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Ass. Georgofili: "Lo Stato fu ricattato" PDF Stampa E-mail
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Scritto da Giovanna Maggiani Chelli   
Lunedì 07 Novembre 2011 22:33
Lo Stato fu ricattato, mentre subiva quel ricatto il prezzo tutto intero lo hanno pagato i nostri figli, e noi con loro.
Questo il primo ragionamento, poi abbiamo capito che l'Italia intera aveva pagato quel tritolo, perché coloro che quel tritolo lo avevano voluto insieme alla mafia erano in Parlamento per servire la mafia.
Il terrorismo, l'eversione avevano vinto alla nostra faccia.
Il ricatto allo Stato però è stato chiaro fin dalle prime ore:
abolisci il 41 bis e quant'altro e io smetterò le stragi
Lo recepisce Mancino, Ministro dell'Interno; il messaggio lo dirà al processo di Firenze senza mezzi termini il conduttore televisivo Costanzo: alle 21,30 è esplosa la bomba di via Fauro il 14 maggio 1993 alle 23,20 Mancino mi chiamò e mi disse: è stata la mafia.
Oggi sappiamo che, con un po' più di lungaggini, lo recepirà anche Conso, il Guardasigilli; per quel messaggio infatti ha perso il sonno per far fermare le stragi e, dopo quella del 27 Luglio 1993 a Milano in via Palestro passando per il massacro di Firenze del 27 maggio 1993 con 5 morti e 48 feriti, ebbene il 31 ottobre 1993 il guardasigilli folgorato sulla strada di Damasco non proroga 343 41-bis ad altrettanti mafiosi. E le stragi si fermano.
Lo aveva capito Scalfaro, Presidente della Repubblica, che il 41 bis era l'oggetto del contendere infatti sostituisce Amato alla direzione del Dap con Capriotti e gli affiancherà Di Maggio, nominato con un fulmineo decreto, tutti validi interpreti dei desiderata della mafia; infatti fanno tanti di quei pasticci che dopo l'attentato del 14 maggio in via Fauro, noi perderemo i figli in via dei Georgofili il 27 maggio 1993 a Firenze; e il 27 luglio a Milano in via Palestro mogli e figli perderanno i mariti e i padri con il massacro di vigili del fuoco e vigili urbani.
La Chiesa perde due monumenti al culto come san Giorgio al Velabro e san Giovanni in Laterano la stessa notte di via Palestro, ma questa è anche un'altra storia, che solo la Chiesa ci può spiegare.
Ora è fin troppo chiaro che in quel 1993, già in quel 1993 tutti sanno tutto sulle stragi in continente, dove Provenzano spedisce Bagarella a massacrare bambini e ragazzi.
Quindi se il movente era il 41 bis cosa dovevamo fare noi? Lo ripeto che ci hanno ammazzato i figli.
Convinti e coscienti che i pasticci di palazzo verso la mafia in fatto di 41 bis solo un altro e più sofisticato movente dovevano nascondere rispetto al 41 bis, abbiamo creduto, e ne siamo ancora convinti, che una sola cosa c'era da fare: puntare i piedi sul 41 bis.
E ci siamo detti:
- se la mafia non lo vuole il 41 bis, se i governanti devono far di tutto per far vedere che lo vogliono anche quando sono mafiosi, ebbene se noi combattiamo in favore del 41 bis, la mafia prima o poi ci griderà dai tetti la verità e ci indicherà i nomi di chi il 41 bis gli ha promesso che sarebbe stato abolito; e visto che non potranno permettersi di abolirlo li metterà nudi davanti alla loro mafiosità.
E per Dio non avremmo dubbi, la mafia ci indicherà gli stragisti di via dei Georgofili quelli che sono stati a guardare mentre Lo Nigro, Giuliano, e Spatuzza innescavano il tritolo a Firenze.
Non è andata così almeno fino ad oggi e sapete perché?
Non solo perché gli amici della mafia si sono mossi bene e il 41 bis è diventato acqua fresca, perfino Giuseppe Graviano socializza in carcere, come Lo Nigro colui che nel 2006 hanno persino pensato di levarlo da 41 bis attraverso il tribunale di sorveglianza di Torino, eppure ha innescato il tritolo in via dei Georgofili.
Ma soprattutto il nostro ragionamento di puntare i piedi contro l'abolizione del 41 bis non ha funzionato, perché gli stessi nemici della mafia hanno remato contro, si contro di noi, infatti ogni qualvolta uscivamo con un comunicato inneggiante al 41 bis, centinaia di benpensanti, di opportunisti, di politici, andavano in carcere a trovare Riina mettendo in risalto che il poveretto soffriva.
Consenziente la stampa, la televisione e quant'altro, il messaggio arrivato fin ai giorni nostri qual è? Che l'emergenza è passata e il 41 bis si potrebbe anche buttarlo.
Ma buttarlo dove? che è l'unico straccio sfilacciato esistente quale contrasto allo strapotere mafioso.
Ma davvero qualcuno qui crede che quella infausta parola che è LEGALITÀ strombazzata con fanfare e vessilli possa essere il vero contrasto alla mafia? Lo potrebbe essere, ma in Italia la legalità dove sta di casa?
Ma di quale legalità stiamo parlando? Visto che mentre in Sicilia ragazzi in buona fede raccolgono pomodori sui campi della mafia, altrove si rubano tanti di quei soldi che impediscono giusto ai ragazzi di avere posti di lavoro?
I ragazzi che vanno in Sicilia a raccogliere pomodori nei terreni confiscati alla mafia, confiscati si fa per dire, ci vanno perché sono senza futuro e sperano di costruirsene uno con le loro mani mentre le affondano faticosamente nella terra di mafia; ma ciò non avverrà mai visto che tutti quei possedimenti mafiosi espropriati non producono nulla di pulito, se non la loro fatica vanificata là dove la mafia continua a farla da padrone ed è là dove si fanno le leggi pro mafia.
Ma questo è un problema non di oggi, era solo uno sfogo e me ne scuso, io sono qui per Sebastiano Ardita, per il suo lavoro; lo abbiamo già conosciuto quando uno dei tanti 17 aprile, dal 2003 in avanti, abbiamo ricordato Gabriele Chelazzi nel giorno dell'anniversario della sua morte.
Chelazzi, il pm per antonomasia nei processi di Firenze contro la mafia stragista. Il pm che aveva avuto il coraggio di cercarli i "mandanti esterni a cosa nostra" per le stragi del 1993 perché, come noi, lui ci credeva e fino all'ultimo ha provato a capire perché all'interno del carcere in quel 1992-1993 la corrispondenza era frenetica fra carcerati e familiari, istituzioni, prelati e alte gerarchie della Chiesa . Voleva capire come mai tanti "scrivani fiorentini", perché credeva, come noi, che lì fosse la chiave di volta per capire le stragi del 1993.
Non ce l'ha fatta e oggi siamo ai magistrati che scrivono libri per negare al canto del gallo per tre volte l'esistenza di Dio.

Dunque sono qui per Sebastiano Ardita e il suo libro "Ricatto allo stato".
L'analisi di soli pochi punti dalla nostra angolazione.
A pagina 41-42 del libro Ardita in modo inedito ci parla di una lettera non firmata, ma di inequivocabile provenienza, che il Presidente Scalfaro, il Vescovo di Firenze, il conduttore Costanzo e altri ricevettero; una lettera da parte dei familiari dei carcerati a 41 bis.
Era minacciosa quella lettera.

A pagina 69 Sebastiano Ardita titola giusto "343 mafiosi fuori dal 41 bis" e ci dice che il 12 febbraio 1993 a Roma al Ministero dell'Interno si è riunito il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica .
Ebbene noi abbiamo letto quel documento all'interno del quale il Direttore del Dap si domanda, in parole povere: ci saranno state, nella relazione di quel comitato, tracce di ciò che stava avvenendo in Italia, ovvero la lettera scritta dai familiari dei carcerati, avrà trovato collocazione in quelle riunione? Eravamo giusto a febbraio del 1993 quando la lettera fu ricevuta.
Ripeto
Noi abbiamo letto quel documento al processo Tagliavia, ma in quanto secretato siamo tenuti a conservarne il silenzio; posso però leggervi ciò che ha detto la Corte in proposito :
"E' stato inviato questo verbale, mi pare una sintesi abbastanza generica e del tutto indolore, tra virgolette, rispetto alla disvelazione di chissà quali arcani."
Quindi potete dedurre che in quel documento non c'era proprio nulla.
A Voi l'ardua sentenza.
Io non posso dire altro, pena, giustamente, l'incriminazione da parte della Corte di Firenze.
Potrei indurvi al ragionamento sul perché quel documento è stato secretato ma sono certa ci arriverete da soli.
Ma questo documento della riunione del 12 febbraio 1993 al Ministero dell'Interno, del quale ha parlato di recente proprio Nicola Mancino al processo Tagliavia, e per questo ne è stata richiesta l'acquisizione dalla corte di Firenze, e questa circostanza inedita della lettera che i familiari dei carcerati a 41 bis hanno scritto a Scalfaro e al vescovo di Firenze, come ci ha informato Sebastiano Ardita, non sono la sola anomalia di quegli anni di cui se ne è avuta scarsa informazione, se non addirittura assoluto silenzio.
Vi lascio quindi con un elenco di documenti ancora tutti da verificare e fatti circolare negli anni del 1992 - 1993:

Lettera ritrovata a Firenze il 30 maggio 1993 sotto la lapide di Lando Conti firmata Falange Armata, affluita al processo per le stragi; fra le annotazioni riportava un elenco di nomi di persone da uccidere;

Lettera anonima inviata tra le stragi di Capaci e Via d'Amelio a decine di indirizzi; la notizia venne pubblicata ai primi di luglio del '92 dal quotidiano la Sicilia; la lettera era destinata a cariche istituzionali e organi di informazione;

Come già detto, il documento uscito da quella riunione del Comitato per l'Ordine Pubblico del 12 Febbraio 1993, oggi secretato;

Febbraio 1993, lettera a Scalfaro, al vescovo di Firenze, a Costanzo e ad altre persone da parte dei familiari dei prigionieri a 41 bis - una lettera ripeto minacciosa, rivelata dal libro di Ardita;

Febbraio 2005, alla trasmissione televisiva OMNIBUS si disse pubblicamente: "in tanti abbiamo ricevuto il papello". Noi abbiamo fatto un esposto a tal proposito, senza nessun risultato e con la trasmessa convinzione che non si trattava del papello ma di lettera anonima, mai chiarito quale. Forse quella fra le stragi di Capaci e Via d'Amelio nominata dal Giornale di Sicilia? Chi lo sa. Sta di fatto che oggi sappiamo che nel febbraio del 2005 nella cassaforte di Ciancimino Junior viene ritrovato il papello e lì viene lasciato perché già lo Stato ne era informato.

18 Ottobre 2011, apprendiamo dalla stampa dell'esistenza della cosiddetta "lista nera", un elenco "nero" di sette persone, fra ministri e parlamentari, da uccidere. Nomi come Andreotti, Vizzini, Martelli ...

Non li uccisero in quel 1992. Hanno detto: "abbiamo salvato molti politici".
Poi però ci furono le stragi del 1993. (C'è su questo caso una verifica da parte dei pm di Palermo).


Grazie a tutti per l'attenzione -


Giovanna Maggiani Chelli (Milano, 3 novembre 2011)












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