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Contrada, la revisione che (forse) non c'è PDF Stampa E-mail
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Scritto da Felice Cavallaro   
Sabato 24 Settembre 2011 21:44

Dopo l'annuncio di una riapertura del procedimento, il timore che si sia trattato solo di un equivoco

PALERMO – Per l’ex dirigente del Sisde Bruno Contrada si apre uno spiraglio verso la revisione del processo culminato quattro anni fa nella condanna in Cassazione per concorso esterno alla mafia. Ma c’è un giallo sul decreto della corte di appello di Caltanissetta che avrebbe dato il via libera alla revisione, come sostenuto dall’avvocato Giuseppe Lipera, certo che per l’8 novembre sarebbe stato fissato l’inizio del nuovo processo. Dalla Procura Generale di Caltanissetta retta dall’ex procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato che aveva già espresso parere negativo alla revisione si fa notare invece che per l’8 novembre la Corte ha solo convocato le parti per l’esame dell’istanza.


«RIAPRIRE IL PROCESSO» - La notizia amplificata ieri da tiggì, siti web e agenzie di stampa sarebbe quindi ridimensionata, con disappunto dello stesso Lipera che legge e rilegge il decreto notificato: «Qui si parla di ‘dibattimento’ e di ‘udienza nel procedimento di revisione’...». La Corte comunque avrebbe anche potuto rigettare l’istanza senza convocare le parti. E questo incoraggia il difensore e la famiglia di Bruno Contrada nella speranza di potere convincere i giudici a riaprire il processo. Come vorrebbero dopo aver letto «Il labirinto degli dei», un libro scritto l’anno scorso dal pubblico ministero che sostenne l’accusa, Antonio Ingroia.

 


L'ATTENDIBILITA DEL PENTITO - In alcune pagine il magistrato, parlando dell’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, sostiene che le accuse a Contrada e i relativi accertamenti investigativi non vennero inseriti nel processo perché ritenuti infondati. Un dettaglio appreso con stupore dalla difesa perché nei vari gradi di processo mai venne fuori la testimonianza risultata deviante di «un teste del quale già allora, nella seconda metà degli anni Novanta, forse sarebbe stato possibile approfondire l’attendibilità», come insiste Lipera. Si tratta infatti dello stesso falso ex pentito additato come il depistatore imbeccato da alcuni funzionari di polizia per conto dell’allora Capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera e così diventato cardine portante dei grandi processi sulle stragi del ’92. A cominciare dal processo per via D’Amelio sul quale il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Sergio Lari ha appena proposto la revisione passando la richiesta proprio all’ufficio di Scarpinato.

«PENSO AI MIEI FIGLI» - In casa Contrada si rischia un’altra clamorosa delusione dopo le notizie di un paio di anni fa su una grazia del Quirinale mai presa in considerazione. E lui, il funzionario per ragioni di salute agli arresti domiciliari, si confida attraverso la moglie: «Frastornato, cosa posso dire nel mezzo di un calvario senza fine, con ottant’anni addosso? Ma forse resistere e non morire serve, se tutto questo restituirà dignità alla mia famiglia, ai miei figli...».
 

ASPETTANDO L'UDIENZA - E’ sorpreso dall’andamento della vicenda anche l’autore del libro, Antonio Ingroia, certo che non si tratti di «revisione» e certo che l’indicazione di quelle pagine non basteranno a far riaprire un processo già passato in giudicato: «Come pm, con il procuratore del tempo Giancarlo Caselli e con il collega Antonio Morvillo, non abbiamo ritenuto di inserire le dichiarazioni di Scarantino proprio perché non ci sembrarono riscontrate, a riprova del fatto che noi cercavamo esclusivamente la verità, senza pregiudizio alcuno...». Ben diversa l’opinione di Lipera che nelle memorie finora depositate è durissimo contro la contestata scelta di non inserire gli atti nel processo «negando così ai giudici la possibilità di valutare l’opera di depistaggio di un falso pentito che qualcuno indottrinava, come si è scoperto troppo tardi». Tutti temi che, dopo le memorie scritte della difesa e il parere negativo della procura generale, saranno affrontati all’udienza dell’8 novembre, quando la Corte, ascoltate le parti, deciderà se fermare l’iter della revisione o se fare partire il nuovo processo.


Felice Cavallaro (corriere.it, 24 settembre 2011)




















 

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