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Strage di Capaci: all'aula Bunker la "passerella" dei politici PDF Stampa E-mail
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Scritto da Giuseppe Pipitone   
Lunedì 23 Maggio 2011 16:16

Alla commemorazione per la strage di Capaci va in onda la "saga delle frasi di circostanza". "Questo governo ha fatto le leggi contro la mafia senza che il giorno prima ci fossero state le stragi" ha sentenziato il guardasigilli Alfano, dimenticando di citare qualche esempio. Alfano è l'autore di una proposta di riforma della magistratura che pone di fatto i pm sotto il controllo politico dell'esecutivo. Presente tra gli altri anche il presidente del Senato Schifani, ex socio di Nino Mandalà e Benny D'Agostino, che nel 2003 attaccava Maria Falcone e Rita Borsellino

- Il programma della commemorazione
- Sergio Lari: "Indaghiamo su Capaci" (di Danila Giardina)
- Il killer pentito: "Era u me travagghiu" (di Pippo Giordano)

"Falcone è divenuto uno dei simboli della lotta alla criminalità organizzata nel nostro Paese. Resterà per sempre nei nostri cuori." E' uno dei tanti telegrammi ricevuti dal prefetto di Palermo Giuseppe Caruso nel giorno dell'anniversario della Strage di Capaci. Questo però è un po' più importante degli altri. Infatti viene direttamente dal "capo": il premier Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio per un giorno ha quindi dimenticato di aver dichiarato guerra alla magistratura, pubblicamente e continuamente definita come un "cancro da estirpare", e si è concesso parole solenni in memoria di Giovanni Falcone. Parole che, dette da lui, suonano quanto meno comiche. Ma la saga della "frasi di circostanza" è appena agli inizi. L'aula bunker di Palermo - cornice della commemorazione per la strage che costò la vita al giudice palermitano, a Francesca Morvillo, a Rocco Dicillo, a Vito Schifani e ad Antonio Montinaro - si è trasformata come ogni anno in una vera e propria passerella mediatica per politici desiderosi di spendere qualche bella frase di circostanza contro la mafia.


In un turbine di elicotteri, lampeggianti e auto blu, un bel pò di ministri si è ritrovato nell'aula simbolo del maxi processo. Il primo a lanciare proclami è stato niente poco di meno che  il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, uno dei tre ministri siciliani di questo governo: "Ora l'obiettivo è la cattura di Matteo Messina Denaro" - ha tuonato il Guardasigilli agrigentino aggiungendo che - "questo governo ha fatto le leggi contro la mafia senza che il giorno prima ci fossero state le stragi". Ignorando quali siano le leggi contro la mafia fatte dal governo di Alfano, ricordiamo che la più assurda riforma della giustizia proposta da quando esiste la P2 è proprio opera di Angelino. Una riforma che per dirla con il presidente dell'Anm palermitana Nino Di Matteo, punta a ridimensionare il ruolo del pm, ponendolo sotto il controllo dell'esecutivo. Ma Alfano va oltre: "Al prossimo Cdm porterò il nuovo codice antimafia - ha annunciato il Ministro sempre pieno di idee, spiegando che "sarà incentrato su tre cardini: il 41 bis per i mafiosi, la cattura dei latitanti e l'aggressione ai patrimoni dei clan". A connivenze tra mafia e politica, e pene accessorie per gli esponenti politici vicini ai clan, non  si è ovviamente fatto cenno.

A far sentire la sua voce ci teneva l'altro membro siciliano dell'esecutivo, la siracusana Stefania Prestigiacomo. "Siamo tutti impegnati nella battaglia contro la mafia e non molleremo mai" ha annunciato il Ministro dell'Ambiente, non specificando a chi si riferisse con quel "tutti". All'aula bunker è intervenuta anche il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini, secondo la quale "Il dovere della memoria spetta soprattutto alla scuola. E la scuola sembra svolgerlo con efficacia, vista la risposta che ogni anno arriva nel partecipare alle manifestazioni organizzate per ricordare la strage di Capaci".Nessun riferimento alla sua contestatissima riforma in materia di scuola e università, ma un cenno alle risorse impegnate per organizzare le manifestazioni del 23 maggio la Gelmini lo ha fatto: "il ministro Tremonti lo sa e per una volta è pienamente d'accordo".

Sempre su Matteo Messina Denaro si è espresso il Ministro degli Interni Roberto Maroni, lo sceriffo acchiappa cattivi dellla squadra di B: "Ora la 'Primula Nera', il capo della mafia, è Matteo Messina Denaro" ha detto con il tipico tono di chi sta facendo una rivelazione storica (sic) "Attorno a lui -ha aggiunto Maroni - il cerchio si sta stringendo, è un obbiettivo delle forze dell'ordine arrestarlo". Infatti proprio la settimana scorsa è circolata la notizia di un fallito blitz in una masseria a Castelvetrano, considerata dei servizi segreti come il "covo" di Matteo. Il boss però non era "in casa": in quella masseria infatti non  c'era il  padrino perchè a quanto pare si tratterebbe addirittura di un bene confiscato alla mafia. Bel modo di "stringere il cerchio". Il magnanimo Maroni ha poi ricordato che ""Da tre anni a questa parte le forze dell'ordine e i magistrati hanno arrestato otto mafiosi al giorno, compresi Natale e Capodanno". Gli stessi magistrati che B. continua a definire "metastasi", salvo poi inviare qualche telegramma di circostanza. Il responsabile del Viminale ci ha tenuto a sottolineare inoltre che: "Tra forze dell'ordine e magistrati è lo Stato a vincere". Lo stesso Stato che però paga gli straordinari con anni di ritardo e lascia le automobili della Polizia senza benzina o in avaria.

Ma la saga delle frasi memorabili non ammette tentennamenti. Ecco dunque la guest star, il presidente del Senato Renato Schifani. "La mafia è stata indebolita, ma sarebbe un errore pensare che sia stata ancora sconfitta. Tenere alta la guardia rappresenta un imperativo categorico" ha rivelato l'ex socio del boss Nino Mandalà e di Benny D'Agostino, grande amico di Michele Greco, nella Sicula Borkers. Schifani ha poi ricordato Falcone :"Vive nelle nostre coscienze con Paolo Borsellino: insieme hanno combattuto la mafia quando non c'era una sensibilità pari a quella di oggi, in un contesto difficile" ha ammesso l'ex consulente del comune di Villabate. Parole profondamente diverse da quelle del 2003, quando attaccava impunemente le sorelle dei due magistrati uccisi, Rita Borsellino e Maria Falcone par la loro "militanza di sinistra".


Giuseppe Pipitone

da: I Quaderni de l'Ora

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