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Matteo, 12 anni “Il mio eroe, Paolo Borsellino” PDF Stampa E-mail
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Scritto da Diego Cavaliere   
Sabato 10 Settembre 2011 09:41
19 luglio 2011 A Settembre frequenterà la seconda media, ma ha già scritto una sua tesina in onore di chi ha dato la vita per la lotta alla criminalità organizzata Oggi non è un giorno qualunque. Oggi è una data che l’Italia si porterà dietro per sempre. Diciannove anni fa, in via D’Amelio a Palermo, un attentato di stampo mafioso uccise Paolo Borsellino, uno degli eroi che hanno perso la vita per combattere la criminalità organizzata. “Domani (oggi, ndr) spero che in via D’Amelio ci siano tanti giovani, solo loro possono fare qualcosa per battere la mafia”. Alla vigilia di un anniversario così doloroso per la nostra nazione, una frase del genere potrebbe essere attribuita ad un uomo di stato, ad un magistrato, ad un ministro. Invece appartengono a Matteo Briotti, 12 anni compiuti lo scorso 19 febbraio, appena promosso in seconda media. Paolo Borsellino è il suo eroe, il suo modello. Lo ha conosciuto seguendo la fiction trasmessa da Mediaset due anni fa sulla vita del magistrato. E si è documentato: “La storia di questi grandi uomini che hanno dato la loro vita per l’Italia mi ha molto colpito - commenta con la voce decisa - Dopo aver conosciuto la storia di Borsellino ho fatto molte ricerche e ho scoperto che di eroi come lui, ce ne sono stati tanti”. Matteo li elenca uno per uno, da Giovanni Falcone al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, dal deputato del PCI Pio La Torre, al “giudice bambino” Rosario Livatino e poi via via tutti gli altri, uccisi, come afferma lui stesso, “perchè facevano paura”. Un’ammirazione immensa, che lo ha spinto a stendere una sua tesina personale, dettagliatissima e corredata da dati, foto e considerazioni personali, affrontando caso per caso: “Sentivo la necessità di esprimere il mio pensiero - spiega Matteo - I cittadini hanno la possibilità di fare qualcosa, di lottare. Le istituzioni hanno bisogno del nostro appoggio. Soprattutto di quello dei giovani”. E’ in grado addirittura di comprendere la mancanza di coraggio che porta al fenomeno dell’omertà: “Non possiamo non considerare che le vecchie generazioni sono compromesse. La mafia al sud ha dato posti di lavoro, raccomandazioni. Parlare vorrebbe dire mettere in gioco la propria vita - chiarisce con una maturità sorprendente - E’ per questo che siamo noi giovani a dover fare qualcosa. Anche se è molto dura”. Sbalorditi? Pensate noi, dall’altro capo del telefono, mentre lo ascoltiamo. Sbalorditi ed emozionati allo stesso tempo, perché le parole di questo giovanotto accendono una speranza: non tutto è perduto. Da grande, Matteo, sogna di diventare magistrato: “Studierò per raggiungere questo obiettivo - conclude - Presto visiterò Palermo, i luoghi delle stragi. So che non c’è nulla di particolare da vedere, ma voglio vedere, capire. Non bisogna abbassare la testa, altrimenti è finita”. E noi, con l’animo in bilico tra l’incredulità e l’incanto, lo salutiamo, riscoprendo anche in
noi quel senso di speranza e coraggio, grazie a questo piccolo uomo di dodici anni.
DIEGO CAVALIERE

da: Il Corriere Laziale

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