Io ricordo che c’era un ragazzo che aveva un sogno come tanti di noi, sconfiggere la mafia.
Si chiamava
Peppino, ma era il cognome che faceva la differenza,
Impastato, famiglia mafiosa di Cinisi, piccolo comune in provincia di Palermo. Il padre lo mandò via di casa per i suoi ideali e per tutta risposta Peppino mise in piedi un giornalino, “L’idea socialista” e aderì anche al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. La svolta avvenne quando fondò “Radio Aut”, una radio libera autofinanziata, con cui denunciava i delitti e gli affari dei mafiosi locali, in primo luogo del capomafia G
aetano Badalamenti, specialmente le collusioni con i traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto “Punta Raisi” appena costruito. Candidatosi nel 1978 alle elezioni comunali con “Democrazia proletaria” venne ucciso nella notte del 9 maggio. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votarono il suo nome, riuscendo ad eleggerlo,in modo simbolico, al Consiglio comunale.
Io ricordo che ci sono voluti più di venti anni per affiggere all’omicidio di Peppino la matrice mafiosa con le condanne di Gaetano Badalamenti e il suo vice,
Vito Palazzolo, grazie specialmente all’impegno del fratello
Giovanni e della madre,
Felicia Bartolotta Impastato.
Io ricordo che con il ritrovamento del corpo di
Aldo Moro, hanno oscurato totalmente l’assassinio di Peppino nonostante i suoi amici, i suoi compagni, alzarono la voce, non rimasero zitti, perché il silenzio è mafioso.
Ora invece io credo, credo che le sue idee camminano ancora oggi in tanti ragazzi, come me, che con un’agenda rossa al cielo gridano resistenza.
Io credo che la mafia si possa sconfiggere ma finché gli stessi mafiosi vogliono essere lo Stato rimane difficile.
Io credo che Peppino Impastato debba essere soltanto un modello di vita per quelli che come me lottano ogni giorno perché noi, non abbiamo paura.
Oreste Iacopino