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Verso via d'Amelio: 23 maggio - 19 luglio 1992: 57 giorni /22 PDF Stampa E-mail
Documenti - Per non dimenticare
Scritto da redazione 19luglio1992.com   
Mercoledì 18 Luglio 2012 14:49
Domenica 19 luglio 1992
Alle 5 di mattina Borsellino riceve una telefonata dall‟altra parte del mondo, sono Fiammetta e l‟amico Alfio Lo Presti che gli telefonano per sentire come sta e per parlare con lui.

Dopo la telefonata Borsellino scrive una lettera ad una professoressa di Padova che lo aveva invitato per un dibattito. Quell‟invito non è mai arrivato a Borsellino, e la docente protesta: essere un giudice famoso e stracarico di lavoro non deve far dimenticare le buone maniere. C‟è anche un questionario con dieci domande: Come e perché è diventato Giudice? Cosa sono la Dia e la Dna? Quali le differenze tra mafia, camorra, 'ndrangheta e sacra corona unita? Quali i rapporti tra la mafia italiana e statunitense? Borsellino, con una pazienza davvero infinita, risponde con una lunga lettera alla professoressa risentita, una lettera che oggi sembra quasi un testamento spirituale.*

Alle 7.00, squilla nuovamente il telefono. A quell‟ora, è una chiamata insolita. Agnese si preoccupa, si alza dal letto, raggiunge lo studio, ascolta. La conversazione dura pochi minuti. Agnese sente Paolo replicare infuriato: “No, la partita è aperta”. Poi il rumore della cornetta sbattuta sul telefono.
“Che succede?”
Borsellino alza gli occhi, si accorge di averla svegliata, ma è troppo arrabbiato persino per scusarsi: “Lo sai chi era? Quel... Era Giammanco”
Poi, congestionato per la rabbia, le racconta che il procuratore l‟ha chiamato dicendogli che per tutta la notte non ha chiuso occhio, al pensiero di quella delega sulle indagini di mafia a Palermo, al pensiero delle polemiche sugli interrogatori di Mutolo. I tempi sono maturi, gli annuncia Giammanco, perché finalmente questa delega gli venga conferita. Il capo la firmerà domani mattina, in ufficio, e gliela conferirà prima della sua partenza per la Germania. Si, ma perché lo chiama di domenica? A quell‟ora?
“Ma perché tanta fretta?” chiede Agnese.
Quella delega la aspetta da mesi. Eppure Borsellino, piuttosto che contento è turbato, arrabbiato. Passeggia, si agita, fa su e giù per il corridoio di casa.
Riferisce alla moglie: “Lo sai che mi ha detto? Così la partita è chiusa”.
“La partita? E tu?”
Borsellino alza ancora la voce: “E io? Non l‟hai sentito? Gli ho urlato: la partita è aperta”. Altro che chiusa, sono comportamenti di cui Giammanco dovrà rendere conto al momento e nella sede più opportuna, spiega Borsellino alla moglie. Poi si accorge che nello studio è arrivata pure Lucia.

“Oh Lucia, pure tu ti sei svegliata? Mi dispiace... Senti, gioia, vuoi venire con noi a Villagrazia? Magari riuscirò a vederti un po‟ abbronzata”.
Borsellino ora sorride, programma all‟istante la giornata: subito a Villagrazia a prendere il sole, poi insieme a Lucia a prendere la nonna per portarla dal cardiologo, infine ritorno a casa: la ragazza a studiare, lui a lavorare.
Ma Lucia è irremovibile. “Non posso, mi dispiace, lo sai che domani ho un esame”.
Neanche Manfredi, quella domenica, accetta di accompagnare papà al mare, nel villino estivo, in un orario così mattiniero. “La sera prima – ricorda il ragazzo – avevo fatto tardi, volevo prendermela comoda, così gli dissi: vai avanti, papà, poi ti raggiungo”.
Né Lucia né Manfredi lo accompagnano. Borsellino è un po‟ seccato, ma non cambia i suoi programmi. Agnese esce di casa per prima, quella mattina, si avvia a Villagrazia con un cugino, il marito la raggiungerà verso le dieci. Quando più tardi anche Manfredi arriva a Villagrazia, sono già le undici, ed il ragazzo trova davanti al villino gli agenti della scorta.
Lo informano: “Suo padre è uscito in barca, con l‟amico Vincenzo Barone, è andato a fare un bagno al largo”.
Dopo il bagno, con il motoscafo i due amici vanno a Marina Longa, si intrufolano in un condominio privato in cui si entra dal mare. Lì c‟è un ristorante dove Agnese è andata a comprare del pesce, con un‟amica. Il giudice spera di incontrarla per tornare in barca, insieme a lei. Ma non la vede. La moglie, infatti, è appena rincasata a piedi. Quando torna a casa, Borsellino si affretta verso il villino di Pippo e Mirella Tricoli, vecchi amici di famiglia, per pranzare con loro.
C‟è un vassoio di panelle e crocchette, il pesce, i dolci. Il pranzo è disteso, sereno. Eppure Pippo Tricoli, testimonierà che quel giorno, senza farsi sentire dai familiari, Borsellino, preoccupatissimo, gli confida i suoi timori: “È arrivato il tritolo per me”. È l‟ultimo segnale di allarme lanciato da un uomo ormai consapevole di essere rimasto solo. All‟improvviso squilla il cellulare: è Antonio Manganelli, dirigente del servizio centrale operativo della polizia. Gli comunica i dettagli sulla partenza per la Germania, e Borsellino tira subito fuori l‟agenda rossa, per annotare gli spostamenti previsti. Quando il pranzo si conclude Borsellino si sposta davanti alla tv per seguire la sua antica passione, il ciclismo. Quel giorno c‟è un‟altra tappa del tour de France. Poi saluta gli amici, per un piccolo riposo pomeridiano.
“Vado a dormire un po‟ ”, dice, e torna al suo villino, da solo. Si distende sul letto, ma non chiude occhio. Agnese troverà sul comodino il posacenere pieno di cicche di sigarette. Ne ha fumate cinque in poco più di un‟ora.
Quando Borsellino torna in giardino, Lacoste azzurra, jeans, mocassini leggeri Tod‟s, regalo di Lucia, sono le 16.30. Ha con sé la borsa portadocumenti dove ha lasciato scivolare le sue carte, l‟inseparabile pacchetto di Dunhill, il costume, ancora un poco umido. E dove ha riposto la sua agenda rossa, fresca degli ultimi appunti della giornata. Passa dal villino degli amici, affianco al suo, saluta tutti, abbraccia e bacia Pippo Tricoli, con uno slancio inusuale, che lascia stupito l‟amico, poi Manfredi e Vincenzo Barone lo accompagnano allo slargo davanti al cancello, dove sostano le auto blindate. “Ciao a tutti” si congeda. “Vado a prendere mia madre, devo portarla dal dottore”. Apre lo sportello posteriore della Croma blindata, e lì posa la sua borsa. Un ultimo saluto. L‟auto parte sgommando verso l‟autostrada che conduce a Palermo. Comincia il viaggio, l‟ultimo viaggio di Paolo Borsellino.*
Ore 16.58 e 20 secondi: una carica esplosiva di circa 100 Kg di tritolo brilla all‟interno di una FIAT 126 parcheggiata in via D‟Amelio in prossimità dell‟ingresso della casa dove abita la madre del Magistrato. Vengono uccisi Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Agostino Catalano ed Eddie Walter Cosina. Resta ferito l‟ultimo agente della scorta, Antonio Vullo, che si salva poiché era l‟unico rimasto all‟interno di una delle auto blindate.


*
L’Agenda rossa di Paolo Borsellino, Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Chiarelettere, 2007

Verso via d'Amelio: 23 maggio - 19 luglio 1992: 57 giorni
Scarica l'Agenda rossa di Paolo Borsellino

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