimi giorni, la mia vettura di scorta si è fermata per ben tre volte in mezzo alla strada, perché è ormai vetusta e il parco auto del ministero dell´Interno va sempre a peggiorare».

Tornando alla riforma della giustizia. Cosa sarebbe necessario per il suo lavoro di indagine?
«Di certo, le intercettazioni restano uno strumento indispensabile, ma si discute addirittura della loro limitazione. Non credo che l´Europa voglia anche questo. Di recente, ho partecipato a un incontro organizzato al parlamento europeo, dove si è discusso delle azioni di contrasto alla mafia a livello nazionale e internazionale. A questo l´Europa è interessata. Non mi pare che una giustizia che va verso prescrizioni brevi e processi lunghi sia sulla strada per essere una giustizia autorevole e all´altezza delle sfide con i grandi poteri criminali».

Tratto da:
La Repubblica

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