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'Trattativa: sì, io e Mannino abbiamo parlato' PDF Stampa E-mail
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Scritto da Antonio Massari   
Domenica 11 Marzo 2012 15:18
Gargani conferma l'incontro svelato dal 'Fatto'. L'ex ministro: 'Stavolta ci fottono'

È vero, quell’incontro ci fu, io e Calogero Mannino quel giorno ci parlammo”, ha dichiarato due giorni fa Giuseppe Gargani, interrogato dalla procura di Palermo. L’ex ministro della Dc è indagato nel capoluogo siciliano per il suo presunto coinvolgimento nella trattativa Stato–mafia. E il parlamentare dell’Udc, di fronte al pm Nino di Matteo, ha confermato l’incontro con Mannino, anticipato ieri da Il Fatto Quotidiano, ma con qualche divergenza nella ricostruzione. Divergenze che, la procura, ha ritenuto talmente rilevanti da interrompere l’audizione di Gargani: i pm ora si riservano di valutare la sua posizione che, nelle prossime ore, potrebbe anche passare da testimone a indagato per falsa testimonianza. L’incontro tra Gargani e Mannino – descritto da Sandra Amurri, che ne è stata testimone e come tale, prima di firmare l’articolo, è stata sentita dalla procura di Palermo – risale al 21 dicembre scorso, quando i due sono a Roma, nella gelateria Giolitti, in via degli Uffici del Vicario.
Nella ricostruzione de Il Fatto Quotidiano, Mannino, dice a Gargani: “Questa volta ci fottono: dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo sentono a Palermo è perché hanno capito. Deve dire anche lui la stessa cosa, perché questa volta ci fottono. Quel cretino di Ciancimino figlio ha detto tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Hai capito? Quello… il padre… di noi sapeva tutto”. In effetti, Massimo Ciancimino - che è però considerato un teste inattendibile – ha parlato di Mannino. Il figlio dell’ex sindaco di Palermo dice di ricordare che Mannino, negli anni Ottanta, si presentò a casa di suo padre, accompagnato dal boss Piddu Madonia, a ridosso di un convegno Dc ad Agrigento. Ed entrambi furono cacciati.

Ma ritorniamo alla ricostruzione del Fatto: “Se non siamo uniti”, dice Mannino a Gargani, “ci incastrano. Dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione”. Gargani risponde: “Certo, stai tranquillo, ci parlo io”. Mannino ieri ha commentato: “È il delirio di una mitomane e trovo singolare che venga utilizzato da pm che dovrebbero fare le indagini con serietà”. Al “delirio” e alla “mitomania”, l’ex ministro, ha aggiunto che “se fossimo ancora nella Germania Est comunista”, la cronista del Fatto Quotidiano, “sarebbe un’agente della Stasi. Ma fosse ancora in servizio?”.
“Mannino invece di attaccare e offendere Sandra Amurri, che ha fatto il suo dovere, risponda in modo pertinente alla questione” gli ha replicato Antonio Di Pietro, leader Idv.

C’è anche un altro fatto certo: la Procura di Palermo, il 12 gennaio, per l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, ha effettivamente sentito Ciriaco de Mita come testimone. E Mannino, accusato di “violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario”, con l’aggravante di aver favorito la mafia, interrogato il 27 febbraio dai pm di Palermo, il 27 febbraio s’è avvalso della facoltà di non rispondere. Al centro dell’inchiesta, le sue presunte pressioni, perché il regime carcerario del 41-bis, non fosse rinnovato ad alcuni mafiosi. Poi l’ex ministro ha dichiarato in Parlamento: “Se fossi stato convocato come persona offesa o come persona informata dei fatti avrei dato il mio contributo”, ha esordito, aggiungendo che, sul regime del 41 bis, a porre una “ pregiudiziale di costituzionalità”, furono “i gruppi parlamentari della sinistra: dei Verdi, dei Radicali, di Rifondazione Comunista, e dell’allora Pds…”. “Se avessi dovuto dire ciò davanti ai pubblici ministeri”, ha aggiunto, “nella meccanica delle verbalizzazioni, questo avrebbe avuto il significato di discolpare me accusando altri di non essere stati favorevoli all’introduzione dell’articolo 41-bis (...). Non l’avrei mai potuto fare per spirito di verità, perché le ragioni, almeno quelle esibite nel dibattito parlamentare, attenevano ai principi di garanzia costituzionale”. Non è chiaro se conosca altre ragioni, non “esibite nel dibattito parlamentare”, e se abbia intenzione di raccontarle.


Antonio Massari (Il Fatto Quotidiano, 11 marzo 2012)












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