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A chi giova il silenzio di Fabio Tranchina? PDF Stampa E-mail
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Scritto da Pippo Giordano   
Venerdì 22 Aprile 2011 13:13

Leggendo l’intera vicenda di Fabio Tranchina non posso che essere disorientato e allibito, non voglio usare altri aggettivi per definire quello che è accaduto e non voglio soprattutto apparire come il Catone del momento. Il tentativo, ben due volte, di suicidarsi la dice lunga sul "messaggio" che lo stesso Tranchina avrebbe ricevuto dagli altri uomini d’onore. Tranchina, probabilmente aveva ed ha in animo di collaborare con la Giustizia, ma dal colloquio con i suoi familiari, latori di un messaggio della famigghia di Brancaccio, avrà appreso che oramai egli è "un morto che cammina". Cerco di ipotizzare il contenuto del messaggio: "tieniti chiuso, altrimenti a schifio finisci".
Il tentativo al suicidio è la prova provata che il messaggio è stato ricevuto. Non ho seguito il percorso compiuto da Tranchina verso i PM di Firenze e quali sono stati i meccanismi di rottura con la "famigghia" di Brancaccio. Tuttavia non capisco questa tempistica nel divulgare le sue dichiarazioni e il suo pentimento. C’era davvero bisogno? O c’era una necessità processuale? Non so.

In passato, nei casi di pentimento di uomini d’onore, la priorità assoluta era il segreto totale dell’intera operazione e solo pochi addetti ne erano a conoscenza. Chi scrive, ha avuto modo di assicurare a ben nove collaboratori di giustizia, provenienti da Cosa nostra, riservatezza, anonimato e soprattutto quell’elemento di mimetizzazione necessario negli spostamenti in tutto il territorio nazionale. I verbali di interrogatori, poi, venivano immediatamente "congelati" per evitare disfunzioni accidentali o voluti e talvolta io stesso provvedevo a chiuderli ermeticamente in luoghi sicuri. Insomma, la condicio sine qua non era il silenzio totale, perché la nostra era una corsa contro il tempo ed eravamo consci che un errore poteva inficiare la cattura di latitanti o il ritrovamento degli arsenali in uso a Cosa nostra. Invero, nel caso di Tranchina le dichiarazioni rese dal medesimo sono già apparse subito sui mass media. Ripeto, non so quali siano state le motivazione di questa divulgazione rapida, di certo si è verificato un danno enorme. Il "pizzino sonoro", spedito da Brancaccio, che i familiari hanno letto a Tranchina è la causa dei due tentati suicidi. E voglio ricordare che quando un uomo d’onore si rende conto della gravità del suo errore, le uniche vie d’uscita sono, o continuare a collaborare con la Giustizia o il suicidio. Nino Gioè, ad esempio, si rese conto che aveva "parlato" troppo degli affari di Cosa nostra e si è suicidato in carcere. Ricordo che egli è stato intercettato mentre dialogava con Gino La Barbera e Santino Di Matteo: intercettazione ambientale fatta da noi della DIA, meglio conosciuta come "l’attentatuni" in riferimento alla strage di Capaci. La Barbera e Di Matteo si sono pentiti. Comunque, rimango perplesso. C’è qualcosa che non mi torna e mi chiedo. Visto che il Tranchina sarebbe stato testimone diretto nei rapporti dei Graviano con esponenti politici, non è che "bruciarlo" sia stato un atto per salvaguardare le famose "menti raffinatissime" coinvolte nelle stragi del 92/93?

A chi giova il silenzio di Fabio Tranchina?

Pippo Giordano

da BlogSiclia.it

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