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Ignazio Cutrò: "Pronto ad iniziare sciopero della fame e della sete" PDF Stampa E-mail
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Scritto da Vincenzo Mulè   
Lunedì 26 Dicembre 2011 14:59

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«Basta silenzi e omertà» L’urlo di Ignazio Cutrò

La Storia: con la sua testimonianza ha messo in gionocchio la mafia in provincia di Agrigento. Oggetto di ritorsioni e minacce, l'imprenditore non può più lavorare per colpa della burocrazia. La sospensione prefettizia arrivata già scaduta lo condanna ad una battaglia isolata.
E' l'unico testimone di giustizia in Italia che ha scelto di rimanere nei luoghi dove ha subìto minacce, ritorsioni e attentati. Quella di Ignazio Cutrò è la storia di un uomo che ha deciso di non abbassare la testa di fronte a Cosa Nostra. Anzi, l’ha sfidati a viso aperto. Siamo a Bivona, nell’entroterra agrigentino, in piena terra di mafia. La testimonianza di Cutrò è stata decisiva per spedire in galera sei affiliati alla mafia della Bassa Quisquina, un gruppo che secondo la Dda «godeva di buone relazioni negli ambienti di Cosa Nostra ed era in quel contesto assai temuto».
Cutrò dal 1999 vive la sua personale battaglia contro la criminalità organizzata e contro l’omertà. Delle istituzioni e della stampa locale. La sua storia ha superato i confini della Sicilia grazie al sostegno di pochi, fidati, amici. Tra questi, il giornalista Gaetano Montalbano, che attraverso il web contribuisce in maniera decisiva a tenere accesi i riflettori sulla sua storia: «Siamo soli. Non abbiamo più nessuno della nostra famiglia. Il Natale lo passerò con mia moglie e i miei due figli. Forzatamente lontano da tutti». Un uomo, Ignazio Cutrò, oggi al limite della disperazione. Perchè sopraffatto dallo Stato. Pochi giorni fa la Serit Sicilia, agente della riscossione per la provincia di Agrigento, gli ha recapitato una “comunicazione preventiva di ipoteca” per un importo di 85.562,56 euro.

Si tratta di cartelle che dovevano essere bloccate dalla sospensione prefettizia. Così non è stato. Errori, ritardi e incomprensioni fra i vari enti statali hanno impedito che questo accadesse. Ignazio Cutrò non può lavorare e deve pagare entro tro 30 giorni una cifra impossibile. Pena: l’iscrizione di ipoteca sui beni immobili. È proprio la tempistica del rilascio della sospensiva il nodo intorno al quale si sviluppa la vicenda di questo coraggioso imprenditore. Dopo aver ottenuto, come prevede la legge per le vittime del racket, la temporanea sospensione prefettizia con la quale sono stati congelati i debiti contratti con le banche, impegni contratti per rimediare ai danni causati dagli attentati, l’Inps ha notificato di non riconoscere questa sospensiva così non rilasciando i documenti indispensabili per riavviare l’azienda. Nel frattempo, la sospensione prefettizia è scaduta e le banche pretendono di riavere quanto di loro spettanza. Ingiustizia è il termine che riassume in maniera netta la vicenda di Cutrò: «Io ho scelto di stare dalla parte dello Stato. La mia scelta l’ho fatta. Ora sia lo Stato a farla, dicendomi cosa devo fare». Lo scorso novembre il presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, ha rivolto all’allora ministro dell’Interno Maroni un’interrogazione a risposta scritta, nella quale si segnalava il caso dell’imprenditore. Finora l’unica risposta è stata il silenzio. Che se dovesse continuare anche dopo le feste natalizie, porterà Cutrò a inizierà uno sciopero della fame e della sete.

Vincenzo Mulè
(Articolo tratto dal quotidiano ecologista "Terra" di sabato 24 dicembre 2011)

Fonte: LeNotizieDiMontalbano.it

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