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«Basta insulti»: protesta dei magistrati di Palermo PDF Stampa E-mail
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Scritto da Maria Zegarelli   
Domenica 20 Luglio 2008 12:21
I giudici in prima linea contestano gli attacchi del governo: faremo una resistenza costituzionale
Nel giorno in cui la magistratura e la politica commemorano Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia, il dibattito sulla giustizia e gli insulti di Maurizio Gasparri al Csm, tengono ancora banco. I successori di Borsellino protestano.

Il pm antimafia Antonino Di Matteo denuncia: vogliono ridurre il pm a un impiegato fedele che indaghi solo se lo vuole il potere politico. Mentre il pm della Dda, Antonio Ingroia, che di Borsellino fu allievo, aggiunge: «Le aspre polemiche sulla giustizia hanno allarmato tutti. Certe parole le leggono anche i mafiosi che vedono così la debolezza delle istituzioni». Intanto, la destra cerca di recuperare: massimo rispetto per Napolitano. E Schifani chiede: si abbassino i toni.
Nel giorno in cui la magistratura e la politica commemorano Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia, il dibattito sulla giustizia e gli insulti di Maurizio Gasparri al Csm tengono ancora banco. Una magistratura mai così sotto attacco proprio da parte
della politica e del governo, avvertono i magistrati in prima linea nella lotta contro la mafia e la criminalità organizzata, quando lo Stato si presenta debole i tentacoli diventano più forti. E se dall’opposizione restano duri i commenti alle affermazioni di Gasparri - «Csm cloaca», cioè fogna - il ministro Ignazio La Russa cerca di smorzare i toni, «Gasparri ha precisato le sue parole e il problema è chiuso. Il rispetto per il presidente del Csm, che è anche il presidente della Repubblica, e della magistratura non sono mai stati messi in discussione, specie dalla mia parte politica».
I magistrati sentono un clima diverso. «È palese il tentativo di trasformare il pubblico ministero in un fedele impiegato dello Stato che deve indagare solo nelle direzioni indicate dal potere esecutivo di turno e solo quando il potere esecutivo di turno lo ritenga opportuno», denuncia il pm antimafia Antonino Di Matteo, che al Palazzo di Giustizia di Palermo commemora Paolo Borsellino. dice il giudice Di Matteo, «mai come oggi la magistratura era stata additata come la principale, se non l’unica, responsabile della disfatta del sistema giustizia. Oggi viviamo momenti ancora più difficili rispetto a quelli che avevano vissuto Falcone e Borsellino anche quando la loro azione antimafia iniziò prima a lambire e poi a coinvolgere esponenti politici di livello». Una magistratura messa sotto attacco dal potere «politico» e da quello «esecutivo in particolare. Attacchi strumentali perché preordinati alla limitazione dei principi di autonomia e indipendenza sanciti dalla Costituzione». Di Matteo registra quanto «avvilente» sia il vero intento «di larga parte della politica»: limitare l’azione dei magistrati nel controllo della legalità. Da qui l’esigenza di «resistere, con tutte le nostre forze alla strisciante rassegnazione e demotivazione che rischia di pervadere la nostra categoria» e l’obbligo « di non restare silenti mentre assistiamo al sovvertimento o alla sostanziale eliminazione di fondamentali principi costituzionali». Per mantenere una vera «autonomia», avverte, si deve evitare «qualsiasi forma di collateralismo politico». Il pm della Dda Antonio Ingroia, che di Paolo Borsellino fu allievo, aggiunge che le aspre «polemiche sulla giustizia hanno allarmato tutti. Certe parole le leggono anche i mafiosi che vedono così la debolezza delle istituzioni».
«Il tema della giustizia è molto complesso - dice aprendo al dialogo il ministro per la Semplificazione legislativa Roberto Calderoli - ma soprattutto molto grande e quindi non bisogna porsi dei termini temporali per affrontarlo al meglio». Prende nota Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato: «Da Calderoli sono venute parole chiare. La Lega non accetta ricatti o scambi e non considera prioritaria una riforma della giustizia fatta per gli interessi di pochi».
Renato Schifani, presidente del Senato, presente a Palermo, si augura «che si abbassino i toni e che a settembre si instauri un clima di confronto sereno e pacato», perché, aggiunge, «ci attende una legislatura costituente e perché tale sia occorre che le forze politiche si siedano attorno a un tavolo, perché nel nostro paese ci sono delle cose da cambiare ma bisogna avvertire un clima sereno». Secondo La Russa «il Lodo Maccanico-Alfano è la premessa che consentirà un esame del problema giustizia senza il ritornello dell’antiberlusconismo di maniera». Superato quello, secondo il ministro, sarà possibile confrontarsi «sulla giustizia, ascoltando avvocati, magistrati e operatori del diritto e col confronto con l’opposizione, ma alla fine toccherà alla maggioranza decidere». L’’Idv di Antonio Di Pietro non crede alla storia delle aperture da parte del governo e della maggioranza: «vogliono una riforma salva-casta», punitiva, dice Massimo Donadi, verso
la magistratura». Il capogruppo del Pdl alla Camera, coglie l’occasione, replicando all’Idv per attaccare il Pd e dare dei «giustizialisti» ad entrambi i partiti.
 
Maria Zegarelli
L’Unità, 20 luglio 2008

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