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Attentati nell'urna - Intervista a Luciano Violante (7 gennaio 1994) PDF Stampa E-mail
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Scritto da Liana Milella   
Sabato 12 Gennaio 2013 17:19
Rilanciamo sul sito 19luglio1992.com un'intervista rilasciata dall'allora presidente della commissione parlamentare antimafia Luciano Violante alla giornalista Liana Milella. Molto interessante la definizione data dall'on. Violante agli 'attentati di dialogo', cioè 'gli attentati della primavera-estate (1993, ndr) contro il rigore carcerario decollato con le modifiche fatte nel luglio 1992 all'articolo 41 bis del regolamento carcerario'.
Era il 7 gennaio 1994.

Il '93 è stato un anno di grandi successi nella guerra contro Cosa Nostra. Ma i prossimi mesi possono riservarci delle sorprese. Esplosive

Centosessantuno cosche mafiose al setaccio, 2813 tra aderenti a Cosa Nostra, camorra e 'ndrangheta, Sacra corona unita sotto osservazione; 580 pentiti; 236 grandi latitanti arrestati tra cui Totò Riina, il capo di Cosa nostra, il suo vice, Nitto Santapaola; poi Rosetta Cutolo e Umberto Ammaturo fra i camorristi; Pasquale Condello e Antonino Imerti tra i capibastone delle 'ndrine. Gli arresti degli esecutori materiali della strage di Capaci. Buone speranze per quelli dell'agguato di via D'Amelio. Nel 1993 la lotta al crimine ha raggiunto livelli mai visti in ltalia. Centro di analisi e di stimolo è stata la commissione parlamentare Antimafia. Con il presidente, Luciano Violante, Panorama ha fatto il punto su quanto è stato fatto e resta da fare.

Domanda. Siamo a una Norimberga per Cosa nostra?
Risposta. Norinberga venne dopo la sconfitta militare e seguì la sanzione politica di quella sconfitta. Oggi siamo allo sbarco degli alleati in Normandia. Siamo al momento in cui lo Stato incomincia a invadere i territori dominati dalla mafia. La vittoria militare può essere vicina, ma da sola non basta. Ci sono la frontiera finanziaria e quella sociale. Nel 1993 Cosa nostra ha ucciso il parroco di Brancaccio, don Pino Puglisi. Non era un omicidio di quartiere, ma la prima aggressione contro un uomo che aveva scelto di lavorare tra la gente contro la mafia.

Al processo per i delitti politici Riina ha scelto il silenzio di fronte a Tommaso Buscetta. È l'inizio della fine per la mafia?
Tutte le organizzazioni hanno subito colpi duri. Ma i traffici di Cosa nostra vanno avanti, camorra e 'ndrangheta continuano a essere sottovalutate. La'ndrangheta è un'organizzazione pericolosissima per i suoi rapporti con l'eversione di destra e le logge massoniche deviate. La camorra lo è per il suo controllo del territorio. In Sicilia ci sono zone libere, in Campania no. Non si vince sconfiggendo solo Cosa nostra. Rischieremmo di vincere in Sicilia e perdere nel resto d'Italia.

L'arresto dei grandi capi e i tanti pentiti che effetto hanno avuto?
Abbiamo vinto molte battaglie, ma non la guerra. Alla fine vinceremo anche quella, ma saremo costretti a pagare altri prezzi. Ancora molti, dalla nostra parte, saranno uccisi. Bisogna isolare la mafia. La società civile spesso ha convissuto con questo fenomeno. I medici che fanno perizie di favore, i commercialisti che riciclano i soldi sporchi, gli avvocati che fanno i consigliori: tutto questo deve cessare. E, in parte, sta già cessando.

Ci sarebbero altri clamorosi attentati in preparazione. Cosa spera d'ottenere la mafia? Si riuscirà a fermarla?
Finora abbiamo avuto due tipi di attentati. Quelli di annientamento, per eliminare un singolo amico, come i giudici Gaetano Costa e Rocco Chinnici. E quelli di dialogo: le bombe della primavera-estate contro il rigore carcerario decollato con le modifiche fatte nel luglio 1992 all'articolo 41 bis del regolamento carcerario. Mancano gli attentati di sbarramento che hanno la stessa funzione del fuoco di una pattuglia per salvare le retrovie e guadagnare tempo. In futuro ci aspetta questo.

Perché allora nel mirino ci sono singole persone come lei, il procuratore Giancarlo Caselli, il capo della Dia, Gianni De Gennaro?
La pluralità degli obiettivi conferma la mia ipotesi. Già gli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a due mesi l'uno dall'altro, segnavano l'inizio di questa strategia. E' un progetto di annientamento multiplo di tutti i punti di forza.

Lo Stato avrà la forza di contrapporsi?
Già molte stragi sono state evitate. Molte persone sono vive grazie a un'attività di prevenzione. Rendere più difficile un attentato è già un passo avanti, come lo è arrestare i possibili attentatori.

Dopo le bombe di Roma, Firenze e Milano, si parlò di terrorismo mafioso e di un'alleanza tra mafia, massoneria, estremisti di destra, 007 traditori. E' tuttora valida questa ipotesi?
La mafia non si muove da sola. Da sempre esponenti della criminalità siciliana, campana e calabrese hanno avuto rapporti con gli estremisti di destra. È accaduto in passato con la strage del treno 904; oggi c'è l'ex ordinovista e mafioso Pietro Rampulla arrestato per l'agguato di Capaci; c'è il messinese Rosario Cattafi, coinvolto in un traffico d'anni. C'è Domenico Papalia, un capo della 'ndrangheta che grazie a una singolare mobilitazione riesce a ottenere la revisione di un suo processo per omicidio. Papalia è il primo nome citato da Antonino Gioè, il mafioso che si è suicidato in carcere.

Quell'alleanza non era solo una costruzione teorica?
Esiste un complesso di forze eversive, ognuna con una sua storia e suoi scopi, che trovano momenti di unità di azione. Basti pensare alle logge massoniche deviate, vero e proprio snodo di rapporti. Alla stessa loggia sono iscritti personaggi della mafia calabrese, siciliana.. Siamo di fronte a un'utilizzazione mafiosa del sistema massonico.

Nel 1993 uomini politici ritenuti intoccabili come Giulio Andreotti e Antonio Gava sono finiti sotto inchiesta. Cosa sta cambiando nei rapporti tra mafia e politica? Chi sono i nuovi referenti delle mafie?
Non so se i senatori Andreotti e Gava siano penalmenle responsabili. È molto probabile che oggi gli alti livelli della mafia stiano a guardare che cosa accade. Se dovesse andare avanti un'ipotesi politica separatista, comunque chiamata o camuffata, per loro si tratterebbe di una chance formidabile. La mafia, che fa investimenti nel suo rapporto con la politica, ora sta a guardare. Può accadere anche che attenda di affiancarsi al futuro vincitore. Tutti devono tenere gli occhi aperti.

La mafia cerca anche di inquinare le indagini agendo sui pentiti?
Può esserci una strategia di penetrazione. Più che per ottenere false affermazioni e far crollare i processi, per sapere dove stanno gli ex mafiosi, come sono vigilati, che controllo c'è sui familiari, e avere la possibilità di ucciderli. E' una questione di egemonia: devono dimostrare che sono più forti di noi. Quanto ai pentiti, sono ormai maturi i tempi per varare un codice deontologico per i magistrati che stabilisca le regole dei rapporti con i collaboratori  di giustizia e per fissare tempi e modalità delle rivelazioni.

Si va alle elezioni. Dobbiamo aspettarci azioni dimostrative come le bombe di maggio e luglio?

Nessuno può escludere nulla. Le elezioni del 5 aprile'92 furono precedute dall'assassinio di Salvo Lima e seguite dalle stragi di Capaci e via D'Amelio. Non è improbabile che gli attentati di sbarramento siano collocati prima dello scioglimento delle Camere e dopo le elezioni com'è avvenuto nel '92. Abbiamo i mezzi per prevenire gli attentati, ma esistono attentati non evitabili.


Liana Milella (Panorama, 7 gennaio 1994)





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