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Le telefonate del dottor Canali e del suo network PDF Stampa E-mail
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Scritto da Sonia Alfano   
Martedì 03 Maggio 2011 17:02
Ricordate la storia di quel modesto cronista, corrispondente del quotidiano catanese “La Sicilia”, che fu assassinato a Barcellona Pozzo di Gotto (provincia di Messina) in una fredda serata di gennaio del 1993? Parlo di mio padre, il “giornalista post-mortem” Beppe Alfano. Si disse che sicuramente aveva dato fastidio a mariti gelosi, che aveva debiti di gioco e che aveva molestato le sue alunne. Non una, tante. Forse tutte. Lo si dice ancora, nonostante le innegabili risultanze processuali: le condanne definitive dell’organizzatore del delitto, il boss Giuseppe Gullotti, e del killer, Antonino Merlino. E non finisce qui, perchè le indagini sui mandanti occulti, partite da una mia denuncia del 2003, stanno andando avanti, visto che il tentativo di archiviare tutto fatto l’anno scorso dalla D.d.a. di Messina è stato rispedito al mittente dal Gip che ha ordinato ulteriori indagini sollecitate dal mio difensore. Dubito che i nomi dei personaggi che risulteranno coinvolti in questa vicenda appartengano a fantomatici padri feriti da abusi sulle figlie, a mariti traditi impunemente o a vecchietti che si sfidano a briscola fuori dai bar.
Ricordate quel magistrato che coordinò le indagini subito dopo l’omicidio? L’ex sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto, Olindo Canali, l’<<amico>> di mio padre, quello a cui il segugio Alfano raccontava tutti i fatti utili alle inchieste sulle cosche barcellonesi e le brillanti intuizioni sul cosiddetto “terzo livello”? Bene: lui è finito sotto la lente degli investigatori perchè denunciato dal mio legale, l’avvocato Fabio Repici, per le false dichiarazioni rese quale testimone nel secondo grado del processo “Mare Nostrum”. Di recente la D.d.a. di Reggio Calabria ha notificato al dr. Canali l’avviso di conclusione delle indagini, in genere preludio del rinvio a giudizio, per falsa testimonianza con l’aggravante mafiosa.
Ho sempre detto, e lo ribadisco, che il dr. Canali è il principale responsabile dei depistaggi seguiti all’omicidio di mio padre. Oggi ho deciso che nei prossimi giorni pubblicherò le intercettazioni telefoniche ed ambientali che riguardano Olindo Canali e il suo network di sodali. La rete dei suoi contatti, infatti, è significativa: Canali parla con l’avvocato Ugo Colonna, con il giornalista Michele Schinella di Centonove, con l’attuale procuratore generale di Messina Antonio Franco Cassata, e persino con il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto: lo stesso magistrato che scandalizzò tutta Italia ordinando la scarcerazione del boss ergastolano Gerlando Alberti Jr., responsabile dell’assassinio della giovane Graziella Campagna (consumatosi il 12 dicembre 1985), dopo soli 8 mesi di detenzione. Lo stesso personaggio che querelò l’avvocato Fabio Repici, difensore della mia famiglia ma anche della famiglia Campagna. Tutto (scarcerazione di Alberti e querela contro Repici) fatto a meno di quattro mesi di distanza dai contatti e dagli incontri con Canali, nel corso dei quali l’ex P.m. di Barcellona P.G. gli spiegò bene che l’indagine a suo carico e i suoi problemi al Csm erano derivati dalla denuncia dell’avv. Repici.

Canali, come potrete appurare, è molto prudente durante le conversazioni. E’ evidente il suo sospetto di essere intercettato. Tanto che il giorno dopo essere stato interrogato cosa fa? Porta l’auto dal meccanico! Proprio l’auto sulla quale era stata attivata pochi giorni prima l’intercettazione ambientale. Coincidenza? Ne dubito.
E che dire delle sue molteplici utenze telefoniche cellulari? Quella ai più ignota (è lui stesso a confessarlo in un’intercettazione) era intestata ad una donna di Biella. Come mai?
Dal fascicolo della Procura di Reggio Calabria emerge uno spaccato indecente sul dr. Canali, sui suoi colleghi che hanno tentato di proteggerlo davanti al Csm e sul dr. Antonio Franco Cassata, vero e proprio tutore dell’ex sostituto procuratore, che lo stesso Canali e sua moglie appellano non con il nome proprio, ma con la locuzione “lo zio”, come nella malavita siciliana si suole etichettare un capobastone.
E’ giunto dunque il momento di fare chiarezza, pubblicamente e una volta per tutte, su queste vicende. Non accetterò che la memoria di mio padre venga infangata ancora a lungo, e non permetterò ai referenti istituzionali delle cosche di passare per eroi e martiri.

Non mi fermerò a queste pubblicazioni. A breve interpellerò ufficialmente con una lettera aperta l’Anm nazionale e quella distrettuale di Milano, città dove l’ex sostituto procuratore si è “rifugiato” per sfuggire ai provvedimenti paradisciplinari. Chiederò loro se non sia giunta l’ora perché cessino le protezioni corporative – alle volte insospettabili – di cui Canali è stato beneficiario e se non sarebbe il caso che, a tutela del buon nome della magistratura, gli organi competenti provvedano a proporre e a disporre la sospensione di Canali dalle funzioni giudiziarie. Per un magistrato che ha begato con la mafia sarebbe il minimo, per cominciare a rendere il giusto rispetto alla memoria di mio padre, a quella del prof. Adolfo Parmaliana e a tutti i cittadini onesti che hanno fame di verità.

da: SoniaAlfano.it

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