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Carceri, la resa dei conti PDF Stampa E-mail
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Scritto da Lirio Abbate   
Mercoledì 01 Febbraio 2012 22:07
Il governo ha deciso all'improvviso di mandare a casa il capo del Dipartimento dei penitenziari, Franco Ionta. Al centro di molte accuse sulla gestione del suo potere. A iniziare dalla lussuosissima ristrutturazione di un appartamento nel centro di Roma. Scoperta dall'inchiesta dell'Espresso in edicola da venerdì

Cosa c'è dietro il cambio al vertice del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Franco Ionta (nella foto, ndr), deciso oggi dal governo? Una scelta tecnica o la cacciata di un dirigente in odore di scandali?
Il giudice del tribunale di Roma Giovanni Tamburino dovrebbe essere nominato al vertice del Dap al posto di Ionta, e la nomina potrebbe essere ufficializzata nel prossimo Consiglio dei Ministri. Ma i retroscena di questa scelta, che si possono trovare su 'L'Espresso' nel numero che sarà in edicola venerdì, sono molti.
Nell'inchiesta sulle "Carceri d'oro", infatti, Ionta è al centro di episodi inediti, storie di sprechi di denaro nel mondo carcerario e del ministero della Giustizia.
Una di queste è la vicenda scandalo di un alloggio, in una delle zone più belle di Roma, tra via Giulia e piazza Farnese. Lì c'è l'appartamento riservato al capo del Dap. Una dimora di 170 metri  quadrati su due livelli con terrazzo, con un valore immobiliare superiore ai tre milioni di euro.
Nel 2008 appena nominato al  vertice, il magistrato Franco Ionta ne ha subito disposto la  ristrutturazione. I lavori furono affidati ad una impresa che di solito esegue lavori nei penitenziari ma qui ha sfoggiato altro lusso: stucchi e persino scale in vetro, il tutto per un costo che ha sfiorato il mezzo milione di euro.
Una cifra sproporzionata per il  mercato edile romano. Ma il risultato poco importa perché Ionta ha preferito non abitarci: l'appartamento è rimasto vuoto, senza essere assegnato ad altri.
Una storia, si diceva, che si somma ad altri episodi di malagestione del Dap, che "l'Espresso" racconterà nell'inchiesta di copertina.

Lirio Abbate (L'Espresso, 1 febbraio 2011)




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