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Strage Borsellino, c'è un nuovo indagato PDF Stampa E-mail
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Scritto da Salvo Palazzolo   
Venerdì 06 Gennaio 2012 11:16

Spatuzza accusa un uomo dello Sperone: "Sistemò i freni della 126". Nell'elenco dei nuovi sospetti anche una coppia di Brancaccio proprietaria del garage dove fu nascosta l'auto utilizzata per l'eccidio


PALERMO - C'è un nuovo indagato nell'inchiesta della Procura di Caltanissetta sulla strage di via d'Amelio. Si tratta di Maurizio Costa, 46 anni, residente nel quartiere palermitano dello Sperone: secondo il pentito Gaspare Spatuzza è lui il meccanico che avrebbe sistemato le ganasce della Fiat 126 poi trasformata dai boss di Brancaccio nell'autobomba per il giudice Paolo Borsellino. Nei mesi scorsi, Costa è stato interrogato e messo a confronto con Spatuzza, ma continua a negare di aver mai lavorato su quella Fiat 126. Così, il procuratore Sergio Lari e i magistrati del suo pool l'hanno indagato per false dichiarazioni al pubblico ministero. La posizione del meccanico palermitano potrebbe anche aggravarsi: Spatuzza sostiene che Costa non sapesse a cosa doveva servire la 126, ma il pentito ha spiegato che era comunque "a disposizione" del clan di Brancaccio, "per sistemare le auto rubate". Oggi, Costa è un Lsu, un lavoratore socialmente utile del Comune, nel suo passato c'è già una condanna per mafia e droga.

"Costa lo portammo in un garage che si trova in una traversa di corso dei Mille, andando verso Villabate", ha raccontato il pentito Spatuzza. Il racconto è stato confermato anche da un altro favoreggiatore dei boss di Brancaccio, Agostino Trombetta, oggi pure lui collaboratore di giustizia. "Diedi a Costa 100 mila lire, per comprare i pezzi di ricambio - spiega Spatuzza - gli spiegai che dovevamo fare un lavoretto su una 126, per sistemare la frenatura. Gli dissi che la cosa dovevamo farla sul posto dove si trovava la 126. Gli dissi soprattutto di non andare a dire a nessuno cosa stavamo andando a fare". Intanto, la 126 era stata spostata nel garage di corso dei Mille: si trova in via S/81, lì Spatuzza ha portato i magistrati, durante un sopralluogo.

Il nome di Costa emerge ora dagli atti che la Procura generale di Caltanissetta ha inviato alla Corte d'appello di Catania, per supportare la richiesta di revisione del processo. In quegli stessi atti sono citati anche i nomi dei nuovi indagati per la strage di via d'Amelio: il boss Antonino Mangano, uno dei principali collaboratori dei fratelli Graviano, che coordinarono la preparazione e l'esecuzione della strage; poi, Vittorio Tutino, il mafioso di Brancaccio che aiutò Spatuzza a rubare la 126. Mangano e Tutino sono in carcere ormai da anni. Sono invece sconosciuti alle cronache giudiziarie Giovanni Scardamaglia (indicato già in passato dai pentiti come "vicino" ai boss di Brancaccio) e sua moglie Giuseppa Chiappara, proprietari del garage di via Ciprì, a Brancaccio, dove fu nascosta la 126 subito dopo il furto: anche loro sono indagati per concorso in strage. Naturalmente, risulta indagato pure Gaspare Spatuzza, che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul drammatico depistaggio offerto da Vincenzo Scarantino. In realtà, i falsi pentiti di questo caso sono due: Scarantino e Salvatore Candura, entrambi indagati per concorso in calunnia.

Le indagini sulla strage di via d'Amelio proseguono a ritmo serrato alla Procura di Caltanissetta, per chiarire ogni aspetto dei preparativi dell'eccidio. I magistrati stanno anche ricostruendo la posizione di un altro fedelissimo dei Graviano, Salvatore Vitale, l'ex gestore del maneggio "Palermitana equitazione salto ostacoli", già condannato per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo. Secondo Spatuzza, sarebbe lui la talpa della mafia nel palazzo di via d'Amelio: la sua abitazione era al piano terra, un posto perfetto per controllare le mosse di Paolo Borsellino, che andava spesso a trovare la madre. 

Salvo Palazzolo (La Repubblica, 6 gennaio 2012)







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