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Associazione mafiosa? Sono altri i veri guai di Lombardo PDF Stampa E-mail
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Scritto da Monica Centofante   
Martedì 17 Aprile 2012 13:28
lombardo-raffaele-big0E’ vero. C’è un procedimento  ancora aperto a carico di Raffaele Lombardo per associazione mafiosa, ma chiamarla nuova indagine proprio non si può.

Qualche giorno fa, in risposta ad alcune notizie di stampa sull’esistenza di una terza inchiesta a carico del Governatore della Sicilia per 416 bis, la Procura di Catania, con una nota, aveva subito smentito: “E’ semplicemente lo stralcio di atti dall’originario procedimento, denominato Iblis” e visto che “i termini per le indagini sono da tempo scaduti”, si provvederà alla sua “immediata definizione”. Per capirlo, aveva aggiunto, basta leggere “l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’imputazione coatta” per i fratelli Lombardo.

Ovvero il documento con il quale il gip Luigi Barone ha respinto la richiesta di archiviazione per concorso esterno in associazione mafiosa, formula dai pm di Catania nei confronti dei fratelli Lombardo. Che sono ora in attesa del pronunciamento di un altro gip, il quale dovrà decidere se rinviarli a giudizio o se archiviare le indagini.
Leggiamo, allora, quelle carte, che partono dalla genesi del procedimento.
“Lombardo Raffaele – scrive il giudice – venne iscritto per la prima volta nel registro degli indagati” l’8 giugno del 2007 per il reato di associazione mafiosa , “a seguito delle dichiarazioni rese da Avola Maurizio (pentito di mafia ndr.) il 17 marzo 2006”. Avola accusava il politico di essersi incontrato con i boss “Nitto” Santapaola e Marcello D’Agata.
Dopo alcuni accertamenti, che sortirono esito negativo, i magistrati stabilirono che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia non potevano essere riscontrate e chiesero l’archiviazione del procedimento riqualificando il reato da partecipazione all’associazione mafiosa a concorso esterno nella medesima associazione. Ma senza effettuare alcuna annotazione al Re. Ge., il registro generale informatico delle notizie di reato, in cui era stata registrata l’indagine per 416 bis.

Nella richiesta di archiviazione i magistrati non mancarono di sottolineare la “scarsa valenza probatoria” delle dichiarazioni rese da Avola, a distanza, tra l’altro, “di oltre tredici anni dai fatti ed a più di dieci anni dall’inizio della collaborazione”. Ma con ordinanza del 12 febbraio 2008 il Gip decise di non archiviare e dispose ulteriori indagini, chiedendo di individuare altri collaboratori di giustizia che potessero confermare o smentire Avola.
Anche questi, scrive oggi il Dr. Barone, “non fornirono elementi idonei a sostenere l’accusa nei confronti di Lombardo”. E probabilmente il caso si sarebbe chiuso lì se non fossero scattate, quasi contemporaneamente, le operazioni Mekanè e Iblis, successivamente riunite in un unico procedimento, “nei confronti di esponenti del clan Santapaola e di altre famiglie mafiose operanti nella provincia etnea”. Le quali “portarono, quale risultato non previsto, all’emersione di altri elementi indiziari a carico del Lombardo” e la successiva iscrizione, sua e del fratello Angelo, nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dov’è finita allora l’indagine per associazione mafiosa? E lì, nel registro generale informatico, e torna oggi alla ribalta delle cronache solo perché il Gip Barone, nel suo provvedimento riporta, come stabilito dal codice, la genesi e lo sviluppo del procedimento.
Ma non sono questi i veri guai del Governatore. Il 9 maggio prossimo si terrà di fronte al giudice Marina Rizza l’udienza preliminare per decidere sul rinvio a giudizio suo e di suo fratello Angelo per concorso esterno in associazione mafiosa. E all’appuntamento i due politici dell’Mpa ci arriveranno con un macigno sulle spalle: il duro giudizio espresso dal gip Barone, che respingendo la richiesta di archiviazione formulata dai pm ha sottolineato come risulti accertato “che i fratelli Lombardo hanno direttamente o indirettamente sollecitato – ed ottenuto – dalla famiglia catanese di Cosa Nostra di ricercare voti, in loro favore o in favore del partito politico di cui Lombardo Raffaele è il leader, in occasione delle elezioni europee del 1999; di quelle amministrative provinciali del 2003; delle europee del 2004; delle regionali del 2006; delle nazionali, comunali e regionali del 2008”.
“Il costante e crescente impegno di Cosa Nostra nei confronti degli odierni indagati – si legge ancora – e l’altrettanta costante ricerca da parte di questi ultimi di sostegno elettorale, in occasione di ciascuna competizione, escludono, allo stato, che i patti di volta in volta stipulati, tramite impegni reciproci, siano stati rispettati solo dall’organizzazione mafiosa e mai dai Lombardo”. E anche per questo, “il quadro indiziario, cristallizzatosi negli elementi acquisiti in atti, appare idoneo… a sostenere con successo in un eventuale dibattimento l’azione penale nei confronti degli odierni indagati”.
Con un giudizio così l’aspettativa, per i due Lombardo, non è certo tra le più rosee.

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